Linfocita

Pubblicati i buoni risultati di uno studio clinico condotto su 10 bambini affetti da SCID da deficit di Artemide, una rara forma di immunodeficienza. Ma la terapia riuscirà ad arrivare sul mercato?

Per gli antichi greci Artemide era la dea della caccia ed è curioso come siano le mutazioni a danno di Artemis - che significa proprio Artemide - a provocare una rarissima e grave forma di immunodeficienza combinata grave (SCID): i bambini affetti da SCID da deficit di Artemide (ART-SCID) mancano dei linfociti T e B a cui spetta il compito di dare la caccia ai virus o ai batteri che minacciano l’organismo. Essi non sono in grado di combattere le infezioni e rischiano ogni giorno la morte. Una buona notizia è arrivata proprio alla fine del 2022: un gruppo di ricerca dell’Università della California ha pubblicato sulle pagine del New England Journal of Medicine i risultati di una nuova terapia genica ideata per contrastare tale grave forma di immunodeficienza.

Non è la prima volta che una terapia genica ha successo contro una delle condizioni rientranti in questo eterogeneo insieme di malattie, accomunate da difetti funzionali o numerici nei linfociti T e B: l’approvazione nel 2016 della terapia genica per l’ADA-SCID (Strimvelis) - frutto del lavoro dei ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) di Milano – è una pietra miliare in questo campo. Oggi il lavoro del team di ricerca guidato da due professori di pediatria, Morton Cowan e Jennifer Puck, è rivolto contro la SCID da deficit di Artemide.

LA SCID DA DEFICIT DI ARTEMIDE

L’ADA-SCID, caratterizzata dall’assenza dell’enzima Adenosin Deaminasi (ADA) arriva a rappresentare fino al 30% delle immunodeficienze combinate gravi ma esistono forme con incidenza molto più bassa nel mondo. Alcune sono legate al cromosoma X (X-SCID) e altre a geni specifici (SCID da deficit dei geni RAG1 e RAG2, o da deficit di JAK3 o di IL7R). Tra queste ultime forme figura l’ART-SCID, molto diffusa tra le popolazioni Navajo e Apache dell’America del Nord, e provocata da difetti nel gene DCLRE1C che codifica per la proteina Artemis il cui compito è di riparare i filamenti di DNA danneggiati.

Infatti, la formazione dei linfociti T e B comincia con un processo di riarrangiamento dei geni delle immunoglobuline: esso assicura la specificità degli anticorpi e prevede un passaggio - noto come riarrangiamento VDJ (Variable, Diversity, Joining) - che porta a delle versioni linfocitarie ancora immature. Un tale complesso procedimento ha lo scopo di generare la necessaria diversità di antigeni per riconoscere minacce diverse, coinvolgendo geni che provocano una rottura del DNA (RAG1 e RAG2) e altri (DCLRE1C) incaricati di riparare la sequenza che porterà alle forme mature. Pertanto, quando le mutazioni colpiscono questi geni, come nel caso dell’ART-SCID, i linfociti B o T non si formano correttamente e il sistema immunitario rimane privo del suo esercito difensivo.

AProArt: UN VETTORE LENTIVIRALE CON IL GENE CORRETTO

Per certe immunodeficienze il trapianto di midollo osseo da donatore compatibile si è rivelato una buona soluzione di trattamento ma, in mancanza di una compatibilità, le opzioni si riducono drasticamente. È il caso della SCID da deficit di Artemide nella quale i pazienti non rispondono bene al trapianto e sono spesso soggetti all’insorgenza della malattia da trapianto contro l’ospite (GvHD, Graft versus Host Disease). Dal momento che la terapia genica ex-vivo aveva prodotto risultati promettenti nel trattamento di altri tipi di SCID il gruppo di ricerca dell’università statunitense si è concentrato sullo sviluppo di una terapia partendo proprio dal prelievo delle cellule del midollo osseo degli stessi pazienti - una scelta che esclude la possibilità di insorgenza della GvHD. Dopo aver estratto le cellule staminali le hanno modificate facendo ricorso a un vettore lentivirale in grado di veicolare una copia funzionante del gene DCLRE1C e, insieme ad essa, un altro fondamentale frammento genico noto come promotore.

Questo è un punto cruciale perché, come scrive Sung‐Yun Pai in un editoriale di accompagnamento dell’articolo pubblicato sul NEJM, l’utilizzo di tale promotore ha contribuito a una più robusta espressione genica, permettendo la sintesi della proteina Artemis a livelli normali. Praticamente hanno utilizzato il gene “sano” abbinato alle sequenze ad esso vicine che ne permettono il buon funzionamento.

Inoltre, allo scopo di permettere un miglior attecchimento delle cellule, pochi giorni prima dell’infusione i bambini sono stati sottoposti a un regime di condizionamento con Busulfano: un leggero ciclo di chemioterapia per annientare tutte le cellule malate restanti e permettere un miglior innesto nelle nicchie ossee delle staminali modificate.

RISULTATI BEN OLTRE LE ASPETTATIVE

La terapia genica messa a punto dai ricercatori è stata testata in uno studio clinico di Fase I/II che prevede l’arruolamento di 25 bambini colpiti da SCID da deficit di Artemide. L’obiettivo principale dello studio è la sopravvivenza dei piccoli malati ma tra li diverse valutazioni rientrano anche la determinazione della giusta dose di cellule trasdotte, l’incidenza di eventi avversi e la quota di cellule corrette in circolo nel sangue entro le prime settimane dall’infusione.

Dall’inizio dello studio, avviato ufficialmente nel 2018, sono stati trattati dieci bambini e nove di essi sono stati seguiti per un periodo di 12 mesi durante il quale quattro di essi hanno raggiunto un livello soglia di linfociti T normale. Tutti i bambini trattati hanno iniziato a produrre le cellule T e B che prima mancavano, inoltre cinque dei sei di loro che hanno ricevuto la terapia genica da almeno 2 anni dispongono ora di un sistema immunitario correttamente funzionante. Si tratta di un risultato incredibile, accompagnato da un solido profilo di sicurezza della terapia. Saranno necessari altri mesi perché il processo di ricostituzione del sistema immunitario si completi anche nei bambini rimanenti, inoltre per affermare con certezza che la terapia funzioni ed è sicura serviranno ulteriori studi su una più ampia casistica di bambini. Ed è proprio questo il prossimo obiettivo.

PROSPETTIVE A LUNGO TERMINE?

La terapia genica per l’ART-SCID ha già ottenuto la designazione di terapia avanzata per la medicina rigenerativa dalla Food and Drug Administration (FDA) e, sebbene siano in programma studi più approfonditi, si sta già pensando alla commercializzazione. Ma qui cominciano le difficoltà e affiorano i dubbi sulla sostenibilità di terapie avanzate come questa.

Il “caso Strimvelis” , il cui mantenimento sul mercato è a rischio - e di cui abbiamo parlato in diverse occasioni su OTA: qui e qui - e il ritiro dal mercato europeo delle terapie geniche ideate per l’adrenoleucodistrofia cerebrale e per la beta-talassemia, sono un chiaro segnale dell’importante crisi che stanno attraversando le terapie avanzate.

La domanda che sorge spontanea è, dunque, perché continuare a sviluppare costose terapie destinate a pochissimi pazienti in tutto il mondo se poi l’intero sistema farmaceutico-salute non è in grado di supportarle? Come è possibile continuare a permettersi terapie avanzate sempre più innovative che rappresentano, spesso, l’unica opzione terapeutica per gravissime malattie? Ad alcune di queste domande si cercherà di dare una risposta con possibili soluzioni pratiche nel corso del RetreAT, l’ambizioso progetto che Osservatorio Terapie Avanzate porterà avanti da questo inizio di 2023.

Nel frattempo però la ricerca non può arrestarsi poiché il progresso si misura sulla possibilità di realizzare ciò che prima era impensabile e vincere i limiti posti fino a ieri. Anche se ciò volesse dire pensare a una cura per un singolo paziente nel mondo.

 

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