A New York hanno testato con successo un trapianto di rene di maiale, modificato geneticamente per ridurre il rischio di rigetto, in una donna cerebralmente morta
Un rene di maiale modificato geneticamente e trapiantato in un organismo umano ha funzionato per 54 ore. Per la prima volta, dopo le sperimentazioni su primati non umani, la procedura ha funzionato nella nostra specie e l’organo non è stato immediatamente rigettato. L’operazione è stata effettuata, con il consenso dei famigliari, su una donna cerebralmente morta e tenuta in vita artificialmente. I dettagli della procedura – effettuata all’ospedale NYU Langone Health di New York - non sono stati ancora pubblicati: la strada da qui a renderla una pratica clinica è molto lunga, piena di ostacoli e di domande a cui rispondere, ma il trapianto eseguito resta una prova di fattibilità.
Il fabbisogno di organi nel mondo è molto alto: il trapianto è una soluzione a molte patologie, ma non ci sono organi a sufficienza per rispondere alle esigenze della popolazione. Gli xenotrapianti (di cui abbiamo già parlato qui), cioè il trapianto di cellule e organi da specie diversa, potrebbero essere una risposta a questa necessità. L’utilizzo dei maiali per i trapianti non è una idea nuova: un esempio sono le valvole cardiache di maiale, già usate negli esseri umani dagli anni ‘60. Trapiantare un organo appena si presenta la necessità, senza il vincolo delle lunghe liste di attesa - e, troppo spesso, del conseguente peggioramento dello stato di salute - ridurrebbe i decessi.
PERCHÉ PROPRIO I MAIALI?
Gli organi di maiale sono da sempre considerati potenzialmente adatti per il trapianto in esseri umani a causa di anatomia e funzionalità simili. Inoltre, i maiali hanno un ciclo vitale più breve dei primati, cosa che ne facilita l’allevamento.
Al di là dell’inevitabile risposta immunitaria contro un organo che non ci appartiene – che si verifica anche nel caso più semplice di un trapianto umano-umano - le cellule di maiale hanno altre caratteristiche che rendono la procedura complessa. Ad esempio, nel genoma di maiale ci sono molti retrovirus silenti che potrebbero, almeno in linea teorica (anche se il rischio sembrerebbe davvero basso), fare il salto di specie e scatenare infezioni. Di questo si è già occupato qualche anno fa George Church, uno dei pionieri di CRISPR, che nel 2015 ha eliminato le sequenze virali dal genoma del maiale grazie all’editing genomico. Inoltre, sulla superficie delle cellule di maiale si trova una molecola di zucchero chiamata alfa-gal (galattosio-alfa-1,3-galattosio), che scatena una reazione di rigetto acuto nel corpo umano ed è anche responsabile della sindrome alfa-gal (o allergia alla carne rossa). Il maiale utilizzato per il trapianto era geneticamente modificato per non produrre questa molecola. I ricercatori e i clinici, guidati dal direttore del NYU Langone Transplant Institute Robert Montgomery, hanno infatti utilizzato come donatore il GalSafe™ pig, prodotto dall’azienda biotech Revivicor. È l’unico tipo di maiale geneticamente modificato ad aver ottenuto l’autorizzazione della Food and Drug Administration per utilizzo alimentare e terapeutico.
QUANDO UN RENE FA IL “SALTO DI SPECIE”
Anche se l’annuncio è stato fatto il mese successivo (il comunicato stampa dell’istituto è disponibile qui), la procedura è avvenuta a fine settembre al NYU Langone Health. Una donna cerebralmente morta era tenuta in vita dalla ventilazione artificiale e la famiglia, consapevole della sua volontà di donare gli organi ma anche dell’impossibilità di farlo per la mancanza dei requisiti necessari, ha acconsentito alla sperimentazione. Una scelta non scontata che ha permesso alla scienza degli xenotrapianti di fare un piccolo ma significativo passo avanti e, una volta che saranno divulgate le procedure, saranno fatte le opportune valutazioni da parte della comunità scientifica.
Il rene del maiale geneticamente modificato è stato collegato al sistema circolatorio della donna ed è stato mantenuto fuori dal corpo per poterlo osservare meglio. Assieme al rene, è stato trapiantato anche il timo dell’animale, una ghiandola che può aiutare il sistema immunitario a riconoscere l’organo trapiantato come parte dell’organismo, aumentando così le possibilità di successo. Ovviamente, sono stati somministrati anche degli immunosoppressori, cioè farmaci che riducono la risposta del sistema immunitario. Nel giro di pochi minuti il rene ha iniziato a filtrare i prodotti di scarto dal sangue e a produrre grandi quantità di urina, senza essere rigettato. Circa 54 ore dopo, il team ha interrotto la procedura e il supporto per la respirazione artificiale è stato staccato.
"È anche meglio di quanto sperassi", ha dichiarato a USA Today il chirurgo Robert Montgomery, che ha condotto il trapianto alla NYU Langone Health di New York.
NON È TUTTO ORO QUEL CHE LUCCICA
Per ora non c’è nessuno studio scientifico peer reviewed dell’operazione, ma i risultati presentati dall’équipe sembrano davvero degni di nota. Essendo procedure completamente nuove, ad oggi non ci sono ancora informazioni disponibili sulla quantità di dati richiesti per l’autorizzazione degli xenotrapianti da parte delle agenzie regolatorie, ma il processo sicuramente non sarà breve. Continuano gli studi sui trapianti da maiale a primate non umano, soprattutto per studiare la sopravvivenza dell’organo una volta trapiantato in un’altra specie perché, sebbene questo sia un primo passo necessario e importante, a nessuno serve un rene per soli 3 giorni. Inoltre, potrebbe essere necessario assumere immunosoppressori per tutta la vita, con le inevitabili conseguenze sull’organismo, una tra tutte la maggiore suscettibilità alle infezioni. Se tutto procederà nel migliore dei modi e si potrà arrivare all’applicazione clinica degli xenotrapianti, è plausibile che, almeno all’inizio, si tratterà di soluzioni di emergenza e provvisorie che faranno da ponte al trapianto di un organo umano (quando sarà disponibile).
"Questo è un importante passo avanti nell’ambito degli xenotrapianti, che salveranno migliaia di vite ogni anno, in un futuro non troppo lontano", ha detto a The Guardian Martine Rothblatt, amministratore delegato di United Therapeutics, società che possiede Revivicor.
Oltre a tutti i dati necessari per dimostrare la sicurezza e l’efficacia che i ricercatori devono fornire prima che una qualsiasi pratica medica venga approvata per l’utilizzo sull’essere umano, c’è il discorso bioetico. Se di fronte a queste notizie da un lato si scatenano le opinioni animaliste - Un maiale può essere considerato una fornitura di “pezzi di ricambio” per l’organismo umano? È etico allevarli per questo scopo? Solo perché è scientificamente possibile, va applicato? – dall’altro si sottolineano i potenziali benefici per l’umanità e il fatto che i maiali vengono già allevati per la carne, le sperimentazioni e le valvole cardiache da trapiantare. È però importante ricordare che attualmente è fondamentale la donazione di organi: un gesto solidale che può salvare la vita di tante persone.