I primi risultati con le CAR-T contro i tumori solidi sono stati ottenuti su pazienti affetti da tumori cerebrali, sarcomi e mesotelioma, ma rimangono ancora dubbi ed ostacoli da superare.

Il fatto che le cellule CAR-T siano una rivoluzione nell’ambito dei trattamenti di alcuni tumori del sangue è ormai di dominio pubblico. L’approvazione, prima dall’FDA e poi dalla Commissione Europea, per Tisagenlecleucel (terapia sviluppata da Novartis) e Axicabtagene Ciloleucel (sviluppata Gilead) ha costituito il propellente necessario per sparare il razzo delle CAR-T nell’universo dei trattamenti concretamente utilizzabili per contrastare i tumori ematologici, assegnando a questa innovativa forma di terapia un ruolo di primo piano per i prossimi anni. Ma qual è, invece, la situazione sul fronte dei tumori solidi?

In questo caso la questione è più complessa e, nonostante alcuni tentativi di trattare tumori cerebrali come il glioblastoma o il neuroblastoma, i tempi della ricerca sull’uso delle CAR-T per il trattamento delle forme tumorali solide scorrono apparentemente con maggiore lentezza. Ciò è dovuto sostanzialmente al fatto che sussistono differenze tra il gruppo delle leucemie e dei linfomi e quello dei tumori solidi. Una prima difficoltà che i ricercatori incontrano è quella dell’enorme eterogeneità antigenica insita nei tumori solidi: mentre nelle neoplasie del sangue viene in larga parte preso di mira l’antigene CD19 espresso dalle cellule B, nei tumori solidi il ventaglio di antigeni espresso sulla superficie delle cellule neoplastiche è ampio e comprende anche antigeni espressi dalle cellule sane. Pertanto, oltre alla mancanza di antigeni tumorali universalmente espressi da tutti i tumori, si osserva anche una scarsa specificità. In questo caso, infatti, diventa fondamentale scovare l’antigene giusto che garantisca una maggiore efficacia al trattamento con le CAR-T. In secondo luogo c’è il discorso del microambiente tumorale ipossico e anti-infiammatorio che ostacola l’azione delle CAR-T. Ad esempio, i checkpoint immunitari come PD-1 esercitano una funzione immunosoppressiva che limita le funzioni delle CAR-T. Infine, esiste la concreta difficoltà di far giungere le cellule presso il corretto sito d’azione: mentre nei tumori ematologici le cellule da potenziare e quelle bersaglio circolano nel sangue e sono raggiungibili “semplicemente” con un prelievo endovenoso, la localizzazione dei tumori solidi, poco vascolrizzati e circondati da vari strati di cellule rende più complicato trovare un modo per portare le CAR-T direttamente al sito d’azione.
Tuttavia, i ricercatori non si sono arresi e recenti interessanti dati sull’uso delle CAR-T sono giunti dai sarcomi e dal mesotelioma. Vediamo più nel dettaglio di cosa si è trattato.

SARCOMI
Nel corso del Congresso Annuale dell’AACR (American Association for Cancer Research), tenutosi ad Atlanta tra il 29 marzo e il 3 aprile, sono stati presentati i risultati di un trial clinico di Fase I nel quale la combinazione di chemioterapia e di un trattamento a base di cellule CAR-T dirette contro la proteina HER2 sembra aver dato esiti efficaci in pazienti affetti da sarcoma, mantenendo contemporaneamente un buon profilo di sicurezza.
Il gruppo di ricerca della dott.ssa Shoba Navai, pediatra del Centro per la Terapia Cellulare e Genica presso il Baylor College of Medicine di Houston, ha messo sotto la lente di ingrandimento i sarcomi, partendo dall’utile presupposto che nel caso dell’osteosarcoma in circa il 40% dei casi si osserva l’espressione di HER2 sulla superficie delle cellule tumorali e, in questi casi, il rischio di metastasi diventa maggiore. Dopo aver notato l’inefficacia di molecole mirate contro HER2 (come il trastuzumab) nella terapia di questi specifici tumori, i ricercatori hanno pensato di ricorrere alle CAR-T specifiche contro questa proteina in combinazione con un regime di linfodeplezione indotta da agenti chemioterapici.

In uno studio clinico di Fase I sono stati arruolati 10 pazienti (5 affetti da osteosarcoma, 3 da rabdomiosarcoma, 1 da sarcoma di Ewing e 1 da sarcoma sinoviale), di età compresa tra 4 e 54 anni (quindi sia adulti che pediatrici), affetti da sarcoma refrattario a terapia o metastatico, positivo a HER2. In 8 pazienti le cellule CAR-T, somministrate in combinazione con i farmaci chemioterapici hanno “attecchito” e sono state ritrovate nel paziente fino a 6 settimane dall’infusione. Un aspetto notevole dello studio è stata l’assenza di eventi avversi a livello polmonare e, soprattutto, cardiaco che testimonia la sicurezza del trattamento.
Tuttavia, come rilevano gli stessi ricercatori, lo studio è stato condotto su un campione esiguo di pazienti. Inoltre, un paziente con rabdomiosarcoma, che pure aveva prodotto una risposta al trattamento, è andato incontro a recidiva richiedendo una seconda infusione di cellule CAR-T tradottasi in una risposta completa in grado di perdurare per circa 17 mesi. Le analisi condotte nel follow-up su questo stesso paziente hanno messo in evidenza la presenza di una risposta anticorpale contro altre proteine coinvolte nella crescita e nella via di segnalazione delle cellule a dimostrazione che le CAR-T hanno agito anche su altri livelli. Inoltre, se in tre pazienti la malattia è risultata stabile in altri cinque era ancora in progressione.
Sicuramente la combinazione proposta da Navai è interessante perché ha permesso una risposta per tempi prolungati in pazienti che non avevano alternative terapeutiche valide, e non ha mostrato livelli di tossicità gravi, ma la necessità di una seconda infusione in alcuni pazienti e una risposta anticorpale generalizzata costituiscono due punti su cui è ancora necessario lavorare.

MESOTELIOMA
Accanto ai risultati descritti, al Congresso dell’AACR, sono stati esposti anche i dati di un trial clinico, sempre di Fase I, condotto dal dott. Prasad S. Adusumili, chirurgo del Memorial Sloan Kettering Cancer Center (MSK), nel quale le potenzialità delle cellule CAR-T sono state impiegate per combattere il mesotelioma, un noto tumore delle pleure il cui principale fattore di rischio è l’esposizione all’amianto. Come per il celebre attore Steve McQueen – che morì proprio per questa forma di cancro – il mesotelioma lascia poche speranze ai pazienti che ne sono affetti ma la strategia terapeutica sperimentata da Adusumili ha mostrato risultati incoraggianti.
In maniera analoga al lavoro della dott.ssa Shoba Navai, Adusumili e i suoi colleghi hanno ingegnerizzato le cellule CAR-T dirigendole contro la mesotelina, una proteina espressa sulla superficie della gran parte di questi tumori. Nello studio di Fase I sono stati arruolati 21 pazienti affetti da mesotelioma (2 dei quali metastatici) a cui è stato somministrato il trattamento direttamente nella cavità pleurica. Circa il 40% dei pazienti erano stati già trattati con diversi cicli di chemioterapia.
La terapia si è rivelata sicura senza mostrare episodi di tossicità elevati correlati alla dose. A 38 settimane dal trattamento le cellule CAR-T erano ancora in circolo in 13 pazienti e la loro presenza ha contribuito ad una concreta riduzione del tumore. A 14 pazienti sono stati somministrati anche farmaci inibitori dei checkpoint primario PD-1 che, da precedenti studi, sembravano poter ravvivare l’attività delle cellule CAR-T.
Anche in questo caso saranno necessari studi di approfondimento perché a fronte di un immediato e promettente successo legato alla riduzione del tumore, o all’aumento dei tempi di risposta e all’assenza di reazioni dannose a carico del comparto polmonare e cardiaco, rimane aperta la questione relativa alla concreta efficacia di questi trattamenti. Nel caso dei tumori solidi potrebbero, infatti, richiedere più di una somministrazione e devono essere usati non in sostituzione ma in combinazione ad altre forme di terapia. L’uso delle CAR-T per il mantenimento dell’effetto di farmaci chemioterapici, della radioterapia o della chirurgia, riporta in primo piano la questione dei costi di produzione e implica maggiori ricerche sugli effetti collaterali da svolgere su casistiche più ampie e per periodi di tempo prolungati.
La questione delle CAR-T sui tumori solidi è la sfida dei ricercatori e degli investitori per il domani. La meta non è proprio dietro l’angolo ma il dedalo di strade e vie sembra meno contorto.

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