Maiale

I maiali offrirebbero una fornitura potenzialmente illimitata di organi per l'uomo, ma la diffusione di questa pratica richiederà un approccio collaborativo e iterativo alla ricerca

Ogni anno migliaia di persone muoiono in attesa di un trapianto perché gli organi disponibili non sono sufficienti. Gli xenotrapianti, cioè i trapianti da una specie ad un’altra, potrebbero idealmente risolvere – o almeno attenuare – il problema. Nel corso della storia della medicina è stata migliorata la comprensione dell'immunologia, dell'immunosoppressione e dell'istocompatibilità, evidenziando così le criticità legate agli xenotrapianti e aumentando le possibilità di successo dei trapianti tra esseri umani. Migliorare le conoscenze riguardo a questa pratica clinica ha determinato una maggiore richiesta di organi, oggi terapia salvavita per molte condizioni. L’impossibilità di rispondere alle necessità di tutti i pazienti si è tradotta in un rinnovato interesse per la ricerca sugli organi provenienti da animali. Attualmente, il candidato ideale come fonte di organi per il trapianto negli esseri umani è il maiale: ma cosa è stato fatto finora?

La storia degli xenotrapianti (che abbiamo raccontato qui) è precedente a quella dei trapianti tra un essere umano e un altro e risale a oltre un secolo fa. Poco dopo lo sviluppo delle tecniche di anastomosi vascolare, infatti, vennero fatte delle prove di trapianto di organi provenienti da animale, che si conclusero con un inevitabile fallimento a causa del rigetto dei tessuti innestati. Sebbene parti di organo di animale vengano usate da decenni in clinica – ad esempio nel caso delle valvole cardiache di maiale - sostituire interi organi umani è difficile perché il sistema immunitario umano ha molti modi per individuare e respingere cellule estranee. Inoltre, gli organi non umani possono anche essere portatori di malattie zoonotiche che potrebbero mettere a rischio i pazienti. Pur rallentata da diverse problematiche, la ricerca su questo fronte non è mai stata messa definitivamente da parte e, da qualche tempo, è tornata a far parlare di sé sulle prime pagine delle riviste scientifiche e non solo.

Dopo anni di studi, e grazie all’avanzamento tecnico-scientifico, è stato possibile identificare nel maiale l’animale ideale per gli xenotrapianti. I vantaggi di questo organismo includono le dimensioni e la fisiologia degli organi, che sono simili a quelle dell'uomo; il potenziale di riproduzione rapida; la capacità di modificare geneticamente il loro DNA; e il fatto che i maiali sono già utilizzati come fonte di cibo. Gli esseri umani, però, producono anticorpi naturali contro il galattosio-alfa-1,3-galattosio (alfa-gal), molecola identificata come la causa principale del rigetto iperacuto nel trapianto di organi suini. Questo ha ovviamente attirato l’interesse dei ricercatori, da anni in cerca di una soluzione per superare le barriere che impediscono l’ingresso in clinica di questa pratica. L'avvento delle tecniche di editing del genoma ha cambiato le carte in tavola, dato che ha reso più facile la creazione di organi di maiale modificati geneticamente per avere meno probabilità di essere attaccati dal sistema immunitario umano. Anche il rischio di infezione zoonotica può essere ridotto attraverso l'editing del genoma, a cui aggiungere lo screening genetico e la sorveglianza post-trapianto.

Dopo i test sui primati non umani – che, pur essendo un ottimo modello animale per la ricerca prima di arrivare all’uomo, presentano comunque dei limiti nella valutazione di efficacia e sicurezza – i team di ricerca statunitensi del NYU Langone Transplant Institute e dell'Università dell'Alabama, guidati da Robert Montgomery, hanno iniziato a fare sperimentazioni sulle persone in stato di morte cerebrale, mantenuti su supporto cardiorespiratorio. I reni prelevati da maiale, e geneticamente modificati per avere un sistema immunitario simile a quello umano (di cui abbiamo parlato qui), hanno funzionato con successo quando sono stati trapiantati in due pazienti deceduti. Come spiegato ne articolo pubblicato su Nature, anche se gli organi sembravano funzionare, alcuni ricercatori mettono in dubbio il valore degli esperimenti e sostengono che gli studi clinici su persone viventi sono l'unico modo per scoprire se i trapianti da maiali possono effettivamente contribuire ad alleviare la carenza di organi umani disponibili per le persone che ne hanno bisogno.

In un articolo pubblicato il 19 maggio 2022 sul New England Journal of Medicine, i ricercatori che hanno portato avanti la sperimentazione hanno dichiarato che i pazienti non hanno mostrato alcuna reazione immunitaria immediata agli organi. Come il gruppo di Montgomery, anche quello di Paige Porrett - chirurgo presso l'Università dell'Alabama a Birmingham - ha riscontrato una scarsa reazione immunitaria contro gli organi. Porrett sospetta che il motivo sia da ricercare nel fatto che i sistemi metabolici del paziente si stavano degradando perché era morto da alcuni giorni. Il suo gruppo ha trapiantato reni di maiale in altre persone dichiarate in morte cerebrale e i risultati verranno pubblicati appena possibile.

Altri ricercatori, tuttavia, sono scettici sui risultati. Una cosa è però innegabile: la ricerca che coinvolge persone dichiarate morte in base a criteri neurologici offre un'opportunità eticamente valida per ulteriori ricerche, limitando i rischi per gli esseri umani e riducendo l'uso di primati non umani. La sfida principale di questo modello umano è il breve periodo di tempo durante il quale gli xenotrapianti possono essere studiati, in primis per evitare di aggiungere ulteriore stress emotivo alla famiglia del defunto. Un'altra limitazione è che alcuni donatori sono instabili o presentano sintomi associati alla morte cerebrale, entrambi fattori che possono influenzare i risultati dello studio. Tuttavia, gli studi condotti finora hanno permesso di caratterizzare la risposta anticorpale umana, l'immunità innata, la funzione iniziale del trapianto e le potenziali incompatibilità molecolari, ma la breve durata dell'osservazione non ha permesso di esaminare alcuni parametri importanti, come l'immunità adattativa. Sarà necessario portare a conclusione studi clinici strutturati, che coinvolgano un numero congruo di pazienti viventi, prima di poter avere dati solidi su questa procedura.

Come raccontato sul MIT Technology Review, a questi studi è susseguito il primo trapianto di cuore umano da maiale, effettuato all’inizio del 2022: il paziente è sopravvissuto per 2 mesi circa, la maggior parte dei quali con una buona funzionalità cardiaca. La causa del decesso rimane poco chiara, ma è stato riferito che l'autopsia ha rilevato la presenza di citomegalovirus suino, il che solleva - ancora una volta - preoccupazioni sul rischio di zoonosi. Le questioni aperte restano quindi molteplici.

Oltre al superamento degli ostacoli tecnico-scientifici, gli xenotrapianti potrebbero eliminare la carenza di organi solo se si affrontano anche le sfide etiche, particolarmente complesse quando si cammina lungo certi confini. I pazienti devono rimanere al centro dello sviluppo e dell'implementazione degli xenotrapianti, ma devono essere presi in considerazione anche i diritti e il benessere di chi li assiste, degli animali, della salute pubblica in generale e dell’impatto a livello sociale di una pratica di questo tipo. L'adozione su larga scala degli xenotrapianti, infatti, non dipenderebbe solo dal miglioramento dei protocolli, ma anche dall'opinione che la società ha degli xenotrapianti. Vanno soppesati i rischi e i benefici, nonché le preoccupazioni e i dubbi che possono insorgere: la corretta comunicazione e il coinvolgimento dell’intera società è quindi fondamentale per giungere a un eventuale consenso, specialmente se si considera il momento in cui le sperimentazioni potranno coinvolgere pazienti viventi in attesa di un intervento salvavita.

Indipendentemente dal successo degli xenotrapianti, e in considerazioni delle difficoltà che porta con sé, la ricerca continua anche in altri ambiti: esplorare alternative come gli organi bioartificiali è quindi un percorso che va portato avanti su un binario parallelo e che potrebbe offrire alternative altrettanto valide in futuro.

Con il contributo incondizionato di

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