Vasi sanguigni

Annunciati i risultati di uno studio clinico di Fase II/III sull’uso di vasi acellulari universalmente accessibili per riparare lesioni vascolari traumatiche 

Nel 2013, il primo vaso sanguigno coltivato in laboratorio è stato impiantato con successo in un paziente. Dopo 10 anni da quel pionieristico risultato, Humacyte, azienda statunitense all'avanguardia nello sviluppo di tessuti umani bioingegnerizzati, ha raggiunto un altro importante traguardo: a settembre sono stati diffusi i risultati positivi ottenuti in uno studio clinico di Fase II/III condotto tra Stati Uniti e Israele, in cui pazienti con lesioni vascolari gravi hanno ricevuto l’impianto di vasi sanguigni acellulari noti come HAV (Human Acellular Vessels). Un’opzione universalmente accessibile, disponibile “off-the-shelf” e resistente alle infezioni, che promette ulteriori avanzamenti anche nella chirurgia cardiaca e nel trapianto di isole pancreatiche per i pazienti con diabete di tipo I.

Quando un’arteria subisce una lesione traumatica, il paziente può essere sottoposto a una procedura di bypass: un tubo, o protesi, viene inserito chirurgicamente per permettere al flusso sanguigno di aggirare la sezione del vaso lesionata o ostruita, ripristinando così la circolazione a valle. Spesso si usano tratti di vene dello stesso paziente (come la vena safena che percorre la gamba), per ovviare eventuali problemi di istocompatibilità che potrebbero portare a un rigetto, come nel caso dei trapianti d’organo. Ma se la vena non è disponibile, ad esempio nei pazienti che hanno subito una lesione vascolare agli arti, si può ricorrere a protesi sintetiche, a procedure di legatura e persino all’amputazione. Ciascuna di queste procedure comporta dei rischi, primo fra tutti quello di contrarre infezioni che possono facilmente diffondersi nelle ferite traumatiche, che sono quasi sempre contaminate.

Oggi la medicina sta facendo passi avanti verso soluzioni innovative, come i vasi sanguigni coltivati in laboratorio, che promettono di offrire nuove possibilità ai pazienti con esigenze mediche complesse. Ma la vera sfida è ottenere dei vasi pronti all’uso e universalmente impiantabili su tutti i pazienti, senza problemi di compatibilità tessutale. Nel 2019, i ricercatori di Humacyte avevano pubblicato su Science Translational Medicine i dati di sicurezza ed efficacia di vasi sanguigni bioingegnerizzati in laboratorio impiantati nelle braccia di pazienti sottoposti a dialisi renale (ne avevamo parlato qui).

Si tratta di vasi sanguigni acellulari (HAV, Human Acellular Vessel), che possono essere impiantati in ciascun paziente senza correre il rischio di scatenare una reazione immunitaria e sono resistenti alle infezioni. I ricercatori hanno applicato cellule muscolari lisce su una struttura biodegradabile e le hanno stimolate con impulsi meccanici, simili a quelli del battito cardiaco, per indurle a produrre e organizzare il collagene, che garantisce una solidità meccanica al vaso sanguigno artificiale. Il vaso viene quindi sottoposto a una serie di soluzioni tampone che hanno lo scopo di eliminare qualsiasi materiale che potrebbe causare reazioni immunitarie indesiderate. Il prodotto finale è privo di cellule e impiantabile in maniera universale. Ma qui sta la “magia”: dopo l’impianto, le cellule del paziente iniziano a popolare la parete del vaso e i capillari del tessuto circostante e nel corso del tempo trasformano la struttura acellulare in un tessuto multicellulare, simile a un vaso sanguigno vero e persino in grado di auto-ripararsi.  

L’azienda ha recentemente reso noti i risultati di uno studio clinico di Fase II/III condotto in 32 centri clinici tra Stati Uniti e Israele su 69 pazienti con lesioni dei vasi arteriosi causati da eventi traumatici, come colpi di pistola, cadute o incidenti d’auto, di cui 51 con lesioni agli arti. Questi pazienti non avevano una vena disponibile per effettuare il bypass, avrebbero quindi potuto ricevere solo protesi sintetiche o essere sottoposti a legatura o amputazione. I pazienti sono stati monitorati per 30 giorni, misurando la pervietà dei vasi (ovvero la capacità di consentire il passaggio del flusso sanguigno) e il tasso di infezioni. Essendo uno studio a singolo braccio, non era presente un gruppo di controllo formato da pazienti curati con procedure standard: i risultati sono quindi stati confrontati con dei valori statistici di riferimento, calcolati sulla media dei pazienti sottoposti a questi interventi. 

Un mese dopo l'impianto dei Vasi Acellulari Umani, secondo quanto dichiarato dalla stessa Humacyte, i tassi di pervietà hanno raggiunto il 90,2% nel gruppo di pazienti affetti da lesioni agli arti, che costituiva il gruppo di valutazione principale dello studio, e appena al di sotto del 90% nell'intero gruppo di partecipanti. Se consideriamo i dati storici di riferimento relativi agli innesti sintetici, finora la pervietà si era attestata intorno all'81%. Anche i tassi di amputazione risultano notevolmente migliorati: entro il termine di 30 giorni, solo circa il 10% dei pazienti ha richiesto l'amputazione, in confronto al tasso del 20,6% registrato nei dati di riferimento relativi agli innesti sintetici. Le infezioni sono anch'esse diminuite, passando da quasi il 9% nei pazienti con innesti sintetici a 2,9% in tutti i partecipanti allo studio e a soli 2% nei pazienti con lesioni agli arti.

HAV è attualmente in varie fasi di sperimentazione clinica per altre due applicazioni, l’accesso arterio-venoso per l’emodialisi e la gestione della malattia arteriosa periferica. Ma all’orizzonte emergono altri potenziali utilizzi, per il momento ancora in fase di sperimentazione preclinica, nelle procedure di ponte aortocoronarico, negli interventi di chirurgia cardiaca pediatrica e nel trapianto di isole pancreatiche nei pazienti con diabete di tipo I. 

Con il contributo incondizionato di

Website by Digitest.net



Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento Maggiori informazioni