Uno studio dell’Università di Modena e Reggio Emilia punta alle terapie avanzate per tentare di ridurre la resistenza ai farmaci tipica di questo aggressivo tumore
È una delle forme tumorali più temibili, perché tende a farsi scoprire tardi quando la situazione generale del malato è gravemente compromessa, fino ad oggi non sono stati identificati marcatori affidabili di malattia, infine, la resistenza ai farmaci limita il successo dei trattamento clinici. Stiamo parlando del tumore del pancreas. Un gruppo di ricerca dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia (UniMoRe) sta valutando di abbinare una terapia cellulare, che prevede la manipolazione genetica delle cellule, alla chemioterapia per sondare un punto debole dell’adenocarcinoma duttale pancreatico e offrire future speranze ai malati. I primi risultati del loro studio sono stati pubblicati ad agosto sulla rivista scientifica Cell Report Medicine.
Il progetto di ricerca nasce all’interno dei Laboratori di Terapie Cellulari del Policlinico di Modena diretti da Massimo Dominici - professore di Oncologia presso l’Ateneo di Modena e Reggio Emilia (UniMoRe) e Direttore della Struttura Complessa di Oncologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena - ed è stato guidato dalla dott.ssa Giulia Grisendi, biotecnologa e ricercatrice presso il polo di studi emiliano. Oggetto dello studio è la produzione della proteina TRAIL, generalmente capace di dare avvio a processi di apoptosi in risposta alla proliferazione del tumore.
Purtroppo, non sono attualmente disponibili marcatori sierologici specifici in grado di evidenziare con sufficiente precisione la presenza del tumore al pancreas che, di conseguenza, tende a esser identificato solo nelle fasi tardive; di fatti, appaiono piuttosto generici anche i sintomi che si accompagnano alla diagnosi - dolori alla parte superiore dell’addome, nausea, calo ponderale e perdita di appetito. I numeri associati al tumore del pancreas fanno capire senza ombra di dubbio che tipo di malattia sia questa: quasi 8 pazienti su 10 ricevono la diagnosi in fase già avanzata e la sopravvivenza a 5 anni è ben al di sotto della soglia del 10%. Uno dei principali nodi legato all’adenocarcinoma del pancreas è la mancanza di terapie specifiche: la resezione chirurgica - laddove possibile - è la prima scelta abbinata alla chemioterapia adiuvante o neoadiuvante, mentre approcci radiochemioterapici e chemioterapici sono previsti nelle forme più avanzate e metastatiche. A rendere la prognosi di malattia così infausta è anche la resistenza ai trattamenti che si osserva nella gran parte delle situazioni e di cui i ricercatori stanno cercando di rivelare il meccanismo alla base.
“Il nostro gruppo di ricerca si è chiesto quale sia il motivo di questi ancora insoddisfacenti risultati clinici, interrogandosi se l’insuccesso delle attuali terapie possa essere imputabile al fatto che le cure ad oggi approvate hanno considerato come bersaglio esclusivo solo le cellule tumorali”, affermano il professor Dominici e la dottoressa Grisendi in un comunicato stampa diffuso dall’università. “Tuttavia, è noto che la complessità del tumore del pancreas riguarda anche la presenza di numerose cellule di supporto - dette stromali - che, sebbene non completamente tumorali, sono un costante aiuto alla crescita tumorale ed alla capacità di difendersi dai trattamenti. Quindi abbiamo scommesso sul fatto che nuovi trattamenti debbano necessariamente danneggiare fino ad eliminarle anche queste abbondanti cellule stromali oltre che il tumore in sé”.
Un approccio che ha portato sotto l’obiettivo la proteina TRAIL, nota per essere dotata di un marcato effetto antitumorale. È stato quindi messo a punto un sistema di produzione di TRAIL a partire dalle cellule staminali/stromali mesenchimali ottenute dal tessuto adiposo. Tali cellule - modificate geneticamente per esprimere la proteina TRAIL - sono state sostituite alle cellule stromali del tumore, in maniera tale da favorire il rilascio della proteina e “indebolire” le difese del tumore. Ma trattandosi di una neoplasia particolarmente resistente ai farmaci, i ricercatori hanno pensato di muoversi su due fronti: da un lato cercando di ridurne le difese e dall’altro portando un attacco diretto alle cellule neoplastiche, abbinando a questo approccio la somministrazione di un agente chemioterapico, la gemcitabina, farmaco efficace e con un profilo di tossicità ben tollerato.
Per verificare la validità del loro studio i ricercatori hanno creato diversi modelli tridimensionali del cancro pancreatico umano, in grado di riprodurre le principali alterazioni e interazioni tra le cellule maligne e quelle sane, e li hanno sottoposti al trattamento con la combo terapia cellulare e chemioterapia. “Abbiamo scoperto che la combinazione di cellule stromali da grasso secernenti TRAIL e gemcitabina colpiva sia le cellule tumorali (anche le più aggressive) sia le cellule stromali alternandone anche le capacità supportive per la crescita tumorale grazie anche ad un profondo impatto in ancora inesplorati meccanismi molecolari”, precisa la dottoressa Grisendi, aggiungendo come in due diversi modelli animali di cancro pancreatico, sia stata ulteriormente validata la capacità della combinazione nel ridurre significativamente la massa tumorale indicando anche una riduzione delle metastasi a distanza.
È un lavoro estremamente interessante a cui hanno partecipato numerosi specialisti oncologi, chirurghi e anatomo-patologi, a testimonianza della necessità di sviluppare approcci multidisciplinari che colleghino anche istituti differenti: il progetto ha visto la collaborazione di studiosi dell’Università di Bologna, dell’IRCCS Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna, del Tecnopolo “Mario Veronesi” di Mirandola, dell’Istituto di Genetica Molecolare “Cavalli-Sforza” del CNR di Bologna e della Emory University School of Medicine (Atlanta, USA).
Al momento si tratta di un progetto in fase preclinica, ma gli studiosi si stanno adoperando per far partire una prima fase di ricerca clinica per la verifica della tollerabilità e della sicurezza. Il tumore del pancreas è uno di quelli da cui maggiormente ci si aspetta che combinazioni di approcci di terapia classica e avanzata possano produrre risultati concreti e cambiare così il futuro percorso terapeutico. Le attese per ricerche come questa rimangono altissime.