Tra le diverse terapie avanzate e di precisione, la terapia genica è una delle prime ad essere state ideate e ha l’obiettivo di trattare una patologia mirando direttamente alle sue basi genetiche. Il concetto base di questa strategia terapeutica è di fornire all’organismo una copia corretta del gene difettoso o un altro gene che possa compensarne il malfunzionamento nelle cellule colpite dalla malattia.
Esistono due principali modalità di somministrazione per la terapia genica:
Per veicolare il “gene terapeutico” all’interno delle cellule o dell’organismo si utilizzano generalmente dei vettori virali: ad oggi i più utilizzati sono i vettori virali adeno-associati (AAV).
Il potenziale della terapia genica è di enorme portata poiché potrebbe rappresentare una cura per tutta una serie di gravissime malattie per cui oggi non esistono valide opzioni terapeutiche o che richiedono terapie croniche. Ad oggi la ricerca nell’ambito della terapia genica spazia dalle malattie genetiche, in particolar modo quelle rare, al cancro, passando per le malattie autoimmuni e le malattie infettive.
Il concetto di terapia genica nasce alla fine degli anni ‘80 con le nuove tecniche del DNA ricombinante che permettono di costruire pezzi di DNA contenenti sequenze geniche desiderate. Ma è solo negli ultimi anni, con il sequenziamento del genoma e l’avanzare delle biotecnologie, che si sono cominciati a vedere i primi importanti risultati nelle sperimentazioni sull’uomo e le prime terapie geniche autorizzate dall’European Medicines Agency (EMA) in Europa e della Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti. In questo ambito l’Italia ha una posizione di eccellenza a livello internazionale: sono diverse le terapie avanzate frutto di ricerche all'avanguardia "made in Italy".
Lo studio clinico, condotto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, è appena agli inizi e i pazienti affetti da malattia cronica granulomatosa legata all’X (Chronic granulomatous diseaseX-linked, X-GCD) trattati con la nuova terapia genica sono solo nove. Un numero estremamente ridotto ma anche abbastanza comune nel caso di prime fasi di sperimentazioni cliniche nel campo delle malattie rare. I dati preliminari sono comunque incoraggianti: in sei pazienti su nove sono stati ottenuti importanti benefici clinici. Dati che fanno ben sperare per il proseguimento con uno studio clinico su una popolazione più ampia e per la possibilità che la terapia genica un giorno possa sostituire il trapianto di midollo osseo.
Un po’ come un rubinetto che ci permette di regolare il flusso di acqua desiderato, così un gruppo di ricercatori dello Scripps Research in Florida, ha messo a punto un “interruttore molecolare” che, se incorporato nelle terapie geniche, potrebbe permettere di regolarne l’attività. La ricerca preclinica, pubblicata lo scorso dicembre su Nature Biotechnology, è stata condotta su modelli animali e ha fornito risultati positivi, che se confermati in ulteriori studi potrebbero offrire la prima soluzione per regolare la dose dei geni terapeutici. Risolvendo cosi un problema di sicurezza che finora ha limitato la diffusione di nuove terapie geniche.
LentiGlobin, la terapia genica per la β-talassemia trasfusione-dipendente (TDT), debutta in Europa dove il numero di pazienti talassemici è di gran lunga maggiore rispetto agli Stati Uniti. Dopo la sua autorizzazione all’immissione in commercio da parte della Commissione europea, avvenuta lo scorso giugno, la Germania è il primo Paese a rendere questa terapia disponibile ai pazienti. A chi si chiede come abbia fatto ad avere questo primato, Susanne Digel, General Manager di bluebird bio Germania (azienda che ha sviluppato LentiGlobin, con il nome commerciale Zynteglo) risponde che “il Paese ha in atto una valutazione delle tecnologie sanitarie (HTA, Health Technology Assessment) e un processo di rimborso favorevole all’innovazione. Permette il rimborso - spiega – mentre le valutazioni del valore e le trattative sui prezzi avvengono nel primo anno sul mercato”.
Da anni ormai si parla di terapia genica per sconfiggere, per lo più, malattie incurabili ed ereditarie, come l’ADA-SCID (la prima malattia ad essere trattata in Europa con questo approccio) o la beta-talassemia, l’ultima in ordine di tempo a ricevere l’approvazione per un trattamento di questo tipo. Quello che invece risulta essere una vera e propria novità nel campo delle terapie avanzate è la cura della dipendenza da sostanze d’abuso, in particolare la cocaina in particolare. L’idea è portata avanti da un gruppo di ricercatori della Mayo Clinic di Rochester nel Minnesota (USA), il cui obiettivo è raggiungere l’approvazione, da parte della Food and drug administration (FDA) statunitense, per una prima sperimentazione clinica in pazienti con abuso di cocaina. Obiettivo che sembra più vicino dopo il recente studio pubblicato su Human Gene Therapy.
Ieri è stata firmata la convenzione tra l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e Holostem per la realizzazione di una nuova area di Dermatologia al Policlinico, dedicata ai pazienti affetti da epidermolisi bollosa (EB) e alla diagnosi e gestione dei tumori della pelle, che spesso colpiscono i cosiddetti “bambini farfalla”. Grazie al milione di euro investiti sul progetto, entro la fine del 2020 verrà realizzato l’EB HUB, un centro unico nel suo genere che ha l’obiettivo di essere il luogo di riferimento per i pazienti EB di tutto il mondo e di fungere da punto d’incontro tra diagnosi, ricerca, assistenza e terapie avanzate per la EB.
L’idea di inserire nelle cellule una copia del gene “sano” per ovviare alle conseguenze di una mutazione patogena risale agli anni ’70, ma la prima terapia genica è stata approvata solo nel 2003 in Cina (Gendicine), dopo più di 30 anni di successi e sconfitte nella ricerca. Da allora le cose si sono velocizzate: in Europa la prima autorizzazione risale al 2012 e, ad oggi, sono 6 le terapie geniche approvate nel vecchio continente. Diverse sono le aziende farmaceutiche e biotecnologiche che si sono impegnate in prima linea nella ricerca e nello sviluppo delle terapie avanzate. Tra queste anche Pfizer, Marianne Rodger - Direttore Malattie Rare Pfizer Italia - ci racconta l’impegno dell’azienda in questo rivoluzionario campo biomedico.
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