Malattia di Huntington

Un approccio innovativo per rigenerare neuroni funzionali in grado di sostituire quelli persi a causa della patologia. Promettenti i risultati di uno studio su modelli animali

La terapia genica classica ha come obiettivo quello di fornire all’organismo una copia corretta del gene difettoso che è alla base dell’insorgenza della malattia. Nello studio della Jinan University of China, pubblicato su Nature Communications a fine febbraio, la terapia genica esce un po’ dallo standard: l’approccio è incentrato sull’utilizzo della tecnica per indurre la conversione tra diversi tipi cellulari. Si tratta di una ricerca sulla malattia di Huntington e, al contrario di quello che ci si aspetterebbe, i ricercatori non stanno cercando di ridurre l’accumulo della huntingtina mutata (mHTT), proteina responsabile della morte di alcuni tipi di neuroni e causa della patologia. Lo scopo è invece quello di riprogrammare e trasformare le cellule di supporto ai neuroni (cellule gliali) in neuroni funzionali in grado di sostituire quelli persi.

“Stiamo sviluppando una serie di terapie geniche basate sul fattore di trascrizione NeuroD1 per riprogrammare le cellule gliali del cervello direttamente in nuovi neuroni funzionali per trattare una varietà di disturbi cerebrali tra cui la malattia di Huntington, la malattia di Alzheimer, l'ictus, la SLA e molti altri. Poiché ogni singolo neurone del nostro cervello è circondato da cellule gliali di supporto, questa tecnica di conversione diretta da glia a neurone offre grandi vantaggi rispetto alla terapia di trapianto di cellule staminali in termini di alta efficienza della neuroregenerazione, senza preoccupazioni per il rigetto", ha spiegato il dottor Gong Chen, professore alla Penn State University negli Stati Uniti e alla guida del “Brain Repair Center” alla Jinan University in Cina.

La malattia di Huntington è rara (3-7 casi per 100.000 persone), ereditaria e degenerativa: i primi sintomi sono i movimenti continui e scoordinati, ma anche disturbi cognitivi e del comportamento. L’esordio avviene in genere attorno ai 30-50 anni - anche se l’età di insorgenza è molto variabile – e, in fase avanzata, la persona perde le funzioni motorie e la capacità di parola. Chi ha un genitore affetto ha il 50% di possibilità di svilupparla: una ereditarietà molto forte e legata al cromosoma 4, sul quale si trova il gene responsabile della produzione della proteina huntingtina (HTT), che si esprime soprattutto nel cervello. Il gene HTT sembra avere una funzione importante nella prevenzione della morte cellulare programmata: nel cervello delle persone affette, che producono la proteina mutata (denominata mHTT), si formano degli agglomerati di mHTT che interferiscono con la normale funzione dei neuroni, portandoli alla morte. Più nello specifico, la mutazione del gene HTT porta alla perdita dei neuroni GABAergici, la cui degenerazione causa la malattia di Huntington. Attualmente non esiste cura e il trattamento è focalizzato sul rallentamento dei sintomi con farmaci che permettono di controllare i movimenti e i risvolti emotivi della malattia.

I neuroni GABAergici sono cellule nervose che esercitano un’azione inibitoria sulle cellule vicine e che si trovano molto concentrati nella regione del cervello che si chiama corpo striato. La loro attività permette, assieme a quella dei neuroni glutammatergici (pari all’80% dei neuroni totali) che inviano impulsi eccitatori (cioè attivanti) a quelle vicine, di costruire le reti nervose in grado di regolare le attività del cervello. Se qualcosa va storto, le corrette comunicazioni all’interno del sistema nervoso vengono meno, con le dirette conseguenze. Chen è uno dei pionieri in questo settore: infatti, il suo gruppo di ricerca ha scoperto che il fattore di trascrizione NeuroD1 promuove la generazione dei neuroni durante lo sviluppo del cervello. Il suo gruppo ha precedentemente dimostrato che l’espressione di NeuroD1 nel cervello di topo può convertire un sottotipo di cellule gliali (gli astrociti corticali) in neuroni funzionali. Gli studi sono stati estesi anche su primati non umani con buoni risultati. È stato anche scoperto che i neuroni generati da NeuroD1 sono principalmente quelli glutammatergici e non i GABAergici, cioè quelli colpiti dall’Huntington. Come fare per rigenerare i neuroni persi?

Per ottenere i neuroni desiderati, all’attività di NeuroD1 è stata combinata quella di un altro fattore di trascrizione, chiamato DIx2, che è conosciuto per essere coinvolto nella generazione di neuroni GABAergici durante le prime fasi di sviluppo del cervello. La strategia scelta si basa sulla terapia genica e ha dato buoni risultati: grazie alla combo NeuroD1 e DIx2, trasportati nelle cellule grazie a vettori virali (AAV, virus adeno-associati), l’80% delle cellule gliali sono state correttamente convertite in neuroni GABAergici in modelli murini di Huntington. I “nuovi” neuroni sono elettrofisiologicamente funzionali e formano connessioni con altri neuroni, segno che sono in grado di inserirsi nella rete neurale in modo appropriato. Inoltre, è stato evidenziato il recupero motorio e un notevole allungamento dell’aspettativa di vita nei topi.

Ovviamente, la riduzione degli aggregati della proteina mHTT nella fase iniziale potrebbe rallentare la progressione della malattia, ma resta il fatto che non può rigenerare nuovi neuroni per i pazienti in fase avanzata. Stando anche alle parole di Gong Chen: “un approccio ideale potrebbe essere quello di combinare la tecnica rigenerativa illustrata in questo studio con la possibilità di usare la terapia genica per correggere il gene coinvolto e generare neuroni sani”.

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