Siddhartha Mukherjee, onco-ematologo e scrittore, racconta con brio e precisione la scoperta dei geni e la nascita della genetica, partendo da Darwin e Mendel e arrivando a Doudna e Charpentier
A chiunque sia capitato di leggere l’Imperatore del Male - una biografia del cancro (Neri Pozza, 2011) non potrà più uscire di mente il nome - per quanto difficile da pronunciare correttamente - di Siddhartha Mukherjee, oncologo ed ematologo di New Delhi, che proprio con il suo romanzo d’esordio del 2011 ha vinto il premio Pulitzer per la saggistica. Infatti, con l’Imperatore del Male Mukherjee è stato in grado di raccontare con trasporto e meticolosità le origini, gli sviluppi e anche le linee di crescita futura del settore dell’oncologia. Non è facile affrontare una tale impresa e solo una ricchissima preparazione e una brillante capacità di comunicazione avrebbero permesso di ripeterla: Siddhartha Mukherjee ci è riuscito e stavolta ha messo al centro la genetica.
Tra i consigli di Osservatorio Terapie Avanzate sui libri da regalare per Natale, pubblicato la settimana scorsa, c’è “Il Gene - Il viaggio dell'uomo al centro della vita” (Mondadori, 2016) con cui l’oncologo indiano conduce il lettore in un affascinante viaggio dai primi studi del monaco ceco Gregor Mendel sui piselli sino alle ultime innovazioni biotecnologiche come CRISPR. Un viaggio di duecento anni nei quali è nata e ha preso corpo la moderna disciplina della genetica. Il primo particolare su cui il lettore si può soffermare è proprio quello della linea temporale: nel suo precedente libro dedicato all’oncologia Mukherjee scriveva che le prime descrizioni del cancro compaiono su testi egizi del 2500 a.C. e che Andrea Vesalio (vissuto tra il 1514 e il 1564) fu tra i primi a dedicarsi allo studio delle cause di questa malattia. Episodi lontani nel tempo che lasciano pensare che anche gli antichi medici si fossero confrontati col concetto di “cancro”. Ma il concetto di “gene” è molto più recente. In un capitolo del suo ultimo libro Mukherjee spiega che fu un embriologo tedesco di nome Theodor Boveri a ipotizzare che i geni risiedessero sui cromosomi. Ciò accadeva alla fine dell’Ottocento. Una prima rudimentale mappa genetica fu realizzata nel 1911 da Alfred Sturtevant, collaboratore di Thomas Morgan (che tutti coloro che hanno seguito un corso di genetica ricorderanno per i suoi studi sulla Drosophila melanogaster, il comune moscerino della frutta). Ottant’anni dopo circa, prendeva inizio il Progetto di mappatura del Genoma Umana del quale Francis Collins e Craig Venter annunciarono la prima bozza il 26 giugno 2000.
In mezzo a tutto questo c’è la scoperta della struttura della doppia elica del DNA ad opera di James Watson e Francis Crick (con il prezioso contributo, inizialmente non riconosciuto, di Rosalind Franklin), il dibattito sull’eugenetica, dagli orribili esperimenti dei nazisti sino alla possibilità che le tecniche di manipolazione del DNA potessero aprire le porte alla creazione di organismi modificati e ibridi. E poi la storia di come lo studio del DNA ricombinante ha portato alla creazione degli innovativi farmaci biologici: nel 1976 viene prodotta l’insulina umana ricombinante che aprirà la strada a questo nuovo filone terapeutico. Oppure, l’incredibile storia della scoperta del gene per la malattia di Huntington che la ricercatrice Nancy Wexler ha rincorso sino ad uno sperduto villaggio del Venezuela. Mukherjee sa raccontare in maniera coinvolgente i retroscena storici di tutto quel che un aspirante biologo può aver studiato sui banchi dell’università, con un linguaggio semplice, chiaro e comprensibile anche ai non addetti ai lavori. È affascinante scoprire la storia che si cela dietro Frederick Sanger, inventore della tecnica di sequenziamento del DNA che porta il suo nome, o Kary Mullis, l’eclettico inventore della reazione a catena della polimerasi (PCR) grazie al quale oggi si eseguono di routine esami diagnostici – tra cui quelli per il COVID-19 - impossibili solo quarant’anni fa.
Siddhartha Mukherjee costella il suo racconto - che prende spunto proprio da un episodio familiare - di argute riflessioni etiche sulla portata e le potenzialità delle tecniche - come l’editing del genoma (ormai noto al grande pubblico per il Nobel consegnato quest’anno a Jennifer Doudna e Michelle Charpentier) o la terapia genica - che oggi rendono possibile ciò che pochi anni fa era solo un sogno. E questo contribuisce a rendere ancora più meravigliosa la “favola” della scoperta del gene, questa unità indivisibile alla base del nostro stesso essere di cui abbiamo imparato a leggere il manuale d’istruzione da pochissimo tempo. E che, da ancora meno, abbiamo capito come modificare.