Rischi della terapia genica

Gli esperti si interrogano intorno a una serie di eventi avversi fatali avvenuti con alte dosi di una terapia genica per la miopatia miotubulare legata all'X

La scienza si sa, procede per passi. Avanza piano piano con esperimenti che possono confermare un’ipotesi o meno. Capita che i risultati siano positivi e si proceda verso l’obiettivo finale che, in campo biomedico, è sempre una terapia o, comunque, un miglioramento della qualità di vita dei pazienti. Capita però (anche più spesso) che questa verifica dell’ipotesi fallisca e che proprio da lì si riparta per migliorare e imboccare la strada giusta. Gli intoppi avvengono per lo più durante la fase preclinica, quella che si svolge in laboratorio, ma possono avvenire anche nella fase clinica, sugli esseri umani. È quello che è successo di recente durante una sperimentazione clinica di Fase I/II, il cui obiettivo era di testare alte dosi di una terapia genica per la miopatia miotubulare legata all'X (XLMTM), una rara malattia neuromuscolare che colpisce i neonati.

Gli eventi avversi gravi

Lo scorso 6 marzo un bambino che aveva ricevuto la terapia genica AT-132 sviluppata da Audentes Therapeutics (acquisita l'anno scorso da Astellas Pharma) è morto a causa di un’infezione batterica e sepsi. Faceva parte della coorte di piccoli pazienti dello studio clinico ASPIRO, che aveva ricevuto una somministrazione ad alte dosi della terapia genica con virus adeno-associato (AAV). Sempre nella stessa coorte, un altro bambino è morto per la stessa complicazione il 23 giugno seguente. Mentre altri tre pazienti hanno sviluppato danni al fegato e alle vie biliari. La terapia genica testata è basata sul capside AAV8 che trasporta il gene MTM1. Gene che codifica la miotubularina, proteina essenziale per la normale funzione muscolare scheletrica, e la cui mutazione causa grave debolezza muscolare e ipotonia che porta a insufficienza respiratoria e difficoltà di alimentazione, spesso fatali.

Il vettore virale AAV8

Il vettore virale AAV8 è, in realtà, un sierotipo comunemente usato nella terapia genica, come ha illustrato Nicole Paulk - professoressa presso il Dipartimento di Biochimica e Biofisica, della University of California di San Francisco (UCSF) – su Genetic Engineering&Biotechnology News. “In base a quanto risulta su ClinicalTrials.gov dei 180 studi di terapia genica che hanno, fino ad oggi, utilizzato vettori AAV, 14 hanno utilizzato AAV8”, ha commentato Paulk. “Inoltre, dei quasi 250 pazienti trattati con AAV8 per varie indicazioni, nessun altro era andato incontro ad eventi avversi gravi di questo grado”. Evidenziando come questo capside fosse considerato sicuro.

Il problema del dosaggio

Il problema però non sembra essere il tipo di vettore in sé ma la dose utilizzata. Entrambi i bambini erano stati trattati con un alto dosaggio di terapia genica, pari a 3x1014 genomi vettoriali per chilogrammo di peso corporeo (vg/kg), per somministrazione endovenosa. Una delle dosi più alte di qualsiasi AAV mai somministrata ad adulti o bambini, come riporta ancora Paulk, la quale ragiona sul fatto che in questo campo in realtà non esiste un dosaggio standardizzato universale per il titolo dei vettori AAV, quindi questi (e tutte le dosi AAV) devono essere considerati approssimative. L’ipotesi avvalorata da Nicole Paulk è che l’alta dose di terapia genica abbia avuto un impatto così negativo sui bambini perché presentavano una qualche forma di malattia epatobiliare preesistente, probabilmente legata alla malattia stessa, che comporta complicanze anche in altri organi tra cui il fegato. Proprio questo organo è il target delle terapie AAV somministrate per via endovenosa, indipendentemente da quale sia l’organo bersaglio finale. Per cui un fegato già danneggiato, potrebbe non essere in grado di tollerare grandi dosi di vettori virali.

Il complesso anticorpo-vettore

Sulla vicenda si sono espressi anche James Wilson, direttore del Gene Therapy Program presso l'Università della Pennsylvania ed ex direttore di Human Gene Therapy Clinical Development, e Terry Flotte, direttore di Human Gene Therapy (la prima rivista dedicata al campo della terapia genica) e professore della School of Medicine della University of Massachusetts, in un editoriale pubblicato sulla stessa rivista. Gli esperti ricordano che i dati degli studi preclinici riportati da Audentes erano stati molto promettenti, anche per quanto riguarda la sicurezza verificata sui primati non-umani. E che la coorte di sei pazienti pediatrici dello stesso trial trattati con una dose tre volte più bassa (1×1014 vg/kg) aveva mostrato risultati incoraggianti. Gli autori ipotizzano quindi che abbiano avuto un ruolo nell’accaduto anche gli anticorpi contro i vettori AAV che preesistono, o si accumulano rapidamente, dopo l'infusione del virus. La formazione di un complesso anticorpo-vettore, infatti, potrebbe portare a un'infiammazione sistemica letale.

Precedenti previsioni

Wilson e Flotte segnalano anche che alcuni segni di tossicità erano emersi, negli ultimi due anni, in altri studi clinici che hanno testato gli AAV per l’atrofia muscolare spinale e la distrofia muscolare di Duchenne. Tutti i pazienti che hanno avuto eventi avversi, di entità più o meno grave, si sono ripresi, aprendo però la discussione sulle dosi elevate di terapia genica. Sempre nel 2018, lo stesso Wilson aveva pubblicato un articolo su Human Gene Therapy , in cui descriveva una grave tossicità nei primati non-umani che hanno ricevuto alte dosi di AAV (2×1014 vg/kg). Alcuni dei quali hanno sviluppato una sindrome di grave danno epatico e una coagulopatia che ha portato a emorragie e shock diffusi. “Penso che il messaggio sia che per alcune forme di terapia genica potrebbero esserci situazioni in cui si verifica una tossicità dose-limitante”, aveva affermato Wilson esprimendo preoccupazione per la questione.

Discussione aperta

Proprio questa serie di eventi ha accelerato la discussione sul tema degli AAV ad alte dosi, come ricorda Paulk che ritiene siano necessari ulteriori studi preclinici per valutare meglio il dosaggio e identificare biomarcatori più validi per la tossicità. “A lungo termine – scrive Paulk – dobbiamo spostare la nostra attenzione da ‘come possiamo usare in modo sicuro dosi elevate’ a ‘come possiamo progettare il vettore in modo da non doverlo fare’ ”. Inoltre, oltre a valutare se l'uso del peso corporeo sia appropriato per determinare il dosaggio giusto, bisognerebbe considerare anche altri parametri, quali la pubertà e il sesso del paziente. Tutti fattori che sembrano avere un peso nel definire la dose. Molto lavoro va fatto anche per comprendere le tossicità immuno-mediata dei vettori. In conclusione Wilson e Flotte scrivono che “lo sviluppo clinico precoce dei vettori di terapia genica può richiedere un processo iterativo, specialmente se si osservano tossicità impreviste”.

Rischi e benefici

Al momento il trial ASPIRO è stato sospeso e la Food and Drug Administration (FDA) statunitense sta indagando sulle cause dei decessi. "Non è chiaro se lo sviluppo clinico di questa terapia genica potrà riprendere, resta il fatto che i pazienti affetti da XLMTM, e da molte altre malattie genetiche rare, non hanno trattamenti", riportano Wilson e Flotte. "È imperativo che la comunità scientifica lavori insieme con piena trasparenza e cooperazione per imparare da queste tragedie e assicurare il futuro accesso a trattamenti sicuri ed efficaci a pazienti che vivono con malattie genetiche rare ". D’altra parte non bisogna mai dimenticare che le sperimentazioni cliniche hanno proprio il compito di verificare l’efficacia e la sicurezza di una nuova terapia. E chi vi partecipa svolge un’opera di volontariato per la scienza e per la comunità dei pazienti. Purtroppo non si tratta di una terapia approvata ma di una terapia sperimentale, con tutti i rischi e i benefici che può comportare.

Con il contributo incondizionato di

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