Policlinico Gemelli

L’intervento è stato effettuato al Policlinico Universitario Gemelli di Roma e, a un mese dalla somministrazione, sono già stati riscontrati significativi miglioramenti

L’idea che a quarant’anni si possa tornare a vedere dopo una vita di buio ha un certo che di miracoloso, come suggerisce anche il racconto “Vedere e non vedere” pubblicato da Oliver Sacks in uno dei suoi più celebri volumi, un Antropologo su Marte. Oggi, però grazie alla terapia genica questa possibilità esce dal campo dei miracoli e si fa scienza dal momento che all’IRCCS Policlinico Universitario ‘Agostino Gemelli’ di Roma è stata trattata una paziente di poco più di 40 anni affetta da amaurosi congenita di Leber, una forma rara di malattia ereditaria della retina che colpisce i bastoncelli ed è causa di cecità in molti bambini.

Voretigene naparvovec - più conosciuto come Luxturna - è stata la prima terapia genica a ricevere il via libera dall’Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA) per il trattamento di pazienti adulti e pediatrici colpiti da forme di distrofia retinica ereditaria causate da mutazioni su entrambe le copie del gene RPE65. Tali patologie a carattere ereditario - di cui fa parte anche l’amaurosi congenita di Leber - costituiscono una delle principali causa di cecità nell’infanzia e nella età lavorativa. Luxturna è indicato per il trattamento di persone che abbiano perso la vista proprio in seguito al manifestarsi di patologie ereditarie di questo tipo ma che conservino sufficienti cellule retiniche vitali.

In Italia sono già stati trattati con voretigene naparvovec diversi bambini affetti da distrofia retinica ereditaria causata da mutazione bialleliche del gene denominato RPE65”, dichiara Stanislao Rizzo, Professore Ordinario di Oftalmologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma, e Direttore dell’U.O.C. di Oculistica presso l’IRCCS Fondazione Policlinico Universitario ‘Agostino Gemelli’ di Roma. “Tuttavia è la prima volta che la terapia viene somministrata a una paziente adulta, una giovane signora di quarant’anni con malattia a uno stadio piuttosto avanzato e bilaterlamente ipovedente”.

La terapia genica è una promettente opportunità per i pazienti colpiti da condizioni ereditarie della retina la cui conseguenza più grave è data da una progressiva involuzione verso la cecità. Infatti, la degenerazione dei coni e dei bastoncelli presenti sulla retina determina un’inarrestabile declino delle capacità visive fin dalla tenera età, con un considerevole impatto sulla qualità di vita dei malati. Ma basta a un’unica somministrazione per singolo occhio di voretigene naparvovec – terapia che fornisce, mediante un vettore adenovirale (AAV2), una copia funzionale del gene RPE65 alle cellule retiniche malate – per migliorare la capacità visiva di chi riceve la cura. L’impatto di questa terapia è rivoluzionario, non solo sul piano personale ma anche su quello sociale poiché coloro che combattono con queste forme progressive di malattia devono fare i conti con una gravissima invalidità, sia sul piano della formazione scolastica che dell’inserimento nel mondo del lavoro.

“La paziente presentava le giuste caratteristiche anatomiche e funzionali in termini di residuo visivo per ricevere il trattamento e permettere di predire un buon risultato clinico”, ha aggiunto Rizzo. “A un solo mese dalla somministrazione sottoretinica della terapia, abbiamo già potuto riscontrare dei miglioramenti significativi rispetto al pre-operatorio. Attraverso i test FST, che sono delle stimolazioni elettriche della retina, siamo infatti in grado di ricevere una risposta oggettiva ed evidente sulla funzionalità dei fotorecettori”. Grande soddisfazione è stata espressa al riguardo anche dalla comunità dei pazienti che ha riconosciuto in voretigene naparvovec un’opportunità per ridurre l’onere fisico, emotivo ed economico che questa malattia ha sui pazienti e sulle loro famiglie. “Molti aspetti della qualità della vita come il grado di autonomia, il benessere psicologico e la sfera delle relazioni con gli altri sono fortemente determinati dalla progressione della patologia”, sottolinea Assia Andrao, Presidente Retina Italia Onlus. “Questa terapia può davvero determinare un miglioramento sensibile sia della loro quotidianità che delle prospettive di vita”.

Negli ultimi anni sono stati compiuti incredibili passi avanti dalla ricerca in campo clinico, genetico e tecnologico contro le malattie della vista, ma la somministrazione di una terapia genica a pazienti affetti da distrofia retinica ereditaria rimane un servizio che richiede un percorso preparatorio preciso e scrupoloso non soltanto per il paziente ma anche per l’équipe clinica. A tal proposito, è fondamentale il coinvolgimento di professionalità di elevata caratura che possano collaborare tra di loro in maniera sinergica, in modo particolare nel corso della delicata operazione di somministrazione sottoretinica del farmaco. “Siamo particolarmente entusiasti che il nostro Centro possa scrivere questa nuova pagina della medicina”, conclude Rizzo. “Fino a oggi non avevamo terapie per il trattamento delle distrofie retiniche ereditarie, mentre attualmente non solo abbiamo in programma di intervenire sul secondo occhio della paziente appena trattata, ma due fratellini di tre e nove anni sono già stati candidati a ricevere la terapia dopo l’estate”.

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