La terapia cellulare fa parte di quella nuova branca della medicina chiamata medicina rigenerativa, che si pone l’obiettivo di sostituire organi e tessuti danneggiati. La conoscenza sempre più approfondita della biologia delle cellule staminali ha permesso, in questi ultimi venti anni, lo sviluppo di tecniche sempre più innovative e mirate che vedono l’utilizzo di queste cellule per curare o prevenire tutta una serie di malattie.
Sono definite cellule staminali quelle cellule che hanno la capacità unica di autorinnovarsi e di differenziarsi in una vasta gamma di cellule più specializzate che costituiscono il nostro corpo. Le staminali sono così responsabili, durante la crescita e lo sviluppo dell’organismo, di mantenere l'omeostasi e di sostenere la rigenerazione dei tessuti.
Storicamente, le cellule staminali vengono suddivise principalmente in due categorie: quelle embrionali, che hanno la capacità di moltiplicarsi indefinitamente e di dare origine a tutti i tipi cellulari (per questo dette anche pluripotenti), e quelle adulte o somatiche (contenute nel nostro corpo) che non hanno le complete potenzialità delle staminali embrionali poiché si sono già un po’ specializzate.
Nell’ambito della terapia cellulare le staminali possono agire in due diversi modi: colonizzare fisicamente il tessuto danneggiato con il successivo differenziamento nel tipo cellulare specializzato per sostenere la struttura e funzionalità del tessuto, o rilasciare molecole che innescano meccanismi molecolari e cellulari che si traducono in “effetto terapeutico” sul tessuto danneggiato.
Dal 2006 è stata poi messa a punto una tecnica per ottenere le cosiddette cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) a partire da cellule completamente differenziate, come quelle della pelle, che vengono “geneticamente riprogrammate” per tornare indietro nel tempo. La peculiarità di queste cellule è di avere le stesse potenzialità delle staminali embrionali ma senza le problematiche etiche. Le iPSC si stanno rivelando inoltre molto utili per studiare i meccanismi alla base di molte malattie e per analizzare il possibile effetto terapeutico di un gran numero di farmaci.
Ad oggi, sono ancora poche le terapie cellulari e tessutali autorizzate in Europa, ma si stanno facendo grandi progressi per la messa a punto di innovativi trattamenti per le gravi ustioni, alcune malattie rare e i tumori.
Sono trascorsi quasi dieci anni dal caso “Stamina”, ma i viaggi della speranza e le “terapie truffa” a base di cellule staminali proposte ai malati, soprattutto quelli affetti da patologie rare, non sono finiti. Non mancano nemmeno le raccolte fondi lanciate per sostenere cure, spesso definite “sperimentali”, di dubbia validità scientifica e dai costi elevati. Se difficilmente si può evitare di avere una patologia, si può però fare il possibile per non cadere in truffe, spesso ben orchestrate, che possono essere pericolose per la salute e per il portafoglio. Per aiutare pazienti, famiglie, e i cittadini in generale, ad orientarsi ed evitare promesse senza fondamento o truffe che puntano solo ad arricchire chi prospetta “cure miracolose”, Osservatorio Terapie Avanzate ha realizzato un vademecum in dieci punti: pochi consigli, ma chiari, che possono essere applicati davanti a proposte di terapie o alla richiesta di entrare in una sperimentazione clinica.
La storia dell’aviazione moderna ha vissuto uno dei suoi più leggendari momenti alla fine degli anni Quaranta, quando il colonnello Chuck Yeager infranse per la prima volta il muro del suono. La corsa al superamento di quel limite immaginario ha un sapore eroico e le acquisizioni tecnologiche da essa ottenute sono state fondamentali per l’evoluzione dei moderni jet. Pertanto, si può conferire un valore altrettanto simbolico alla raccomandazione da parte del Comitato per i Medicinali per uso Umano (Committee for Medicinal Products for Human Use, CHMP) dell’EMA per la prima terapia allogenica a base di cellule T. Si chiama tabelecleucel (tab-cel, nota anche con il nome commerciale Ebvallo) ed è attualmente in fase di sviluppo clinico per il trattamento della malattia linfoproliferativa post-trapianto positiva al virus Epstein-Barr (EBv+ PTLD).
La rigenerazione cellulare è un campo di studio che da sempre ha affascinato l’uomo poiché la sostituzione delle cellule con nuove unità in grado di tornare a svolgere le funzioni perse da quelle ormai vecchie o danneggiate affonda le radici nel mito dell’eterna giovinezza. Tuttavia, ben oltre la sfida del ringiovanimento, i processi rigenerativi trovano utilità in campo medico: ne è un esempio la ricerca guidata da Michele De Luca e Graziella Pellegrini che ha portato a una terapia per la rigenerazione della cornea. Un altro difficilissimo obiettivo è la riparazione delle lesioni spinali e, a provare a raggiungerlo, è una start-up italiana nata sotto l’egida dell’Università di Verona, della Statale di Milano e dell’Istituto Clinico Humanitas.
Negli ultimi dieci anni la medicina rigenerativa ha fatto passi da gigante e con l’entrata in campo delle terapie cellulari il traguardo dell’applicazione clinica e del trattamento delle condizioni neurodegenerative appare sempre più concreto. Tuttavia, ci sono alcuni ostacoli che rendono la traslazione clinica della terapia cellulare ancora lontana. Queste difficoltà sono state sapientemente tratteggiate in uno studio pubblicato recentemente su Brain: utilizzando la malattia di Huntington come modello, gli autori delineano quali sfide dovrà affrontare nei prossimi decenni la medicina rigenerativa e quali potrebbero essere le strategie vincenti.
Il mondo dell’oculistica è andato in fermento alla notizia dell’imminente avvio di uno studio clinico di Fase III sull’iniezione di cellule endoteliali per il trattamento di malattie dell'occhio quali la distrofia endoteliale di Fuchs o la cheratopatia bollosa, responsabili della degradazione delle cellule dell’endotelio corneale e, pertanto, associate alla perdita della vista. Fino ad oggi per queste situazioni era indicato il trapianto di cornea, una procedura invasiva e complessa, realizzabile solamente in centri ad elevata specializzazione e in presenza di donatori compatibili. Ma il metodo di coltivazione delle cellule endoteliali sviluppato dal prof. Shigeru Kinoshita, dell’Università di Kyoto, ha cambiato radicalmente la situazione. Lo spiega il prof. Vincenzo Sarnicola a margine del primo Congresso Nazionale della Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (SISO).
Tornare a sentire grazie ad una terapia rigenerativa. È l’obiettivo di Frequency Therapeutics, uno spinout del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, negli Stati Uniti, che grazie all’intuizione di alcuni ricercatori sta sviluppando una tecnica in grado di “svegliare” le cellule ciliate dormienti situate nell’orecchio interno umano. La terapia – nota come FX-322 – è indicata per la perdita dell'udito neurosensoriale ed è già stata testata su circa 200 persone con risultati interessanti. Attualmente è in corso uno studio clinico di Fase II per verificare efficacia e sicurezza della terapia, somministrata mediante iniezione intratimpanica, negli adulti con ipoacusia neurosensoriale acquisita (SNHL).
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