Ron Jortner

Nasce un progetto che mette in sinergia, in maniera sistematica, gruppi di pazienti e aziende sin dalle prime fasi di sviluppo di nuovi farmaci 

In Europa è nata una realtà che intende mettere al centro dello sviluppo di nuove terapie, anche quelle più innovative come le terapie avanzate, i gruppi di pazienti con malattie rare. Un luogo dove questi gruppi diventano stakeholder attivi con l’obiettivo di condividere conoscenza e bisogni con le aziende biotech ancora prima dell’avvio delle sperimentazioni, creando una relazione che possa favorire l’avanzamento degli studi clinici e l’approvazione di nuove terapie. Ne abbiamo parlato con Ron Jortner, scienziato con un passato di ricercatore presso la Max Planck Society e fondatore della start up Aspire Biosciences, che ha presentato l’iniziativa al Convegno sulle Terapie Avanzate che si è tenuto a Londra lo scorso marzo.

Da ricercatore ho notato che ogni volta che ci sono storie di successo nelle malattie rare, ci sono sempre due elementi: un gruppo di pazienti (o caregiver) molto attivi nel favorire l’avvio e la cooperazione durante le sperimentazioni cliniche di nuove terapie; e il "caso", o la cosiddetta "serendipity", ossia la capacità o fortuna di arrivare a scoperte inattese in campo scientifico”. Jortner ha voluto verificare sul campo queste osservazioni: “ho fatto uno studio pilota, dove ho selezionato 10 aziende biotech e 10 gruppi di pazienti e li ho fatti incontrare. L’esperimento ha avuto molto successo perché ha aperto a nuove collaborazioni.”

Così Ron Jortner ha deciso di fondare Aspire, un’azienda che potesse portare insieme associazioni di pazienti - con la loro incredibile conoscenza, motivazione e abilità di portare risorse - e le aziende, agevolando la “serendipity”. “Abbiamo creato uno studio nell’area neurologica, dove abbiamo fatto un’analisi di diversi gruppi di pazienti per capire il contributo di conoscenze che ognuno poteva offrire in termini di biomarcatori validati e altri aspetti che possono rendere possibile lo sviluppo di sperimentazioni, e abbiamo valutato il bisogno non soddisfatto di questi gruppi. Abbiamo selezionato il gruppo che rispondeva meglio ai nostri criteri: ad esempio, tra due gruppi di pazienti a confronto abbiamo valutato quale patologia avesse il maggior bisogno; tra gruppi con malattie simili quale tra loro non avesse alcuna possibilità di trattamento. Abbiamo quindi creato un nuovo team di pazienti e l’abbiamo fatto incontrare con medici specializzati e con scienziati con profonda conoscenza delle loro patologie. Il successivo confronto con le aziende biotech ha portato all’inizio di collaborazioni per sperimentazioni di molecole e terapie avanzate”. 

Ad Aspire, i ricercatori stanno attualmente creando un database in cui saranno raggruppate numerose informazioni risultanti da queste riunioni, ovvero le conoscenze acquisite dagli stakeholder (con il loro consenso). Queste conoscenze possono poi essere combinate con le nuove tecnologie e molecole che le aziende biotech stanno sviluppando, in modo tale da trovare corrispondenze adeguate tra le esigenze e le potenziali offerte, cioè scoprire nuove opportunità di trattamento. I gruppi di pazienti che hanno superato i criteri di selezione di Aspire possono utilizzare il database gratuitamente. “Ora abbiamo due studi aperti: uno sempre su patologie rare legate al sistema nervoso centrale, e l’altro che partirà a breve è sulle malattie metaboliche. Un terzo studio verrà avviato in autunno e sarà focalizzato sulle terapie avanzate, a prescindere dall’area terapeutica. Successivamente andremo ad individuare i gruppi di pazienti e le patologie per le quali queste tecnologie possono essere più indicate”. Per le terapie geniche, ad esempio, il gruppo di Aspire si aspetta patologie che colpiscono un unico gene, con uno specifico tipo di mutazione e con caratteristiche genetiche ben comprese.

Vogliamo facilitare la possibilità per una biotech di sviluppare un trattamento, perché allo stato attuale è molto complesso, richiede investimenti e tempo. Una volta che abbiamo garantito e avviato la collaborazione tra il gruppo di pazienti e l’azienda sviluppatrice, possiamo anche seguirli come facilitatori durante le fasi della sperimentazione clinica. Ci preoccupiamo che venga garantita una comunicazione costante, ad esempio organizzando riunioni; svolgiamo indagini qualitative per valutare il grado di soddisfazione di entrambe le parti e per capire se sono necessarie azioni aggiuntive, come includere nuovi stakeholder nel processo”. Per i caregiver il percorso richiede sforzi e organizzazione, considerando gli impegni che già devono affrontare, ma è fondamentale - sostiene il fondatore della start up - per garantire che le aziende biotech si impegnino di più nel portare avanti le sperimentazioni. “Molto spesso le aziende cancellano un prodotto dalla loro pipeline perché non riescono a giustificarne i costi. Ma con la collaborazione dei pazienti i loro costi si abbassano. Abbiamo pensato questa piattaforma principalmente per aiutare i malati rari e ultra rari, perché è per questi pazienti che c’è maggiore bisogno. Questi gruppi di pazienti hanno spesso meno risorse, meno finanziamenti, perché il numero dei malati è molto basso”. 

L’iniziativa è stata commentata positivamente da diversi stakeholder presenti al Convegno sulle Terapie Avanzate che si è tenuto a marzo a Londra, in cui Aspire ha presentato il suo progetto. Kacper Rucinski, delegato di SMA Europe e rappresentante dell’European Alliance for Newborn Screening for Spinal Muscular Atrophy ha seguito con un certo interesse la proposta di Ron Jortner, sottolineando l’importanza di un coinvolgimento dei pazienti in un processo di "co-sviluppo" delle terapie. “E’ importante poter dire direttamente all’azienda che cosa un paziente desidera e si aspetta”, ha commentato Rucinski. “Da parte dei pazienti c’è la massima collaborazione nel fornire dati utili, come ad esempio i dati sulla storia naturale della patologia o sui biomarcatori. Questi dati sono necessari già all’inizio del processo di sviluppo di un prodotto; così possiamo avere più possibilità che la terapia che tanto attendiamo arrivi al traguardo finale. Consultare i pazienti all’inizio di un progetto significa anche evitare errori grossolani, ad esempio nel tipo di somministrazione di un trattamento o farmaco, che potrebbero portare al fallimento. Dobbiamo trovare il giusto equilibro, perché abbiamo bisogno gli uni degli altri.”

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