Diabete

Grazie al Centro per la Terapia Cellulare del Diabete di Padova i pazienti con diabete di tipo I accederanno a un trattamento meno invasivo ma ugualmente efficace del trapianto di pancreas

È talmente diffuso nella popolazione, con circa 500 milioni di pazienti in tutto il mondo, che la sua reale pericolosità viene spesso sottovalutata, ma il diabete rimane un problema sanitario di grande rilevanza. Il fatto che sia classificata come cronica ha contribuito a farne una malattia con cui abbiamo imparato a convivere, ma per coloro che sono affetti da diabete di tipo 1 (quello insulino-dipendente) i rischi non sono mai trascurabili. Queste persone sono obbligate a sottoporsi ad iniezioni giornaliere di insulina per controllare i livelli glicemici con un pesante impatto sulla qualità di vita. In questo panorama, le promesse insite nelle moderne forme di trattamento - soprattutto le terapie cellulari - costituiscono più che una mera speranza. Ce ne parla la prof.ssa Lucrezia Furian, Responsabile del Progetto Centro per la Terapia Cellulare del Diabete di Padova.  

IL TRAPIANTO DI INSULE PANCREATICHE

Passi avanti sono stati effettuati già nei mesi scorso quando nella città di Padova è stato tagliato il nastro del nuovo Centro per la Terapia Cellulare del Diabete, una struttura unica nel suo genere, presso cui sarà possibile eseguire il trapianto di insule pancreatiche, impostosi negli ultimi anni come una potenziale “cura” per i pazienti con diabete di tipo 1, i quali non avrebbero così più bisogno di ricorrere alle iniezioni di insulina. “Questa procedura prevede il prelievo delle cellule del pancreas in grado di produrre l’insulina da un donatore deceduto”, spiega Lucrezia Furian, professoressa associata di Chirurgia e Responsabile del Progetto Centro per la Terapia Cellulare del Diabete di Padova. “Tali cellule vengono successivamente isolate, purificate e, infine, infuse nel fegato del paziente diabetico. In questo modo si realizza una cura funzionale del diabete, utilizzando solamente le cellule adibite alla produzione dell’insulina”.

Nel 1965 l’esame bioptico dei campioni di tessuto pancreatico ottenuti da alcuni pazienti deceduti a causa di una forma di diabete ad insorgenza precoce fu fondamentale per comprendere che esistono due tipi di diabete, quello di tipo 2, la cui patogenesi si ritrova nei meccanismi di insulino-resistenza, e quello di tipo 1, scatenato dalla distruzione autoimmune delle cellule beta. Pertanto, il trapianto di insule pancreatiche è divenuto un’importante opzione per rimpiazzare le cellule distrutte dal sistema immunitario e riavviare la produzione di insulina. “A differenza del trapianto di pancreas che si effettua in anestesia generale e prevede di praticare un’incisione sull’addome del paziente al fine di collocare un nuovo organo nella cavità addominale, il trapianto di insule pancreatiche è un’infusione di cellule, simile a quella che si realizza nel trapianto di midollo”, continua la prof.ssa Furian, anche chirurgo dell’U.O.C. di Chirurgia dei Trapianti di Rene e Pancreas presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Padova. “Tali cellule non possono essere infuse per via endovenosa come se fossero un farmaco altrimenti sarebbero presto disperse ed eliminate, pertanto vengono iniettate in un ramo della vena porta e immesse nel circolo sanguigno che conduce al fegato. In questo modo si attaccano alle pareti dei sinusoidi epatici e si collocano all’interno del fegato”. La procedura di posizionamento del catetere viene eseguita sotto controllo radiologico pertanto l’infusione deve essere effettuata in centri specializzati, dotati della possibilità di svolgere interventi chirurgici e di radiologia interventistica. Proprio come quello sorto recentemente a Padova, l’unico nel Nord-Est d’Italia.

LA PRATICA CLINICA

Entro l’anno in corso avremo modo di realizzare il primo trapianto standard di insule pancreatiche su un paziente adulto con terapia di immunosoppressione”, aggiunge Furian. “Siamo in attesa dell’autorizzazione da parte della Regione e dell’accreditamento del Centro Nazionale Trapianti, che dovrebbero giungere entro la prima metà del 2022. Inoltre, entro il 2025 puntiamo ad effettuare il primo trapianto di insule microincapsulate, una procedura ancora più avanzata in seguito alla quale i pazienti non avranno nemmeno bisogno di sottoporsi alla terapia immunosoppressiva”. 

Infatti, il trapianto standard di insule pancreatiche - già riconosciuto dal Servizio Sanitario Nazionale - è oggi rivolto principalmente a quelle persone nelle quali il rischio di sottoporsi alla terapia immunosoppressiva supera la pratica di continuare una terapia a base di insulina. “A dispetto dell’ottimizzazione del trattamento, alcuni pazienti con diabete di tipo 1 continuano a essere vittime di episodi di iper- o ipoglicemia”, prosegue Furian. “Questi ultimi sono particolarmente pericolosi perché non avvertiti dal diabetico che può così andare incontro a una perdita di conoscenza anche durante le normali attività quotidiane o, peggio ancora, nel sonno. Sono situazioni di rischio per la vita del paziente. Per queste persone è più vantaggioso affrontare la terapia immunosoppressiva piuttosto che proseguire la terapia insulinica”. Si tratta per lo più di individui giovani o di adulti fino ai 60-65 anni che convivono da anni con un diabete di difficile controllo: per loro il trapianto standard di insule pancreatiche è una grossa opportunità di liberarsi dal peso della malattia.

“Invece, il trapianto di insule pancreatiche microincapsulate cambierà profondamente il profilo del paziente candidato perché non necessitando della terapia immunosoppressiva potrà essere rivolto a tutti i diabetici insulino-dipendenti”, spiega l’esperta padovana. “Le cellule microincapsulate saranno somministrate non più attraverso la vena porta, dal momento che raggiungono dimensioni maggiori e provocherebbero delle trombosi nel circuito microvascolare epatico. Pertanto si procederà per via laparoscopica, impiantandole nella cavità peritoneale dove potranno crescere e produrre l’insulina necessaria all’organismo per il controllo dei livelli di zucchero”. 

STUDIO CLINICO E PROSPETTIVE FUTURE 

È in fase di completamento il protocollo che i ricercatori guidati dalla prof.ssa Furian intendono sottoporre all’Istituto Superiore di Sanità per avviare l’attività di trapianto presso il nuovo Centro. Per quello che riguarda le cellule microincapsulate sarà predisposto l’avvio di uno studio clinico volto a valutare anche la durata dell’effetto prodotto.

“I dati ricavati dal modello animale indicano che le cellule sono ancora vitali a sei mesi dal trapianto a testimonianza che il polimero usato per l’incapsulamento regge bene nel tempo, pertanto, se non si osserva la formazione di fibrosi o non si verifica una danneggiamento è ragionevole pensare che esse possano durare nel tempo. Tuttavia occorre confermare il dato all’interno di un trial clinico”, conclude Furian. “Sia il trapianto standard di insule pancreatiche che quello a base di cellule microincapsulate sono esempi di terapie cellulari di ultima generazione, capaci di garantire una medicina personalizzata altamente efficace. Ciò non significa che perda di validità il trapianto di pancreas, con cui il controllo glicemico è prolungato nel tempo. Ma ampliando il ventaglio delle opportunità di intervento diventa possibile offrire la terapia più consona al profilo e alle esigenze del paziente”.

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