cellula sintetica

Una cellula costruita in laboratorio dotata della capacità di muoversi è un modello utile per comprendere meglio la motilità e i processi di divisione delle cellule

Il titolo di questo articolo potrebbe evocare la celebre scena del film Jurassic Park in cui si vedono i protagonisti intorno all’uovo di dinosauro in procinto di schiudersi: è un momento di grande attesa in cui tutti osservano il perpetuarsi della vita, seppur tra le quattro pareti di un laboratorio. A più di qualcuno una cellula “sintetica”, che lentamente inizi a muoversi, potrebbe indurre la stessa idea. Forse pure con un pizzico di apprensione. Lungi da ciò, una cellula generata in laboratorio, come quella dei ricercatori della Johns Hopkins University School of Medicine, non è una mostruosità bensì un’innovazione tecnologica di altissimo livello che potrebbe permettere di rivelare particolari biologici nuovi di un processo come la divisione cellulare che, quando perde il controllo, conduce al cancro. Lo studio statunitense è stato recentemente pubblicato su Science Advances.

Circa una quindicina di anni fa il team di ricerca guidato da Craig Venter pubblicò sulla rivista Science un articolo nel quale veniva illustrata la creazione della prima cellula sintetica; dieci anni più tardi i ricercatori della New York University annunciarono la creazione di microscopiche cellule - ribattezzate Pac-Man - dotate della capacità di catturare e immagazzinare particelle o veicolare piccoli carichi dentro le cellule. Oggi tocca ai bioingegneri della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora guidare la scienza medica nel campo della cellule sintetiche, spingendo la ricerca un passo avanti. In una pubblicazione apparsa a metà giugno su Science Advances essi descrivono la loro piattaforma di sintesi, cioè una cellula capace di rispondere agli stimoli e cambiare il proprio assetto strutturale interno, “rompendo la simmetria” per produrre il movimento.

La cellula nata in laboratorio si muove. Proprio come il piccolo dinosauro che cerchi di liberarsi dal guscio. Visti i progressi degli ultimi anni nel campo delle terapie cellulari, con l’acquisizione della capacità di manipolare le cellule staminali fino a farne dei veri farmaci da somministrare ai malati, qualcuno potrebbe chiedersi che senso abbia “costruire” una cellula e osservarla mentre tenta faticosamente di allungarsi e spostarsi nello spazio. Ma nel domandarsi il motivo di questa ricerca non bisogna cedere alle passioni e focalizzarsi, invece, sulla funzionalità cellulare.

Come spiega nel suo ultimo libro – “Il canto della cellula” - Siddhartha Mukherjee, la cellula è un’unità biologica autonoma e rappresenta il mattone fondamentale della vita. Le cellule eucariotiche posseggono una struttura tipica, in quanto dotate di nucleo, una serie di vescicole interne, mitocondri per generare energia, l’apparato di Golgi e il reticolo endoplasmatico per elaborare e smistare le proteine. Ognuna di queste strutture è immersa nel citoplasma il quale è circondato da una membrana plasmatica che definisce i confini della cellula. La membrana esterna è formata da un doppio strato fosfolipidico in cui sono immerse proteine che fungono da trasportatori o da canali per l’entrata e l’uscita di ioni e materiale di scarto dalla cellula. Pertanto, la membrana è la chiave dei meccanismi di trasporto e divisione della cellula

Ma questi processi sono tutt’altro che banali, specialmente la divisione cellulare, durante la quale si perde la simmetria cellulare per consentire la duplicazione degli organuli e delle strutture che andranno a comporre le due cellule figlie. “La disposizione asimmetrica delle proteine di actina del citoscheletro dà avvio alla formazione di modelli spaziali, regolando il differenziamento e lo sviluppo cellulare”, scrivono gli ingegneri biomedici statunitensi. “Comprendere in che modo si inneschino tali asimmetrie e identificarne le implicazioni sulla funzionalità cellulare rappresenta una sfida difficile, che merita ulteriori specifiche indagini di biofisica e biologia cellulare”. Il punto di partenza della loro ricerca è stato, dunque, la perdita della simmetria.

Essi sono riusciti a realizzare una cellula sintetica, cioè creata in laboratorio, dalla forma di vescicola gigante, racchiusa entro un doppio strato di fosfolipidi, come accade nelle “vere” cellule. Questa cellula è stata dotata di capacità di rilevamento chimico, grazie alla presenza di due proteine - FKBP e FRB - poste rispettivamente al centro e sulla membrana della cellula. Dopo aver aggiunto la rapamicina (un farmaco che prende di mira una proteina coinvolta nella crescita, proliferazione, motilità e sopravvivenza delle cellule), gli scienziati hanno osservato la migrazione di FKBP verso FRB, inducendo così un nuovo assetto alla struttura interna con il prodursi di una pressione sulla membrana tale da variare forma alla cellula. “La nostra piattaforma collega in maniera efficace le indicazioni biochimiche alla polimerizzazione dell’actina, dimostrando come la rottura della simmetria sia indotta da uno stimolo chimico”, proseguono gli autori che hanno confermato i risultati della ricerca con una serie di analisi al microscopio. 

Grazie al modello costruito è stato possibile fare un passo in più nella comprensione su scala molecolare dei principi che regolano la perdita della simmetria. “Le nostre conclusioni possono offrire approfondimenti fisici su altri passaggi importanti”, concludono gli autori, la cui ambizione è di portare un contributo proprio nella comprensione delle dinamiche della divisone cellulare. Non solo, infatti, ricerche di questi tipo potrebbero aiutare gli scienziati a fare luce sugli ingranaggi della risposta immunitaria che richiama cellule di tipo diverso in aree differenti dell’organismo: il movimento dei macrofagi o delle cellule dendritiche potrebbe essere ulteriormente approfondito sulla base di ricerche di base come questa.

“Osservare come si realizza la rottura della simmetria ha un valore chiave per scoprire le fondamenta della biologia e per sfruttare queste informazioni per ideare nuove terapie”, afferma in un’intervista a Genetic Engineering & Biotechnology News Shiva Razavi, ricercatrice presso il Massachusetts Institute of Technology e prima autrice dell’articolo pubblicato su Science Advances. I prossimi passi - in senso letterale - consistono nel dotare le cellule sintetiche della capacità di muoversi in maniera ordinata, verso un obiettivo prefissato, aprendo una finestra su futuri meccanismi di somministrazione dei farmaci in risposta a certi stimoli.             

Con il contributo incondizionato di

Website by Digitest.net



Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento Maggiori informazioni