Giulio Pompilio

A fare i conti è uno studio americano aggiornato a dicembre 2018. L’Europa è in testa per il numero di nuove approvazioni; prodotti con maggiore facilità di immissione sul mercato sono quelli che si sviluppano a partire dalla cellule del paziente.

Tutti i giorni centinaia di testate scientifiche e divulgative pubblicano notizie sullo stato di avanzamento di qualche terapia genica o cellulare o di qualche nuovo prodotto sbocciato dall’incontro di tanti cervelli nel campo della medicina rigenerativa. Così distribuiti questi aggiornamenti trasmettono la chiara sensazione che la ricerca scientifica sia in continuo movimento, riflettendo peraltro la realtà delle cose. Le nuove terapie – etichettate come ATMP, Advanced Therapy Medicinal Product, letteralmente “prodotto medicinale di terapie avanzate” - sono un insieme in continuo aggiornamento che si adatta in maniera diversa alle norme delle agenzie regolatorie e ai sistemi sanitari nazionali, diversi da Paese a Paese.

Ecco perché la prof.ssa Vaishali Shukla, della Chapman University School of Pharmacy (Irvine, USA), insieme al suo team di studio, ha condotto un’approfondita ricerca - pubblicata sulla rivista Human Gene Therapy Clinical Development - su tutte le terapie geniche, cellulari e sui prodotti d’ingegneria tissutale immessi sul mercato a partire dal 2001, cercando di offrire una fotografia completa di tutti i nuovi ritrovati della ricerca passati sotto la lente d’ingrandimento delle autorità regolatorie. Una carta d’identità completa ed aggiornata che include un confronto dei costi - molti diversi da Paese a Paese - e che conferma, qualora ve ne fosse ancora bisogno, come stia sensibilmente aumentando il tasso di produzione di queste terapie avanzate, che non sono solo farmaci ma spesso il connubio tra nuove tecnologie e le cellule stesse dei pazienti.

Secondo gli autori - che esaminano le caratteristiche dell’approvazione, le eventuali sospensioni e i costi di tutti i prodotti per terapia cellulare e genica approvati nel mondo - alla data del 31 dicembre 2018, erano 52 le terapie avanzate note (18 terapie cellulari, 23 prodotti di ingegneria tissutale e 12 terapie geniche) con 69 processi di autorizzazione all’immissione in commercio (21 terapie cellulari, 26 prodotti di ingegneria tissutale e 22 terapie geniche). Sono numeri che impressionano se si considera che la stragrande maggioranza di esse è stata sviluppata soltanto negli ultimi nove anni. Il primo Paese che, prima del 2009, ha acceso la luce verde alla terapia cellulare, è stata la Corea del Sud. Successivamente le prime approvazioni per le terapie avanzate di questo tipo sono arrivate anche in Europa con il primo prodotto di medicina rigenerativa approvato, nel 2015, e ancora oggi in commercio sotto il “marchio made in Italy” per il trattamento del deficit di tessuto limbare corneale. La Cina è stato il primo Paese ad aprire le sue porte ad una terapia genica (si trattava di un terapia per i tumori della testa e del collo autorizzata nel 2003). L’Unione Europea è giunta a questo traguardo nove anni dopo, nel 2012, ma al momento è in testa per numero di nuove approvazioni, mentre la prima terapia genica ad essere autorizzata negli Stati Uniti risale al 2015 e oggi più della metà delle terapie approvate oltre oceano sono rivolte al cancro.

Sono 13 le terapie avanzate che sono state approvate dall’EMA in Europa tra il 2009 e il 2018, di cui quattro sono state successivamente ritirate dal commercio. E proprio lo scorso giugno è arrivata l’autorizzazione per la quattordicesima terapia avanzata, una terapia genica. Il rapido recupero dell’Unione Europea si spiega con il fatto che quest’area è composta da 28 Paesi che comprendono Italia, Francia, Germania e Regno Unito, in cui lo sviluppo di terapie avanzate risulta particolarmente florido. In aggiunta, la conformazione politica dell’Unione Europea è utile per spigare come esistano differenze nei criteri di giudizio emessi dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) rispetto alla Food and Drug Administration (FDA) o alla JPMDA (Japanese Pharmaceuticals and Medical Devices Agency) nei confronti di prodotti di terapia genica e cellulare. Questo anche perché la popolazione di riferimento è diversa e l’incidenza e la prevalenza di tumori e malattie variano notevolmente. Tra i prodotti di terapia cellulare, quelli la cui origine è autologa (ovvero che vengono sviluppati usando le cellule del paziente stesso) hanno una più alta probabilità di ottenere l’approvazione e questo perché si punta con crescente entusiasmo verso una terapia che possa trovare impiego in maniera universale ed efficiente.

L’indagine condotta dai ricercatori americani si è rivolta anche alle differenze in termini di prezzo che sussistono tra i vari Paesi, sia per quanto riguarda la terapia genica che la terapia cellulare. I costi, infatti, risultano molto più alti in Europa e nel Nord-America rispetto al continente asiatico. I prezzi delle terapie cellulari allogeniche confrontati variano da 2.150 dollari (India) a 200.000 dollari (Canada). Quelli delle terapie cellulari autologhe, invece, variano dai 61.500 dollari del regno Unito ai 169.206 degli Stati Uniti. Per quanto riguarda i costi dei prodotti di medicina rigenerativa si va dai 400 dollari della Corea del Sud ai 123.154 del Giappone. Per quel che riguarda la terapia genica i costi salgono notevolmente, variando dai circa 5000 dollari della Corea del Sud a cifre che superano il milione in Germania. Lo studio fa anche notare come i tempi di sviluppo allungati, le diverse normative e le differenze in termini di prezzo da un Paese all’altro possono contribuire alla nascita di un mercato illegale in cui l’offerta di terapie geniche a basso costo può costituire un pericolosissimo fattore di rischio per la popolazione. Inoltre, i prezzi alti e i margini di sicurezza non sempre ben definiti possono rappresentare un ostacolo duro da superare sulla strada del rimborso delle terapie da parte dei sistemi sanitari. Va anche detto che la gran parte delle terapie geniche ha ricevuto la designazione orfana, designazione che viene data a quelle terapie che sono dedicate a malattie rare, rispetto a solo circa un quarto delle terapie cellulari, con un rimborso più alto rispetto a quelle usate per patologie più comuni.

Il panorama è, dunque, estremamente frastagliato e la conclusione a cui sembra che i ricercatori siano giunti è che i sistemi sanitari internazionali non siano ancora del tutto pronti a gestire l’avvento di queste nuove terapie avanzate. È essenziale lavorare senza sosta nella direzione della creazione di nuove competenze su tale categoria di prodotti medicinali - perché seppur composti in parte da cellule del paziente sempre di farmaci si tratta - mantenendo vivo il dialogo con le agenzie regolatorie e tutti gli stakeholder coinvolti nello sviluppo delle terapie, tra cui gli istituti di ricerca e le aziende, al fine di indagare tutti i possibili buchi nella sicurezza dei trattamenti e, parallelamente, individuare con crescente specificità e accuratezza i gruppi di malati che meglio possono beneficiare dal loro impiego.

“In ultima analisi - commenta Giulio Pompilio, ViceDirettore Scientifico del Centro Cardiologico Monzino IRCCS e Delegato Alternate per l’Italia al CAT (Committe for Advanced Therapies) dell’EMA - è fondamentale lavorare sui prezzi e sulle infrastrutture, facendo in modo che queste terapie siano sostenibili e accessibili per tutti, onde evitare che costi elevati o una logistica insufficiente possano determinare l’impraticabilità di accesso a questi nuovi promettenti ritrovati biotecnologici”.

 

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