In avvio anche in Italia uno studio clinico multicentrico di Fase I/II con una terapia genica per la malattia neurodegenerativa di cui soffre anche l’attore Bruce Willis
Quello delle patologie neurodegenerative è un settore della medicina al cui ingresso è posto (per adesso) un cartello riportante l’aggettivo “ineluttabile”. Per i malati che varcano quella soglia si profila un cammino fatto di cure palliative ma privo di trattamenti specifici in grado di contrastare in maniera efficace l’avanzata dei sintomi. Lo confermano i casi della malattia di Huntington, della sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e dell’Alzheimer. Ma la notizia di una terapia genica in fase di sperimentazione clinica in diversi Paesi nel mondo, e presto anche in Italia, per un sottogruppo di pazienti affetti da demenza fronto-temporale (FTD), ha acceso nuove speranze.
DEMENZA FRONTO-TEMPORALE: UNA MALATTIA INFAUSTA
La demenza fronto-temporale (FTD) è una delle più comuni condizioni neurodegenerative diagnosticate nella fascia d’età tra 40 e 65 anni e può insorgere con una sintomatologia comportamentale - suscitando cambiamenti di personalità nei malati, con stati emotivi che spaziano dall’apatia alla depressione - oppure cognitiva, provocando alterazioni della sfera del linguaggio che sfociano in vere e proprie forme di afasia. Come è accaduto nel caso dell’attore americano Bruce Willis, icona del genere d’azione degli anni Ottanta e Novanta e interprete di successi fra cui Die Hard - Trappola di cristallo, Armageddon e il Sesto Senso. Circa un anno fa, nel febbraio scorso, l’attore ha reso pubblica la sua diagnosi di malattia, ritirandosi definitivamente dalle scene.
Sulle cause della malattia e sui fattori di rischio la ricerca è ancora impegnata a individuare delle risposte ma si sa che fino al 30% dei casi l’FTD ha origine ereditaria: in particolare, sono state scoperte mutazioni a carico del gene C9orf72, del gruppo di geni che codificano per la proteina tau (MAPT) e per la progranulina (GRN), una proteina antinfiammatoria fondamentale per la salute delle cellule nervose. Proprio quest’ultima è al centro dell’interesse dei neuroscienziati, come dimostrato dall’avvio dello studio clinico di Fase III INFRONT-3, incentrato su un anticorpo monoclonale capace di legarsi alla sortilina-1 (SORT1), regolando così la degradazione della progranulina. Le persone affette da FTD originante da una mutazione sul gene GRN non producono, infatti, abbastanza progranulina e ciò comporta un’anomala e precoce degenerazione delle loro cellule nervose.
GLI STUDI SULLA PROGRANULINA
La progranulina è oggetto di studio anche in altri contesti, fra cui un trial di Fase I/II già avviato presso l’Istituto Ospedaliero Neurologico di Montreal (Canada) con l’obiettivo di valutare, in un gruppo di pazienti con demenza frontotemporale causata da mutazioni nel gene della progranulina, la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia di PBFT02.
Si tratta di una terapia genica sperimentale sviluppata da Passage Bio, azienda di biotecnologie statunitense impegnata nella ricerca di soluzioni di cura per varie patologie del sistema nervoso. PBFT02 è la prima terapia, tra quelle incluse nel portafoglio dell’azienda, a raggiungere la fase clinica e consiste in un vettore virale adeno-associato di tipo 1 (AAV1) appositamente modificato per trasportare una copia del gene GRN codificante per la progranulina. Si tratta di una terapia genica in vivo, la cui somministrazione viene effettuata da un neurochirurgo esperto che inietta il farmaco nello spazio subaracnoideo, alla base del cranio dei pazienti. Questo si diffonderà nel liquido cerebrospinale arrivando fino alle cellule del cervello dove il gene GRN sarà usato per produrre la progranulina necessaria.
Questa terapia potrebbe essere dunque in grado di cambiare la prognosi della malattia dal momento che nei pazienti con mutazione nel gene GRN è sufficiente anche una sola copia mutata per innescare la patologia. Pertanto, la consulenza e l’analisi genetica all’interno delle famiglie in cui sia presente una persona con FTD sono decisamente importanti.
UNA TERAPIA GENICA PER LE FASI PRECOCI DI PATOLOGIA
Lo studio clinico è già stato avviato in Canada, negli Stati Uniti e in Brasile ed è sui blocchi di partenza anche in due Paesi europei (Portogallo e Italia, presso l’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano). Il trial, condotto in aperto e a braccio singolo, prevede l’arruolamento di 15 persone di età compresa tra 35 e 75 anni, affette da demenza fronto-temporale sintomatica precoce associata a mutazione del gene GRN. Saranno esclusi dalla sperimentazione i pazienti con mutazioni del gene GRN classificate come “non patogene” o “benigne” e i pazienti omozigoti per GRN. In questa fase di studio l’attenzione è concentrata prevalentemente su pazienti che, pur riportando alcuni sintomi della patologia, non siano in una fase troppo avanzata. Questo perché non sarà possibile far ritornare alla vita i neuroni compromessi dalla degenerazione ma l’obiettivo è di arrestare la progressione di malattia. In questo modo, se la terapia risulterà efficace, sarà possibile ragionare sulla somministrazione ai portatori asintomatici, cioè a coloro che hanno la mutazione, ma non manifestano ancora i sintomi della demenza. Ciò costituirebbe una reale opportunità di cura.
In questa prima fase, lo studio clinico prevede di poter valutare prima di tutto la tollerabilità del farmaco e di individuare la dose ottimale necessaria a suscitare un effetto terapeutico. Per tale ragione i pazienti arruolati saranno suddivisi in due coorti con due diversi dosaggi della terapia (3,3x1010 copie del gene per grammo di peso stimato del cervello (GC/gr) e 1,1x1010 GC/gr). In base ai risultati delle prime due coorti potrebbe essere arruolata una coorte facoltativa di terzo livello ma molto dipenderà dai risultati delle prime somministrazioni. Lo studio avrà, infatti, una durata complessiva di 5 anni proprio per consentire una capillare valutazione di tutti gli aspetti clinci, in cima a cui spiccano quelli relativi alla sicurezza di questa innovativa terapia.