Coordinato dall’Università degli Studi di Trieste, il progetto RESCUE riunisce esperti nazionali e internazionali di rigenerazione cardiaca e neoangiogenesi
“È il mio cuore il paese più straziato”. In questo verso di San Martino, Giuseppe Ungaretti concentra l’enorme dolore per la perdita di molti amici durante il primo conflitto mondiale e, al contempo, ne celebra il ricordo. Il cuore è l’organo che per eccellenza incarna i nostri sentimenti e il suo battito è associato alla vita. È un muscolo speciale su cui i ricercatori stanno svolgendo estese ricerche, compresi studi di terapia cellulare e di terapie basate sull’RNA, con l’obiettivo di rigenerare le cellule cardiache e poterle così “riparare” dopo eventi traumatici come un infarto. Tra i tanti e vari progetti c’è quello della prof.ssa Serena Zacchigna, Direttrice del Laboratorio di Biologia Cardiovascolare dell’ICGEB (Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologie), ne abbiamo parlato con lei in occasione della Giornata Mondiale per il cuore (World Heart Day) che si celebra il 29 settembre.
In Italia ogni anno si contano fino 230 mila decessi provocati da patologie cardiovascolari - infarto acuto del miocardio, scompenso cardiaco, ictus - con una preoccupante impennata dei casi tra le fasce più giovani di età. Ciò non solo riporta all’urgenza di adottare stili di vita - alimentazione sana, esercizio fisico regolare e rinuncia al fumo di sigaretta - per promuovere la salute del cuore, ma incita i ricercatori a cercare nuove strategie per rigenerare il tessuto cardiaco danneggiato. Sviluppare una terapia con questa finalità è l’obiettivo di RESCUE, il progetto di ricerca coordinato da Serena Zacchigna e finanziato con circa 1,5 milioni di euro dal programma europeo ERA4Health - che promuove la collaborazione tra diversi enti di ricerca europei e internazionali - dal Ministero dell’Università e della Ricerca e dal Ministero della Salute.
“Lo scopo di RESCUE (Bridging the gap between cardiac regeneration and revascularization) è quello di riunire esperti nel campo della rigenerazione del muscolo cardiaco e della neoangiogenesi, cioè del processo di formazione di nuovi vasi sanguigni”, precisa Zacchigna, professoressa di Biologia Molecolare presso il Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute dell’Università degli Studi di Trieste. “Negli anni questi due filoni di ricerca sono progrediti su binari paralleli ma entrambi i processi - la rigenerazione delle cellule e la formazione di nuovi vasi sanguigni - svolgono un ruolo essenziale nel ripristino della funzionalità di un cuore danneggiato, ad esempio dopo un infarto del miocardio”. Infatti, sebbene alcuni studi indichino che negli anni il numero degli infarti del miocardio stia diminuendo, il totale dei decessi è ancora spaventosamente alto. “Mettendo insieme esperti di entrambe le categorie puntiamo a sviluppare un nuovo farmaco a RNA che contenga due principi attivi”, prosegue Zacchigna. “Da una parte delle molecole con cui promuovere la formazione di nuovo muscolo cardiaco, e dall’altra molecole in grado di stimolare la creazione di nuovi vasi sanguigni”.
Il coordinamento dei lavori è affidato all’Università di Trieste, in collaborazione con il gruppo di studio del professor Giulio Pompilio presso l’IRCCS Centro Cardiologico Monzino. La rigenerazione dei cardiomiociti è, infatti, protagonista di un ulteriore progetto di ricerca in corso all’interno dei laboratori del Monzino sotto la supervisione di Paola Cattaneo (ne abbiamo parlato qui). “I due progetti presentano svariati punti in comune ma, rispetto a quello della professoressa Cattaneo, il nostro mira a soppesare il contributo dello stimolo angiogenetico, esplorando anche l’ipotesi che possa non essere necessario dal momento che la sola proliferazione dei cardiomiociti potrebbe innescare la produzione dei nuovi vasi sanguigni”, puntualizza Zacchigna. “Infatti, seguiamo due strade: nella prima ci limitiamo a rigenerare il muscolo - i vasi si formeranno di conseguenza - mentre nella seconda consideriamo un secondo innesco per creare vene e arterie che portino sangue e nutrienti al cuore”.
In una serie di dati preliminari, infatti, i ricercatori hanno registrato l’invio di segnali inibitori verso la formazione di nuovi vasi sanguigni nell’endotelio da parte dei cardiomiociti adulti, perciò occorre che questi si trovino in una fase “precoce” del loro percorso di differenziamento affinché si formino i vasi. “Si ipotizza che, quando si forma nuovo muscolo cardiaco, siano i cardiomiociti giovani a promuovere la formazione dei vasi sanguigni”, continua l’esperta. “Pertanto, diventa centrale indagare a fondo il meccanismo di differenziazione e proliferazione dei cardiomiociti”.
Oltre al polo di ricerca triestino e all’istituto lombardo, il progetto RESCUE si avvale della collaborazione di un certo numero di partner internazionali, tra cui il Centro Nazionale per la Ricerca Cardiovascolare di Madrid, l’Università di Utrecht, l’Università Lokman Hekim di Ankara e l’Accademia Slovacca delle Scienze. Ognuno di essi mette in comune le proprie competenze per cercare e validare combinazioni di molecole che promuovano sia la formazione di cardiomiociti che quella di arteriole e capillari. Inoltre, è previsto il supporto dell’associazione di pazienti PLN Foundation, investita del delicato ruolo di educare e sensibilizzare pazienti e caregiver sulle nuove terapie a RNA. “Ognuno dei partner del progetto sta già studiando, individualmente, le molecole candidate alla rigenerazione cardiaca”, precisa Zacchigna, citando l’esempio dei colleghi olandesi che hanno identificato alcune molecole, espresse in condizioni di scarico meccanico del cuore [cioè in caso di impianto di un VAD cardiaco: una pompa in grado di ripristinare la funzione cardiaca nei pazienti affetti da grave scompenso, N.d.r.], che potrebbero essere trasformate in farmaci pro-rigenerativi. “Poi ce ne sono altre candidate a far crescere i nuovi vasi. Tutte queste molecole di RNA saranno incluse dentro speciali nanoparticelle lipidiche di nostra progettazione e veicolate dentro le cellule cardiache”.
È un approccio del tutto nuovo dal momento che ancora non esistono trattamenti in grado di favorire la riparazione delle cellule cardiache. “Entro il prossimo anno puntiamo ad aver ottenuto una selezione delle molecole candidate, da valutare nei modelli in vitro”, conclude Zacchigna. “Successivamente, nell’ultima fase del progetto ci dedicheremo alla validazione in vivo delle terapie”. Con l’obiettivo di giungere al più presto a un traguardo che, seppur non potrà guarire le cicatrici psicologiche del cuore, potrà tentare di porre rimedio a quelle fisiche, conseguenza di patologie che ogni anno ancora mietono migliaia di vittime.