Forse in futuro il DNA si correggerà direttamente nel feto. Gli studi preclinici ci sono, ma l’applicazione sull’essere umano è ancora precoce e porta con sé diverse questioni etiche
Uno studio pubblicato a luglio su Nature Medicine ha aggiunto un tassello alla ricerca sull’utilizzo delle terapie geniche in utero per correggere i difetti genetici che causano malattie potenzialmente letali per il bambino. I ricercatori del Children’s Hospital di Philadelphia hanno usato l’editing genomico in laboratorio su animali modello per correggere la sindrome di Hurler, la forma più grave della mucopolisaccaridosi di tipo 1, direttamente nel feto. La terapia genica in utero ha il potenziale di trattare alcune malattie prima della nascita. Partendo da questa recente pubblicazione, Osservatorio Terapie Avanzate prova a fare il punto della situazione su questa nuova frontiera della medicina.
Gli ultimi anni hanno visto un incremento nella ricerca e nelle approvazioni delle terapie geniche - tra cui alcune CAR-T (Kymriah, Yescarta e Tescartus), due terapie geniche in vivo (Zolgensma e Luxturna), quattro ex vivo (Zynteglo, Strimvelis, Libmeldy e Skysona) – cellulari e di ingegneria tessutale (Alofisel, Holoclar e Spherox). Si tratta di terapie in grado di trattare malattie molto diverse tra loro, dalle patologie neuromuscolari al cancro, dalla distrofia retinica all’ADA-SCID, dalle ustioni oculari alla beta-talassemia.
Il salto compiuto dalla scienza negli ultimi anni è incredibile e, al di là delle terapie attualmente disponibili, è servito a porre le basi tecniche per lo sviluppo di vettori virali più efficienti ma anche innovativi sistemi di somministrazione (ad esempio le nanoparticelle non virali), di produzione e di trasporto per le terapie avanzate. Inoltre, i progressi nei campi della biologia molecolare e della medicina materno-fetale hanno portato a una migliore caratterizzazione delle mutazioni patogene e alla loro identificazione nel periodo prenatale. Ai progressi nella diagnosi prenatale si aggiungono quelli nelle procedure mediche, che hanno reso gli interventi in gravidanza più sicuri e sempre più disponibili. Lo sviluppo di nuovi vettori di somministrazione terapeutica specifici per il feto è in corso e, insieme alla più ampia accettazione della terapia genica nella pratica clinica, questi progressi ispirano la promessa di correggere le malattie genetiche già prima della nascita.
CORREGGERE IL DNA DIRETTAMENTE NEL FETO
La terapia genica e l’editing genomico in utero attirano grande interesse e potrebbero avere un impatto notevole sul futuro delle malattie genetiche, specialmente quelle monogeniche, ovvero causate da un singolo gene. Sebbene la terapia genica postnatale sia molto promettente, l’intervento prenatale su un feto in via di sviluppo potrebbe cambiare completamente la storia della malattia. È indubbio, infatti, che i progressi nelle terapie di supporto e nella diagnosi abbiano portato a un notevole miglioramento della gestione di molte malattie, ma restano ancora tante le malattie senza alcun trattamento postnatale efficace o che sono pericolose per la vita del bambino fin dalla gravidanza.
L’idea di intervenire in utero permetterebbe di sfruttare le caratteristiche del feto per massimizzare l’effetto della terapia. Fondamentali sono le piccole dimensioni, perché ottimizzerebbero l’efficienza nella somministrazione; ma anche l’immaturità del sistema immunitario, che quindi non limiterebbe l’azione terapeutica. Non va dimenticata la maggiore accessibilità (ad esempio della barriera ematoencefalica) e la proliferazione delle cellule staminali che rende il feto un ottimo candidato per la terapia genica e l’editing genomico in vivo. Infatti, se la correzione viene fatta sulle cellule progenitrici, quelle cioè che danno origine a tutte le altre, il gene terapeutico verrà trasmesso a tutte le generazioni successive di cellule.
LA TERAPIA GENICA IN UTERO
La terapia genica resta la regina delle terapie avanzate, sia per le attuali applicazioni che per le possibilità all’orizzonte. Sono state sviluppate diverse strategie per la terapia genica in utero che si concentrano sulla sostituzione dei geni mancanti o sulla modifica dei prodotti della trascrizione genica. L'elenco delle malattie candidate – tra cui le emoglobinopatie, la fibrosi cistica, le malattie da accumulo lisosomiale, come la mucopolisaccaridosi di tipo 1 – continua a crescere man mano che aumenta la nostra comprensione della loro rispettiva patogenesi a livello molecolare.
Studi multipli in modelli murini e in modelli animali di grandi dimensioni, come ad esempio le pecore, hanno dimostrato la capacità della terapia genica di agire sulle cellule progenitrici di più organi in seguito alla veicolazione del gene di interesse in utero grazie all’utilizzo di vettori virali.
L’EDITING GENOMICO IN UTERO
Se la terapia genica si è focalizzata sulla somministrazione di geni in grado di aggirare il difetto genetico, l’editing genomico – specialmente dopo l’introduzione di CRISPR e di tutte le sue evoluzioni, tra cui il base editing e il prime editing - è andato ancora più lontano: correggendo la mutazione di interesse direttamente sul DNA. La prima applicazione di CRISPR, ancora sperimentale, è stata la terapia CXT001 per l’anemia falciforme e la beta-talassemia, anche se di recente è stata sperimentata una terapia per l’amiloidosi da transtiretina.
Mentre la ricerca sulla terapia genica è in corso da oltre 40 anni, l'avvento della tecnologia di editing del genoma e l'apprezzamento del suo potenziale utilizzo per scopi terapeutici è relativamente recente. Questo è un dato positivo: alcune malattie, infatti, non possono essere corrette semplicemente con l'aggiunta di un gene, ma richiedono la correzione o il silenziamento di un singolo errore.
Il fulcro dell'attuale ricerca con CRISPR per le terapie in utero si basa sulla correzione genetica delle cellule staminali: la loro rapida proliferazione è in grado di avere un impatto decisivo sulla manifestazione dei sintomi dopo la nascita. Tra le patologie su cui si sta facendo ricerca preclinica vi sono le emoglobinopatie e la tirosinemia.
È GIUSTO AGIRE DURANTE LA GRAVIDANZA?
Una delle conseguenze più devastanti dell'avvio prematuro delle terapie geniche in clinica è stata la morte di Jesse Gelsinger, ragazzo statunitense di neanche 20 anni, a causa di una grave reazione avversa. Da questo tragico caso sono emerse diverse preoccupazioni etiche che hanno ribaltato completamente il modo di autorizzare gli studi clinici e di comunicare con i pazienti. Nel caso delle terapie in utero, gli ostacoli all’applicazione clinica includono non solo considerazioni su feto e madre, ma anche in ambito sociale e istituzionale. Indubbiamente sono stati fatti molti progressi, ma sono necessari ulteriori studi per valutare la sicurezza e una serie di considerazioni sulle capacità diagnostiche, sulle competenze del centro per la terapia genica in utero e sui fattori sociali, etici e normativi.
L’applicazione clinica delle terapie geniche in utero richiederà un solido processo di consenso informato in cui vengono presentate tutte le opzioni di trattamento, compresa l'interruzione della gravidanza. Poiché le prime indicazioni saranno molto probabilmente malattie letali nella vita prenatale o postnatale precoce – a cui si aggiunge l’assenza o la limitata efficacia delle terapie disponibili oggi per i bambini nati – la decisione di perseguire la terapia sarà resa più complessa dalla possibilità di aborto, feto nato morto o morte del neonato/bambino. Inoltre, è fondamentale sottolineare che la sicurezza della madre è la priorità assoluta durante qualsiasi procedura fetale.
Gli studi a breve e lungo termine della terapia genica in utero in modelli animali sono incoraggianti per la futura applicazione di queste tecniche, ma per procedere con gli studi clinici devono esserci i dati di sicurezza ed efficacia. Le sperimentazioni dovranno essere condotte in totale trasparenza e senza che possano essere interpretate come selezione genetica. L'applicazione della terapia genica e dell'editing genomico a un feto in via di sviluppo porta con sé considerazioni da non sottovalutare tra cui il rischio di mutazioni non previste, l'interruzione del normale sviluppo e un rischio di alterazione della linea germinale. Oltre a dimostrarsi sicure, queste terapie dovranno offrire vantaggi superiori rispetto alle opzioni di trattamento postnatale. Inoltre, sia le considerazioni scientifiche che quelle etiche si estendono oltre il periodo prenatale: i pazienti andranno monitorati anche dopo la nascita per evidenziare eventuali effetti indesiderati della terapia e rendere prontamente evidente qualsiasi problema di sicurezza.
Nel 2000, il Recombinant DNA Advisory Committee (RAC) dei National Institutes of Health statunitensi ha pubblicato il documento “Prenatal gene tranfer: scientific, medical, and ethical issues: a report of the Recombinant DNA Advisory Committee” sulla ricerca e l’applicazione clinica della terapia genica in utero. Questo “position paper” ha stabilito una specie di codice di condotta per la ricerca preclinica e clinica in questo ambito. Considerando i notevoli progressi nella terapia genica negli ultimi due decenni, la International Fetal Transplantation and Immunology Society (IFeTIS) ha organizzato una tavola rotonda di esperti internazionali al suo incontro annuale del 2018 per considerare le questioni scientifiche, cliniche ed etiche relative alla terapia genica prenatale per il trattamento delle malattie genetiche (qui una pubblicazione delle dichiarazioni). Tra gli obiettivi c’era anche quello di rivisitare le raccomandazioni della RAC - ormai vecchie visto i notevoli progressi nel campo della terapia genica in questi due decenni - esaminando le attuali conoscenze e capacità tecnologiche, oltre a determinare gli ostacoli che devono ancora essere superati per l'applicazione clinica di questo promettente trattamento.
LO STUDIO SULLA SINDROME DI HURLER
Per quanto riguarda lo studio preclinico sulla sindrome di Hurler, da cui siamo partiti, i ricercatori hanno corretto la mutazione responsabile della patologia utilizzando CRISPR veicolato da un vettore virale adeno-associato (AAV). La mucopolisaccaridosi di tipo 1 inizia a manifestarsi prima della nascita – e quindi rappresenta un obiettivo perfetto per la terapia genica in utero - e colpisce più organi, con conseguenze anche fatali nell'infanzia se non trattata. Lo studio ha mostrato che i topi trattati in fase fetale hanno dimostrato, una volta nati, una maggiore sopravvivenza e un miglioramento della malattia metabolica, scheletrica e cardiaca.
Al di là della parte più tecnico-scientifica, trattare una patologia prima della nascita e dell’insorgenza dei sintomi è l’obiettivo finale di questo e di molti altri studi preclinici fatti o in corso. In futuro potrebbero essere trattate le malattie con elevata mortalità nei primi mesi e anni di vita e per le quali non esistono ancora terapie postnatali adeguate. Il potenziale è notevole e le possibili applicazioni sono molteplici: le nuove tecnologie stanno espandendo l’area di impatto di questi farmaci basati su geni e cellule, rivoluzionando il concetto stesso di “cura”.