Marco Zecca e Valentino Orlandi

Il Comitato di Valutazione del Rischio per la Farmacovigilanza (PRAC) dell’EMA ha confermato che il rapporto rischio-beneficio è a favore di betibeglogene autotemcel

Non esistono prove a supporto che betibeglogene autotemcel (beti-cel) - più noto con il nome di Zynteglo - possa causare l’insorgenza di leucemia mieloide acuta. Con questa notizia, la terapia genica sviluppata da bluebird bio per il trattamento dei pazienti affetti da beta-talassemia trasfusione dipendente (TDT) viene definitivamente scagionata dalle accuse e può tornare ad essere disponibile per i pazienti. Cinque mesi fa, infatti, l’azienda aveva volontariamente sospeso la commercializzazione del farmaco - approvato dalla Commissione Europea nel 2019 - per sottoporlo ad approfondimenti in seguito a una reazione avversa grave emersa in due studi clinici sull’anemia falciforme nei quali era impiegato lo stesso tipo di vettore virale usato per betibeglogene autotemcel.

SOSPENSIONE TEMPORANEA DEI TRIAL E  DELLA COMMERCIALIZZAZIONE

La notizia dello scorso febbraio aveva colpito duramente la comunità dei pazienti che da anni attendeva l’arrivo di un trattamento potenzialmente curativo, ma per i vertici di bluebird bio - azienda impegnata nella messa a punto di questa ed altre terapie geniche contro patologie rare - la sicurezza dei pazienti era, e ancora rimane, una priorità. Anche se, ad onor di cronaca, ad essere direttamente sospettata era bb1111, meglio conosciuta come LentiGlobin, una terapia genica che bluebird bio ha sviluppato contro l’anemia falciforme e che stava testando in due studi clinici, rispettivamente di Fase I/II (HGB-206) e di Fase III (HGB-210). Più nel dettaglio, la comparsa di una leucemia mieloide acuta in due pazienti che avevano ricevuto bb1111 aveva indotto a sospendere temporaneamente le sperimentazioni cliniche in attesa di chiarimenti su eventuali correlazioni con il vettore virale impiegato per la terapia genica.

Parallelamente, anche la commercializzazione di Zynteglo era stata interrotta in via preventiva, dal momento che il vettore lentivirale su cui si basa la terapia è il medesimo (BB305) utilizzato nella  terapia sperimentale bb1111. “I pazienti affetti da beta-talassemia, a cui questa terapia genica è destinata, hanno due geni beta-globinici difettosi, perciò la terapia genica si propone di inserire un nuovo gene funzionante all’interno del genoma, consentendo la produzione di globuli rossi sani”, spiega il dott. Marco Zecca, direttore del reparto di Oncoematologia Pediatrica e del Programma Trapianti del Policlinico ‘San Matteo’ di Pavia. “Tuttavia, per questa, così come per qualsiasi tipo di terapia genica, viene richiesta una tempestiva segnalazione e rigorosissima valutazione di qualsiasi tipo di evento avverso”. Infatti, nel 2019 betibeglogene autotemcel aveva ricevuto un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata, sulla base della quale bluebird bio è tenuta a segnalare alle autorità regolatorie qualsiasi nuova informazione relativa a questa terapia genica, che con un’unica somministrazione può cambiare la vita di tanti pazienti.

“Attualmente, un paziente con beta talassemia trasfusione dipendente è vincolato alla terapia trasfusionale da ripetere in media ogni 15 giorni, per tutta la vita”, precisa Valentino Orlandi, Presidente dell’Associazione per la Lotta alla Talassemia (ALT) ‘Rino Vullo’ Ferrara. “Ciò provoca un eccesso di ferro nell’organismo, che deve essere rimosso con terapie chelanti, disponibili in compresse o tramite microinfusione sottocutanee per un periodo di tempo di 8-12 ore, anche in questo caso per tutta la vita. Si tratta di un protocollo terapeutico non semplice da sopportare. La trasfusione di sangue è un salvavita per cui i pazienti non smetteranno mai di ringraziare i donatori di sangue ma la sola idea di poter ‘divorziare’ dalla beta-talassemia per i pazienti corrisponde a un cambiamento della prospettiva di vita senza precedenti”.

LA VALUTAZIONE DEL PRAC

In nessuno dei pazienti sottoposti a trattamento con betibeglogene autotemcel è stata segnalata l’insorgenza di tumori ematologici. Tuttavia, l’azienda ha comunque ritenuto necessario sospendere la commercializzazione in attesa dell’esame da parte del Comitato di Valutazione del Rischio per la Farmacovigilanza (PRAC) -  il comitato dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) responsabile della valutazione e del monitoraggio della sicurezza dei medicinali per uso umano - di tutti i dati provenienti dagli studi clinici in cui era coinvolto LentiGlobin per l’anemia falciforme. 

“Per quanto riguarda beti-cel si è dunque trattato di una scelta precauzionale perché i due casi di leucemia mieloide si sono verificati all’interno di trial clinici nei quali il vettore virale utilizzato era identico ma in una malattia, come l’anemia falciforme, molto diversa per caratteristiche cliniche e biologiche rispetto alla beta-talassemia”, aggiunge Zecca, che è anche Presidente di AIEOP (Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica). “Inoltre, ad ulteriore conferma che la terapia genica non fosse coinvolta nelle due manifestazioni di leucemia, c’è il fatto che in uno dei due pazienti il vettore virale non era presente nelle cellule tumorali (quindi non ci poteva essere un rapporto causa-effetto) e nell’altro l’inserimento è avvenuto in una posizione che non ha nulla a che vedere con lo sviluppo di una leucemia mieloide”. 

Il PRAC ha esaminato con attenzione tutte le prove concludendo che la spiegazione più attendibile per il prodursi di queste leucemie fosse il trattamento di condizionamento a cui i pazienti con anemia falciforme sono sottoposti prima della terapia genica allo scopo di eliminare le cellule del midollo osseo. “L’anemia falciforme presenta un quadro infiammatorio midollare importante e, infatti, un’infiammazione di tipo cronico costituisce una condizione predisponente allo sviluppo di leucemie”, prosegue Zecca. “Sebbene l’anemia falciforme e la beta-talassemia facciano entrambe parte del gruppo delle emoglobinopatie esse differiscono in maniera significativa. Perciò la decisione della casa farmaceutica di procedere con cautela, in modo particolare per un farmaco come Zyntgelo per cui le aspettative sono alte almeno quanto la necessità medica, è stata estremamente scrupolosa. Ora esistono tutte le premesse per ripartire col piede giusto, non solo con la talassemia ma anche con le sperimentazioni che coinvolgono altre emoglobinopatie”. 

LA RIPRESA DELLA COMMERCIALIZZAZIONE

Negli Stati Uniti, la decisione della Food and Drug Administration (FDA) per la revoca della sospensione degli studi clinici HGB-206 e HGB-210 su LentiGlobin era già stata presa lo scorso 7 giugno. È importante sottolineare che negli Stati Uniti beti-cel non è ancora stata autorizzata per l’immissione in commercio ma è ancora in fase sperimentale nei trial clinici. In Europa, invece, la raccomandazione del PRAC sarà ora trasmessa al Comitato per le Terapie Avanzate (CAT) e al Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) affinché venga adottata. L’ultimo passaggio della procedura di revisione è l’adozione da parte della Commissione Europea di una decisione legalmente vincolante e applicabile in tutti gli Stati membri dell’UE.

“Come Associazione lavoreremo strenuamente per supportare i clinici affinché facciano le valutazioni necessarie per rendere disponibile beti-cel a più pazienti possibile”, dichiara Orlandi. “Ad oggi l’unico trattamento potenzialmente curativo per la beta-talassemia TDT è il trapianto di cellule staminali emopoietiche, che però è realizzabile in una piccola parte di pazienti, soprattutto bambini, con donatore familiare HLA compatibile. Beti-cel è, invece, destinato a una vasta porzione di pazienti ed è una terapia che si esegue nei centri di riferimento, con elevata esperienza sulla patologia e sulla terapia genica stessa. Purtroppo, a causa delle diverse complicazioni epatiche, osteoporotiche, endrocrinologiche, cardiache o nefrologiche suscitate dalla beta-talassemia non tutti potranno avervi accesso ma il nostro compito è dare sostegno ai clinici perché si possa partire al più presto e in sicurezza. Perché chi ha le caratteristiche idonee alla terapia oggi, fra 3-4 anni potrebbe non averle più”.

Con il contributo incondizionato di

Website by Digitest.net



Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento Maggiori informazioni