antonio

Esattamente un anno fa, a soli 3 mesi e affetto da SMA, il bambino entrava in sala operatoria vestito da supereroe per essere sottoposto a terapia genica. Oggi si vedono i progressi

Tutti lo conoscono come Superman, ma il suo nome terrestre non è Clark Kent e non abita a Smallville. Si chiama Antonio, ha 16 mesi, vive a Bari e per portare avanti la sua sfida ha scelto, con l’aiuto dei suoi genitori, di calarsi nei panni del famoso supereroe della casa editrice DC Comics. È passato un anno dalla prima volta che si è mostrato con il suo costume blu col mantello rosso. Era il 12 gennaio del 2021 e stava entrando in sala operatoria, dove avrebbe ricevuto un’infusione della ‘sua’ Kryptonite: la terapia genica per la SMA, farmaco “one shot” che gli sta cambiando la vita. Tiziana, mamma di Antonio, e il dott. Delio Gagliardi, dell'Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII di Bari, hanno raccontato ad Osservatorio Terapie Avanzate la sua storia. 

Antonio è affetto dall’atrofia muscolare spinale (SMA), una rara patologia genetica neurodegenerativa, caratterizzata dalla progressiva perdita dei motoneuroni spinali e del tronco encefalico e che si manifesta con atrofia e indebolimento dei muscoli scheletrici, con conseguenti difficoltà motorie. Le forme più gravi della malattia pregiudicano l'efficienza dei muscoli respiratori e per questo la SMA è nota per essere la prima causa di morte genetica infantile.

Per fortuna, però, in questi ultimi anni la ricerca clinica ha fatto passi da gigante e, anche grazie alle terapie avanzate, è in corso una vera rivoluzione per la storia naturale di questa patologia. Se fino a pochi anni fa non c’era nemmeno la possibilità di rallentare il decorso clinico della patologia, infatti, “oggi le opzioni terapeutiche disponibili per la SMA in Italia sono ufficialmente tre”, spiega ad Osservatorio Terapie Avanzate il dott. Delio Gagliardi, dirigente medico presso il reparto di neurologia dell'Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII di Bari, che un anno fa ha preso in carico il piccolo Superman. “La prima ad essere stata approvata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), nel settembre del 2017, è nusinersen (nota con il nome commerciale Spinraza), un oligonucleotide antisenso (ASO) che agisce sul RNA messaggero; poi è arrivata la terapia genica onasemnogene abeparvovec (con il nome commerciale Zolgensma), autorizzata dall’AIFA nel marzo del 2021, ma già disponibile da novembre 2020 grazie al programma di accesso anticipato per i pazienti SMA1 entro i primi 6 mesi di vita. Infine, è stata la volta di risdiplam (nome commerciale Evrysdi), un’altra terapia che ha come bersaglio l’RNA, utilizzata in Italia dal gennaio 2021 grazie al programma di uso compassionevole e ora prossima all’autorizzazione”. 

Quando il piccolo Antonio è arrivato all'Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII di Bari, nell’autunno del 2020, aveva poco più di un mese. “Una diagnosi fresca di SMA1 (la forma più grave a esordio precoce) e due genitori degni di un supereroe: intelligenti e tenaci”, racconta il dottor Gagliardi. “Appena ricevuta la diagnosi non si sono persi d’animo e si sono dimostrati da subito attenti e collaborativi”. È stata subito effettuata una attenta valutazione delle sue condizioni. “La fisiatra era in camera con il piccolo Superman e la mamma Tiziana”, ricorda il medico. Dalla CHOP INTEND (Children’s Hospital of Philadelphia Infant Test of Neuromuscular Disorders) - scala utilizzata per la valutazione e il monitoraggio delle condizioni motorie e che ha un valore massimo di 64 - emergeva come punteggio iniziale uno scarso 8. “All’epoca la terapia genica ancora non era stata autorizzata in Italia ma, come terapia innovativa, avevamo a disposizione nusinersen”, racconta il dottor Gagliardi. “Così, già il mattino dopo, ad Antonio venne somministrata per via intratecale la prima terapia”. In questi casi il tempismo è fondamentale: prima si inizia il trattamento e meglio è. “Adesso la Puglia, prima regione in Italia, ha reso obbligatorio lo screening neonatale per la SMA e questo ci darà la possibilità di trattare pazienti pre-sintomatici. Con un intervento immediato, verosimilmente, potremmo avere bambini che hanno un difetto genetico, ma che non manifestano i segni clinici della malattia”.

A novembre, rispettivamente dopo 14 e 28 giorni, ad Antonio vennero somministrate altre due fiale di nusinersen. “Già si potevano notare i primi miglioramenti, quando arrivò la notizia della disponibilità della terapia genica mediante il programma di accesso anticipato e di poter effettuare lo ‘switch’ terapeutico”, ricorda il neurologo. “È stato così che è diventato Superman”, racconta Tiziana, la mamma di Antonio. “Con un costumino di carnevale che gli ho messo quel 12 gennaio prima di entrare in sala operatoria. Mi sembrava perfetto per l’occasione”. Ma Antonio era già un supereroe, da quando la pediatra, in quel primo bilancio di salute mensile, si era accorta che qualcosa non andava e che lui aveva cominciato a combattere la sua battaglia. “Antonio era eccessivamente ipotonico. Quando è nato muoveva gli arti superiori, ma dopo qualche giorno ha smesso: già quello doveva risuonare come un campanello d’allarme. Prima dei quattro mesi lo dovevo tenere sempre disteso e, nonostante la posizione, la testa gli rimaneva adagiata di lato, perché i muscoli del collo non erano abbastanza forti da permettergli la rotazione del capo”, spiega la mamma.

“Quello è stato il primo cambiamento che ho notato dopo la terapia genica: la testa”, racconta Tiziana. “Erano passati solo quattro giorni dall’infusione ed ero in camera a chiacchierare con la fisioterapista Giovanna Lupis, in servizio presso l’Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII. Per me era diventata più di una semplice dottoressa: era un’amica, una confidente. Avevo seduto Antonio sul mio ginocchio. È bastato un attimo ed entrambe ci siamo accorte del cambiamento: la sua piccola testolina non era più accasciata. Da quel giorno regge la testa senza problemi”.

Oggi Antonio è cresciuto, ha acquisito molto tono muscolare e riesce a stare seduto senza sostegni, mangia in autonomia e non ha bisogno di supporti medici. “Quest’estate abbiamo eliminato anche la NIV (Ventilazione Non Invasiva), che ci era stata fornita nei primi mesi come ausilio per la respirazione notturna. Antonio se l’è letteralmente strappata dalla faccia per farci capire che non ne aveva più bisogno”, racconta mamma Tiziana “Ora il punteggio di Antonio, misurato con la scala di valutazione CHOP INTEND, ha oltrepassato 40”, aggiunge orgoglioso il dottor Gagliardi. “Un risultato straordinario”.

Con un'unica infusione, la terapia genica diventa per i bambini affetti da SMA una speranza concreta di contenere una patologia che finora sembrava inarrestabile. Attenzione, però, a non cedere alle semplificazioni. “Zolgensma è un’opportunità di vita, ma non è una cura”, ci tiene a precisare mamma Tiziana. “L’anno scorso, quando Antonio ha avuto accesso alla terapia genica, sembrava quasi che con quella flebo dovesse accadere un miracolo, ‘Lazzaro alzati e cammina’. Non è proprio così”. Anche se i miglioramenti ci sono stati e sono stati incredibili, parte del merito va anche al piccolo Superman, che ogni giorno si sottopone a 45 minuti di fisioterapia mirata e che sta lottando, e vincendo, come ogni supereroe che si rispetti. 

Con il contributo incondizionato di

Website by Digitest.net



Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento Maggiori informazioni