A giugno abbiamo parlato della storia di Uditi, una ragazza indiana affetta da encefalopatia familiare con corpi d’inclusione di neuroserpina (FENIB), e dell’incredibile sforzo della sua famiglia per trovare una soluzione terapeutica basata su CRISPR. Soluzione che purtroppo non è arrivata in tempo per Uditi, ma grazie alla quale si potranno probabilmente aiutare altre persone affette da questa terribile malattia rara. Osservatorio Terapie Avanzate ha parlato della patologia, delle sue basi genetiche, di progetti di ricerca e possibili future terapie con Maria Elena Miranda Banos, professoressa presso Sapienza Università di Roma nel Dipartimento di Biologia e Biotecnologie ‘Charles Darwin’, dove coordina l’unico gruppo di ricerca al mondo dedicato allo studio della FENIB.
Un gruppo di ricercatori cinesi ha sviluppato dei sensori biodegradabili e senza fili con l’obiettivo di identificare le variazioni nel cervello a seguito di traumi cranici o trattamenti contro il cancro, senza necessità di interventi chirurgici invasivi. Il sistema, testato solo su modelli animale, ha funzionato in modo stabile per un mese dopo l'iniezione nel cervello, iniziando poi a scomparire gradualmente. Sviluppare sensori in grado di accedere ad aree complesse come il cervello per monitorarne le condizioni è estremamente difficile e in questa ricerca sono state superate una serie di sfide notevoli. I risultati dello studio - nel caso risultassero ripetibili e sicuri nell’uomo - potrebbero essere in futuro utili in ambito medico. L’articolo è stato recentemente pubblicato su Nature.
Qualunque medico o ricercatore che abbia trascorso parte della sua carriera scientifica all’interno di un reparto di oncologia pediatrica si è trovato dinnanzi alle peggiori situazioni mediche. L’aspetto più frustrante di questa realtà è che in certi casi, come nei gliomi diffusi della linea mediana, non esistono cure specifiche contro il tumore e la sensazione di impotenza rende ancora più difficoltoso svolgere il proprio lavoro. Tutto ciò giustifica a pieno l’enorme investimento in termini di lavoro - ma anche di aspettative - rivolto alle terapie a base di cellule CAR-T. Uno sforzo che, adesso, sembra essere compensato da risultati preliminari promettenti.
“Publish or perish”, pubblica o muori: questo è il mantra per tutti i ricercatori che vogliono fare carriera. Un motto che ben definisce la pressione a cui è sottoposto chi fa della ricerca la sua professione: o si pubblica – e tanto – su riviste di rilievo, con un elevato impact factor (cioè un indice che misura il numero medio di citazioni degli articoli di una rivista) e si raggiunge un h-index alto (lo stesso principio applicato al singolo autore), oppure si è destinati a soccombere all’insano meccanismo. Una delle conseguenze più ovvie della velocità di pubblicazione riguarda la qualità degli studi e le cose sembrano peggiorare ogni anno, specialmente nell’ambito della ricerca clinica. Il libro “Sul pubblicare in medicina” - firmato da Luca De Fiore, direttore generale de Il Pensiero Scientifico Editore e saggista - rappresenta una guida completa e dettagliata per navigare nel complesso processo della pubblicazione scientifica senza rischiare di affondare.
Una scienziata – con una laurea in chimica, una in biologia e una specializzazione in biochimica nello studio degli acidi nucleici - che ha vissuto da vicino i grandi cambiamenti delle scienze biologiche: in primis la scoperta del DNA. Maxine Singer, classe 1931, è stata una celebre ricercatrice, un funzionario della sanità, una sostenitrice dell’inclusione nelle materie STEM e per 14 anni presidente del Carnegie Institution for Science (ora Carnegie Science), un centro di ricerca senza scopo di lucro che si trova a Washington (Stati Uniti). È mancata a 93 anni a causa di una broncopneumopatia cronica ostruttiva e dell’enfisema, lasciando il marito, quattro figli e diversi nipotini. Ripercorriamo il suo importante percorso come ricercatrice e come guida nel campo delle biotecnologie.
Una nuova terapia avanzata, la ventesima per l’esattezza, è stata autorizzata in Europa. Fidanacogene elaparvovec (nome commerciale Durveqtix) - terapia genica prodotta da Pfizer - ha ottenuto, giovedì scorso, l’autorizzazione condizionata all'immissione in commercio da parte della Commissione europea per il trattamento dell'emofilia B grave e moderatamente grave (o carenza congenita di fattore IX) in pazienti adulti senza una storia di inibitori del Fattore IX (FIX) e senza anticorpi rilevabili verso la variante AAV sierotipo Rh74. Grazie a un’unica infusione di fidanacogene elaparvovec, le persone affette da emofilia B possono produrre autonomamente FIX ed evitare così le costanti somministrazioni, come prevede l’attuale approccio terapeutico.
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