Un nuovo protocollo di somministrazione della terapia, sperimentato su modelli animali, ha mostrato buoni risultati di sicurezza e di efficacia con un’attenuazione dei sintomi della patologia. Lo studio è stato pubblicato su Science Translational Medicine.
Grazie alla terapia genica diventa più concreta la possibilità di trattare i pazienti affetti dalla malattia di Niemann-Pick, una patologia lisosomiale. Le malattie lisosomiali sono causate da un’alterazione delle funzioni dei lisosomi, gli organuli deputati alla degradazione e al riciclo dei materiali prodotti dal metabolismo cellulare. In particolare, la malattia di Niemann-Pick è caratterizzata dall’accumulo di sfingomielina (un lipide che compone la mielina, il rivestimento che ricopre gli assoni delle cellule nervose) e altri metaboliti in diversi organi del corpo causato dalla mancanza dell’enzima sfingomielinasi acida. Di questa rara patologia, a trasmissione autosomica recessiva, esistono due forme: la A e la B. La variante A (NPD-A) è la più comune e insorge intorno ai 6 mesi di vita con alterazioni del sistema nervoso e aumento del volume della milza (splenomegalia), progredendo con rapidità e conducendo i piccoli pazienti ad una morte prematura già entro i 5 anni.
Una cura per la Niemann-Pick di tipo A ancora non esiste ma in uno studio apparso ad agosto sulla rivista Science Translational Medicine sono stati riportati dati che spingono a pensare che l’etichetta “incurabile” possa essere in futuro cancellata. È vero che la terapia di sostituzione enzimatica ha dato buoni frutti, in quanto la somministrazione dell’enzima mancante - che agisce scomponendo e metabolizzando la sfingomielina - riesce a evitare l’accumulo del lipide che causa i gravi sintomi della malattia di Niemann-Pick. Tuttavia, contro la forma di tipo A, particolarmente aggressiva e precoce, la terapia di sostituzione enzimatica non ha sortito gli effetti sperati. Nei casi più gravi si è arrivati a considerare il trapianto di midollo ma, specie negli ultimi anni, l’avvento della terapia genica ha indirizzato gli scienziati verso una possibile opzione terapeutica. Purtroppo, i benefici di questa forma di terapia sono spesso limitati al sito di somministrazione dei vettori virali - scelti per trasportare le copie del gene mancante o difettoso - o alle aree circostanti.
Il principio in base al quale funziona una terapia genica sta cominciando a diventare chiaro anche a chi, fino a poco tempo fa, ignorava completamente l’esistenza di queste terapie avanzate. E lo stesso si può affermare per CRISPR e le terapie CAR-T. Ciò che rimane da capire è quale sia, fisicamente, il sito d’ingresso ideale per questi farmaci innovativi. Naturalmente esso varierà a seconda dell’organo colpito e del tipo di patologia ma, attualmente, è una delle più aspre criticità con cui medici e ricercatori si trovano a dover fare i conti.
L’équipe internazionale di ricerca, coordinata dal prof. Krystof S. Bankiewicz, dell’Ohio State University College of Medicine, ha realizzato un costrutto formato da un vettore virale adeno-associato (AAV9) in grado di trasportare all’intero delle cellule una copia dell’enzima ricombinante umano sfingomielinasi acida (hASM). Fornendo l’enzima la malattia potrebbe essere “curata” ma, ancora una volta, la realtà è più complessa di come appare. Infatti, la parte più delicata dello studio è consistita nell’individuare il sito d’iniezione migliore per il costrutto AAV9-hASM. Per questo gli studiosi si sono affidati a diversi modelli animali, dai primati ai murini: l’iniezione della terapia genica alla base del cervello - nella cosiddetta cisterna cerebello-midollare - dei primati non ha prodotto effetti collaterali. Non sono state riscontrate tracce di tossicità a tre mesi dall’iniezione e le analisi immunoistichimiche di controllo hanno rivelato un’ottima espressione del gene nel cervello e nel midollo spinale, danneggiati dalla malattia. Nell’arco di tre mesi la quantità di sfingomielina accumulatasi si è abbassata con un notevole miglioramento della sintomatologia. Era importante verificare se la terapia genica somministrata suscitasse una risposta immunitaria grave ma, in questo caso, l’assenza di una reazione del sistema immunitario ha confermato la sicurezza della strategia terapeutica.
A questo punto, per verificare l’efficacia della terapia genica i ricercatori hanno realizzato un modello murino nel quale sono state ricreate le stesse condizioni con cui la malattia si presenta nell’uomo. Anche in questo caso il sito di somministrazione scelto si è rivelato vincente: l’efficacia nel fluido cerebrospinale e nei lobi anteriori del cervello è stata confermata e anche il danno epatico sembra ridotto (ad indicare che la terapia funziona non solo localmente ma anche a livello sistemico, ovvero nell’intero organismo). Diversamente da un’iniezione direttamente nel cervello, l’iniezione del costrutto AAV9-hASM nella cisterna, piena di liquido cefalorachidiano, non causa infiammazione e non produce effetti collaterali. La ricerca di Bankiewicz e dei suoi colleghi ha dimostrato che se somministrata a livello della cisterna cerebello-midollare la terapia si rivela non solo efficace ma anche sicura e non causa i deleteri effetti osservati con iniezione direttamente nel cervello.
Efficacia confermata, senza danni collaterali. Un successo che apre nuovi orizzonti per i pazienti. “Questa è una ‘dimostrazione di fattibilità’ della terapia genica per questa malattia in modelli animali”, afferma in un’intervista il prof. Bankiewicz. “È un grande balzo avanti nel processo di sviluppo, nel frattempo stiamo lavorando per poter essere in grado di somministrare in sicurezza la terapia a bambini che altrimenti morirebbero entro i 3 anni. Il nostro obiettivo è di tradurre tali entusiasmanti dati in studi clinici sull'uomo presso il Wexner Medical Center dell’Ohio State University entro i prossimi due anni.” La finestra temporale di trattamento dei pazienti con malattia di Niemann-Pick di tipo A è molto ristretta ma i risultati pubblicati dal team di Bankiewicz indicano che la terapia potrebbe essere efficace anche se la malattia ha già iniziato a mostrarsi. Una buona ragione per non perdere tempo e spingere sull’acceleratore.