Editing genomico

Scienziati olandesi hanno messo a punto e studiato una versione di base-editing che ha dato buoni risultati in quattro mutazioni in modelli di organoidi creati da pazienti.

Utilizzare una versione di CRISPR più precisa e sicura su organoidi derivati da pazienti affetti da fibrosi cistica per correggere quattro mutazioni che provocano questa complessa patologia. In estrema sintesi è questo ciò che un gruppo di ricercatori olandesi dell’Hubrecht Institute e dell’Università di Utrecht è riuscito a fare ed è stato descritto nell’articolo scientifico pubblicato lo scorso 20 febbraio sulla rivista Cell Stem Cell. Una ricerca affascinante che ha per protagonisti CRISPR, il più sofisticato strumento di editing del genoma, la fibrosi cistica, la più diffusa malattia genetica a prognosi severa, e gli organoidi, il paradigma di modello cellulare più studiato degli ultimi anni.

È pleonastico affermare che il risultato di un siffatto studio è duplice: da una parte, infatti, si sottolinea il ruolo centrale ricoperto dalle biobanche di organoidi, all’interno delle quali i campioni biologici ottenuti dai pazienti diventano modelli tridimensionali di studio per diverse patologie. Dall’altra si afferma l’alto potenziale delle tecniche di editing del genoma come CRISPR, soggette esse stesse a un’evoluzione che ne aumenta l’efficacia ma soprattutto la sicurezza. Il gruppo di lavoro coordinato dal dott. Hans Clever e dal dott. Jeffrey Beekman ha dimostrato per la prima volta il potenziale del nuovo sistema di CRISPR, SpCas9-ABE - che, per semplicità possiamo chiamare base-editor - grazie a cui la riparazione di un frammento di DNA contenente la mutazione diventa possibile senza operare tagli alla doppia elica. Praticamente la nuova tecnologia è così precisa da riuscire a cambiare le singole basi errate in punti scelti della sequenza nucleotidica.

Prima di farsi un’idea esagerata del senso di questa ricerca occorre considerare che esistono già farmaci di ultima generazione sviluppati per contrastare la fibrosi cistica: lumacaftor/ivacaftor è stato il primo farmaco approvato in Europa per il trattamento di bambini con fibrosi cistica che presentano due copie della mutazione F508del, mentre altri, come elexacaftor e Trikafta, sono in fase di approvazione. E allora dove è il vantaggio derivante dall’uso di questa nuova versione di CRISPR? Innanzitutto il base-editor sviluppato dagli olandesi è stato testato su cellule staminali ottenute dai pazienti e, poi, ha dimostrato di essere estremamente sicuro. Infatti, il più evidente ostacolo alla traslazione in clinica di CRISPR è la possibilità di produrre i cosiddetti effetti off-target, cioè modifiche in punti non desiderati che potrebbero avere conseguenze drammatiche per i pazienti. Tramite sequenziamento del genoma, il gruppo di ricerca di Clever e Beekman ha osservato che la nuova versione di CRISPR che rileva la mutazione e sostituisce gli errori è anche estremamente sicura e non effettua tagli off-target.

La conclusione di questa ricerca afferma dunque che questa tecnologia può essere applicata in modo sicuro ed efficace nelle cellule staminali umane. E la più efficace dimostrazione di ciò è giunta tramite l’uso di organoidi, modelli miniaturizzati di intestini di pazienti affetti da fibrosi cistica, che sono stati riprodotti partendo dal materiale biologico di 664 pazienti. Gli scienziati olandesi hanno costituito una vera e propria biobanca di organoidi all’interno della quale sono rappresentate 154 mutazioni del gene CFTR. Questa biobanca, nata grazie al contributo di numerosi centri specializzati nello studio della fibrosi cistica in Europa e alla Nederlandse Cystic Fibrosis Stichting (NCFS), la Fondazione olandese dedicata allo studio della fibrosi cistica, è in grado di coprire il ventaglio di mutazioni presenti nella popolazione olandese affetta da questa patologia. Con una tale varietà di modelli Clever e Beekman hanno cercato di capire se il correttore da essi elaborato fosse in grado di funzionare nelle cellule staminali umane e sono stati in grado di correggere alcune mutazioni sia in omozigosi che in eterozigosi in 8 campioni di organoidi. Il tutto senza provocare modifiche in siti non desiderati.

“Questa ricerca rappresenta un grande passo verso la riparazione del DNA”, spiega la dott.ssa Eyleen de Poel, che ha partecipato allo studio. “Tuttavia, rimane il grande interrogativo di come fornire l’enzima CRISPR agli organi del paziente. La fibrosi cistica potrebbe anche non essere la malattia più adatta da trattare con CRISPR, poiché è una patologia multiorgano”. Lo studio olandese su questo strumento di base- editing è pertanto solo il principio di un cammino lungo il quale saranno necessarie altre tappe di approfondimento prima di poter davvero affermare che questa versione di CRISPR possa essere applicata in clinica.

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