Un approccio rivoluzionario per superare gli attuali limiti di questa tecnica: questo l’obiettivo del progetto firmato dal prof. Michele De Luca, vincitore di un ERC Advanced Grant
Pochi giorni fa sono stati annunciati i 209 vincitori degli ERC Advanced Grants, finanziamenti europei a lungo termine per la ricerca scientifica di eccellenza. Tra gli 8 progetti vinti da ricercatori che svolgono la loro attività in Italia c’è quello coordinato dal prof. Michele De Luca, Direttore del Centro di Medicina Rigenerativa "Stefano Ferrari" dell’Università di Modena e Reggio Emilia e membro del Comitato scientifico di Osservatorio Terapie Avanzate. L’investimento di quasi 2,5 milioni di euro permetterà al suo gruppo di ricerca di sviluppare uno studio all’avanguardia nell’ambito della terapia genica dell’epidermolisi bollosa (EB) che potrebbe poi essere un giorno applicato anche ad altre malattie monogeniche che colpiscono la pelle e gli altri epiteli. “Il progetto è mirato alla produzione di una nuova epidermide geneticamente modificata e interamente ‘costruita’ in laboratorio”, spiega Michele De Luca.
Lo studio delle possibili applicazioni terapeutiche delle cellule staminali epiteliali è da sempre il focus della ricerca condotta al Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” e il prof. Michele De Luca è uno dei massimi esperti di cellule staminali e terapia genica a livello internazionale. Le ricerche di De Luca e della professoressa Graziella Pellegrini, coordinatrice della terapia cellulare al Centro di Modena, sono state pionieristiche in questo settore e, oltre alla recente assegnazione del finanziamento, nel 2008 hanno portato alla nascita dello spin off universitario Holostem Terapie Avanzate, che oggi produce e commercializza una terapia di ingegneria tessutale basata su cellule epiteliali corneali umane per trattare il deficit di cellule staminali limbari causato da agenti fisici o chimici.
Inoltre, da diversi anni il professore studia l’epidermolisi bollosa (anche chiamata malattia dei bambini farfalla), una devastante patologia genetica che colpisce gli epiteli per la quale ad oggi non ci sono ancora possibilità di cure. La speranza risiede nelle terapie avanzate e l’obiettivo da raggiungere è quello di avere una terapia avanzata approvata in grado di modificare geneticamente le cellule staminali epiteliali per produrre epiteli sani e riuscire a trattare questa e altre terribili patologie.
Dopo una prima pubblicazione sul tema su Nature Medicine nel 2006, nel 2017 c’è stato il caso di Hassan (pubblicato su Nature), bambino farfalla al quale è stato sostituito l’80% della pelle del corpo con epidermide geneticamente corretta e ricreata in laboratorio, salvandogli la vita. Questo straordinario successo nel campo della medicina rigenerativa è stato possibile proprio grazie alle ricerche innovative condotte da De Luca. “Noi abbiamo imparato tantissime cose sulla biologia delle cellule staminali epidermiche e sugli olocloni grazie alla sperimentazione clinica sull’epidermolisi bollosa giunzionale e ad Hassan. Queste conoscenze ci hanno permesso di elaborare il progetto che ha vinto l’ERC Advanced Grant”, commenta il professore.
Le tecniche di terapia genica attualmente in sperimentazione permettono di correggere il difetto genetico solo nel caso in cui sia causato da una forma recessiva della patologia, cioè quella in cui entrambi gli alleli del gene coinvolto sono difettosi. Questo è possibile grazie all’aggiunta di una copia del gene “sano” in grado di ripristinare un’epidermide funzionale, ma non è una soluzione applicabile a tutte le malattie genetiche esistenti. Infatti, esiste una categoria di malattie con trasmissione dominante - in cui è sufficiente un allele difettoso affinché si manifesti - che non possono beneficiare dell’inserimento del gene terapeutico, ma richiedono la correzione dell’errore sul DNA attraverso le tecniche di editing genomico. Tra queste ci sono anche le malattie epiteliali, tra cui alcune forme di epidermolisi bollosa.
“L’efficienza di queste procedure di gene editing è ancora molto bassa: per ottenere dei buoni risultati e creare un pezzo di epidermide trapiantabile dobbiamo prima correggere tutte le cellule staminali, o almeno la stragrande maggioranza di esse”, spiega De Luca. “L’epidermide contiene molte cellule epiteliali (i cheratinociti) e solo una piccola parte di queste ha le proprietà di una cellula staminale. La prima fase del progetto prevede quindi la caratterizzazione molecolare di tutti i cheratinociti che formano l’epidermide umana. Comprendere i meccanismi molecolari che regolano l’attività di queste cellule potrebbe permetterci di riprogrammarle e farle diventare direttamente cheratinociti staminali. Una volta riprogrammate, infatti, si potrà procedere con la correzione tramite gene editing e, dopo aver selezionato le cellule staminali in cui la procedura è andata a buon fine, amplificarle per creare un’epidermide geneticamente corretta ed efficiente”.
Si tratta di ricerca di base, ancora lontana dall’applicazione clinica, ma che potrebbe portare a grandi risultati in futuro. Le staminali adulte della pelle - e di altri epiteli come la cornea – possono essere isolate ed espanse, e da esse si possono produrre gli olocloni, cloni della cellula genitrice con elevate capacità di proliferazione e da anni studiati per diverse applicazioni in terapia cellulare e genica. “Stiamo cercando soluzioni innovative e mirate per fare un gene editing più efficiente su cheratinociti temporaneamente riprogrammati a olocloni. Temporaneamente perché non si possono trapiantare le cellule alterate, ma bisogna tornare all’attività cellulare normale che permette la produzione di quell’epitelio stratificato che è la pelle”.
Il progetto, chiamato “Holo-GT”, consta quindi di un approccio rivoluzionario che unisce tecnologie di riprogrammazione delle cellule staminali epidermiche e tecniche innovative per superare i limiti ad oggi esistenti nella terapia genica. “Vincere un ERC Advanced Grant è difficile perché selezionano i progetti più visionari, quelli più rischiosi ma che potrebbero portare a un reale avanzamento scientifico. È una vera e propria sfida, per me e per il gruppo di giovani ricercatori che coordino. Potrebbe anche non andare a buon fine, ma se dovesse funzionare in futuro potrebbe porre rimedio a una categoria di malattie genetiche epiteliali che non possono essere trattate con l’aggiunta del gene sano. Il nostro progetto è talmente ‘folle’ che alla fine ha vinto davvero”.