Un innovativo studio ha combinato la tecnologia a RNA messaggero, ormai celebre grazie ai vaccini anti COVID-19, con quella delle terapie CAR-T. I dati preclinici sono molto promettenti
Mettete insieme la tecnologia utilizzata per i primi vaccini anti COVID-19 a RNA messaggero (mRNA) con quella delle terapie CAR-T e quello che ne verrà fuori sarà un’immunoterapia, ancora sperimentale, per trattare la fibrosi cardiaca. È quello che hanno fatto i ricercatori della Perelman School of Medicina presso l'Università della Pennsylvania che sono riusciti, mediante l’mRNA, a riprogrammare temporaneamente le cellule immunitarie di un modello murino di insufficienza cardiaca, riducendo la fibrosi e ripristinando la funzione del cuore. Oltre ad aprire il campo a numerose applicazioni terapeutiche, la novità è che i linfociti T sono stati riprogrammati in vivo, cioè direttamente all’interno dell’organismo senza dover essere estratti, modificati e reinfusi come si fa con le attuali terapie CAR-T usate in oncologia. Lo studio è stato pubblicato su Science lo scorso 6 gennaio.
CELLULE CAR-T IN VIVO
La fibrosi è una condizione in cui il danno cardiaco, dovuto per esempio a un infarto e all'infiammazione, produce cronicamente materiale fibroso che irrigidisce il muscolo cardiaco compromettendo la funzione e portando ad insufficienza cardiaca. Nella ricerca guidata da Jonathan Epstein dell'Università della Pennsylvania, i linfociti T riprogrammati tramite mRNA hanno portato a una riduzione dei fibroblasti cardiaci nei topi con danno cardiaco e a una riduzione significativa della fibrosi.
“La fibrosi è alla base di molti disturbi gravi, tra cui insufficienza cardiaca, malattie del fegato e insufficienza renale”, ha affermato Epstein. “Questa tecnologia potrebbe rivelarsi un modo riproducibile ed economico per affrontare il grande onere medico dovuto alla malattia. Ma il progresso più notevole – sottolinea – è la capacità di ingegnerizzare cellule T per una specifica applicazione clinica senza doverle rimuovere dal corpo del paziente”.
LE FAPCAR
In particolare, il gruppo di ricerca di Epstein ha messo a punto un sistema in grado di far esprimere transitoriamente ai linfociti T un antigene chimerico (CAR) che ha come target la proteina attivante i fibroblasti (FAP), un antigene presente sulla superficie dei fibroblasti attivati. Per metterlo in pratica è stata avviata una collaborazione con Hamideh Parhiz, coautore dello studio e biologo molecolare presso l'Università della Pennsylvania specializzato in strategie di consegna mirata tramite nanoparticelle, e Drew Weissman della Penn Medicine, co-inventore della tecnologia mRNA utilizzata nei vaccini anti COVID-19 Pfizer/BioNTech e Moderna.
L’mRNA che trasporta l’informazione per l’espressione del CAR diretto verso la FAP è stato incapsulato dentro nanoparticelle lipidiche (LNP), un approccio già utilizzato per i vaccini anti COVID-19. Le LNP sono state inoltre dotate di anticorpi anti-CD5, un recettore naturalmente espresso dai linfociti T che hanno guidato le nanoparticelle fino ad essi, portando il “messaggio” a destinazione. A quel punto le cellule T hanno assorbito le nanoparticelle e decodificato il messaggio portato dall’mRNA producendo così il FAPCAR come richiesto.
LO STUDIO
Per testare il funzionamento delle cellule FAPCAR generate in vivo, i ricercatori hanno infuso nei topi angiotensina II e fenilefrina per indurre la pressione alta. Dopo una settimana, quando è insorta la fibrosi, il team ha iniettato nei topi nanoparticelle lipidiche contenenti l'mRNA. I topi sono stati esaminati due settimane dopo: le loro funzioni cardiache erano migliorate rispetto ai topi di controllo, in cui era stata indotta la fibrosi cardiaca ma senza il trattamento con le cellule CAR-T. I ricercatori hanno, inoltre, scoperto che in alcuni topi trattati il tessuto cicatriziale nei ventricoli era ridotto al punto tale da rendere il tessuto cardiaco indistinguibile da quello dei controlli sani. Persisteva solo il tessuto cicatriziale attorno ai vasi sanguigni, poiché questa fibrosi è causata da fibroblasti che non esprimono la FAP mirata dai linfociti T.
IL VANTAGGIO DI ESSERE TRANSITORIE
Come hanno insegnato anche i vaccini anti COVID-19, l’mRNA è una molecola instabile e tende a degradarsi dopo poco tempo. Motivo per cui dopo circa 24-48 ore dall’iniezione di nanoparticelle lipidiche, nei topi restavano solo tra il 15 e il 22% di cellule FAPCAR, che sono poi diminuite gradualmente in una settimana. Un vantaggio rispetto alle cellule CAR-T classiche prodotte ex vivo – che lo stesso gruppo di ricerca aveva testato in uno studio precedente – che invece permangono per molto più tempo e potrebbero creare problemi in caso di lesioni future, poiché i fibroblasti attivati sono necessari per la guarigione delle ferite.
Nonostante la breve durata dell'attività le iniezioni di mRNA hanno portato a una notevole riduzione della fibrosi cardiaca nel modello animale e a un ripristino di dimensioni cardiache per lo più normali.
VERSO UN NUOVO MODELLO DI CAR-T
Non è ancora chiaro se questo approccio potrebbe avere applicazioni anche negli esseri umani, perché non sono ancora noti gli effetti a lungo termine. Inoltre, saranno necessari studi per verificare come la rimozione dei fibroblasti tramite le cellule CAR-T influenzi le proprietà biofisiche e biochimiche del tessuto cicatriziale cardiaco. I ricercatori sono però fiduciosi e credono che la tecnologia transitoria delle cellule CAR-T basata su mRNA possa essere utilizzata per diverse patologie. Stanno quindi portando avanti questo nuovo filone di ricerca con nuovi test, nella speranza di iniziare presto una sperimentazione clinica.
Parhiz e altri coautori hanno, inoltre, fondato un'azienda per sviluppare una piattaforma per la riprogrammazione delle cellule immunitarie con l'obiettivo di sviluppare terapie standard che, a differenza delle attuali terapie CAR-T, non siano personalizzate.