Dai primi trapianti neuronali agli attuali studi con le cellule staminali, l’Europa guida il futuro della medicina rigenerativa per il Parkinson
Il Parkinson colpisce milioni di persone nel mondo, con sintomi debilitanti legati alla perdita di neuroni dopaminergici. Le terapie attuali, come la levodopa, alleviano i sintomi solo temporaneamente, rendendo urgente l’esplorazione di soluzioni innovative: qui entra in gioco il trapianto di neuroni derivati da cellule staminali. Durante l’evento “Stem cell revolutions for neurodegenerative diseases” - organizzato a fine novembre da Elena Cattaneo, Professoressa Ordinaria di Farmacologia dell’Università degli Studi di Milano e Senatrice a vita - i pionieri delle ricerche sulle staminali in campo neurologico hanno illustrato le scoperte scientifiche che hanno portato agli attuali studi clinici progettati per sviluppare promettenti terapie avanzate per il Parkinson.
UNA MALATTIA NEURODEGENERATIVA MOLTO PARTICOLARE
Il Parkinson è una malattia che colpisce circa 10 milioni di persone nel mondo, di cui tra 1,2 e 1,5 milioni in Europa e circa 300mila in Italia. Parliamo di una patologia neurodegenerativa caratterizzata dalla degenerazione dei neuroni dopaminergici, in particolare nella sostanza nera (substantia nigra), un'area del cervello fondamentale per il controllo del movimento. La perdita di questi neuroni porta a una marcata riduzione della dopamina, un neurotrasmettitore cruciale per la coordinazione e l'esecuzione dei movimenti. Questa peculiarità anatomica rende il Parkinson un territorio clinico unico per esplorare le frontiere più avanzate della medicina rigenerativa.
A differenza di altre malattie neurodegenerative come l'Alzheimer, dove la degenerazione si diffonde come un incendio incontrollato in tutto l'encefalo, il Parkinson presenta una distruzione circoscritta, quasi chirurgica, dei neuroni deputati alla produzione di dopamina. La conseguenza di questa progressiva erosione neuronale si traduce in sintomi motori drammaticamente evidenti: rigidità muscolare, movimenti rallentati, tremori che modificano la qualità della vita dei pazienti. Inizialmente, farmaci come levodopa riescono a controllare questi sintomi, ma con il tempo la loro efficacia inesorabilmente si riduce, aprendo uno scenario clinico che richiede soluzioni innovative.
IL RUOLO DELLE CELLULE STAMINALI
Ed è qui che entra in scena la vera rivoluzione: il trapianto neuronale. L'idea è straordinariamente elegante nella sua semplicità: sostituire i neuroni persi con nuove cellule sane e funzionali, accuratamente generate da cellule staminali embrionali. Queste cellule rappresentano quasi un "jolly biologico", capaci di differenziarsi in circa 250 tipologie cellulari diverse, offrendo uno strumento potenzialmente risolutivo. Sono state scoperte alla fine degli anni ’90 dal biologo statunitense James Thomson: con un articolo rivoluzionario pubblicato nel 1998 su Science, Thomson descrisse come fosse riuscito a isolare 40-50 cellule staminali embrionali dalla blastocisti umana (il primo stadio dell'embrione) e a farle crescere in laboratorio, fino a ottenere centinaia di milioni di cellule.
Questa fonte rinnovabile di cellule staminali embrionali permette ai ricercatori di generare cellule specializzate, come i neuroni, da utilizzare in una vasta gamma di applicazioni di ricerca. Oggi l’Europa sta testando la capacità rigenerativa di neuroni ottenuti da cellule staminali embrionali umane in uno studio clinico di Fase I – STEM-PD - condotto su 8 pazienti con Parkinson (leggi l’approfondimento qui).
I PRIMI TENTATIVI CON IL TESSUTO FETALE AUTOPTICO
Negli anni ’70, il gruppo guidato da Anders Björklund, oggi professore senior di istologia presso il Wallenberg Neuroscience Center all’Università di Lund (Svezia), iniziò a esplorare il trapianto cellulare come possibile trattamento per il Parkinson. L’idea gli venne da alcuni ricercatori che avevano sviluppato una tecnica innovativa che prevedeva l'impianto di frammenti di tessuto nervoso nella camera anteriore dell'occhio: questi esperimenti hanno fornito preziose informazioni sulla capacità dei neuroni di integrarsi e funzionare in nuovi contesti, gettando le basi per futuri sviluppi nella medicina rigenerativa e nei trapianti neurali.
È a questi studi pionieristici che si è ispirato Anders Björklund, come ha raccontato nel corso dell’evento di presentazione: “Guardando a quegli esperimenti ho immaginato che fosse possibile fare qualcosa di simile nel cervello. Ho pensato di sfruttare il supporto vascolare della corteccia cerebrale, per coltivare pezzi di tessuto nervoso, prelevati dal cervello fetale, e trapiantarli nel cervello di ratti adulti. I risultati sono stati sorprendenti: i neuroni sopravvivevano e riuscivano a connettersi con il cervello ospitante, stabilendo contatti funzionali. Questo mi ha portato a concentrarmi sul sistema dopaminergico, il principale colpevole della malattia di Parkinson. L'idea era che le nuove cellule potessero sostituire le funzioni delle vecchie cellule perse, fornendo direttamente dopamina, senza bisogno di farmaci”.
All’epoca, i primi esperimenti utilizzavano quindi neuroni derivati da tessuto fetale autoptico, poiché le cellule staminali non erano ancora conosciute. Questo lavoro pionieristico, portato avanti per tre decenni, dimostrò che il trapianto neuronale poteva essere una strada percorribile. Tuttavia, l’uso di materiale fetale presentava limiti significativi, come la scarsa disponibilità e risultati non sempre costanti e riproducibili. Negli anni '80 la tecnica fu perfezionata: invece di creare cavità corticali, si riuscì a iniettare le cellule direttamente nel cervello, un grande passo avanti. Nel 1981, i ricercatori dimostrarono come i neuroni dopaminergici trapiantati fossero efficaci nel ripristinare le funzioni cerebrali e come, rimuovendoli, i deficit tornassero. La scoperta delle cellule staminali embrionali nel 1998 rappresentò una svolta: per la prima volta, si disponeva di una fonte affidabile e uniforme per generare i neuroni necessari.
Permangono comunque sfide importanti. Non tutti i pazienti sono adatti a questo trattamento, e quelli con discinesie (movimenti involontari tipici di questa patologia) indotte da dopamina possono svilupparle anche dopo il trapianto. Inoltre, il sistema immunitario può reagire con una risposta ritardata, rendendo necessaria l'immunosoppressione. “Nonostante questi ostacoli, il potenziale di questa tecnica per trattare pazienti con Parkinson avanzato è straordinario", ha detto Björklund.
IL RUOLO DELLE CELLULE DOPAMINERGICHE
“L'idea è di stimolare la neurogenesi dopaminergica, permettendo ai neuroni che producono dopamina di rigenerarsi e riparare i danni”, ha spiegato durante l’evento Roger Barker, professore di Neuroscienze Cliniche presso l’Università di Cambridge nonché responsabile clinico della sperimentazione STEM-PD nel Regno Unito. “Negli Stati Uniti abbiamo esplorato alcune opzioni innovative per il trattamento del Parkinson, tra cui una terapia per potenziare l'effetto della dopamina e una che prevedeva l'uso di cellule staminali per sostituire la dopamina stessa. Questo approccio poteva ridurre gli effetti avversi dei farmaci, ma va detto chiaramente: non si trattava di una cura, solo di una terapia sintomatica, e non era adatta a tutti i pazienti. I primi studi condotti tra il 1983 e il 2003 sono stati effettuati con cellule fetali umane, i dati raccolti hanno mostrato che i neuroni impiantati riuscivano a ripristinare il livello dopaminergico, che è stato mantenuto per anni dopo il trapianto. Le cellule sopravvivevano e il trapianto si è rivelato trasformativo per alcuni pazienti, migliorando significativamente la loro condizione. Tuttavia, il numero di pazienti che ne beneficiava era esiguo: solo uno su tre mostrava miglioramenti tangibili. I risultati migliori si ottenevano nei pazienti più giovani, con malattia meno avanzata e una preparazione ottimale del tessuto, oltre a una prolungata immunosoppressione”.
“Per migliorare questi risultati, abbiamo avviato un nuovo trial transeuropeo, il progetto TransEuro che è stato attivo dal 2010 al 2022. Questo studio ha coinvolto 20 pazienti seguiti per cinque anni e ha incontrato diverse complicazioni. Le sfide regolatorie e la gestione del consorzio si sono rivelate complesse, così come la preparazione del tessuto. Anche se i trapianti hanno mostrato una risposta parziale nelle immagini cerebrali, non siamo riusciti a raggiungere i livelli normali sperati. Tra i 21 trapianti effettuati su 11 pazienti, non c'era abbastanza tessuto per ripetere l'intervento. Era chiaro che serviva una fonte cellulare migliore: le cellule staminali embrionali. Questo ci ha spinto a lavorare insieme alla comunità scientifica internazionale, dando vita all'iniziativa GForce Parkinson’s Disease, per trovare soluzioni migliori e portare avanti questa promettente linea di ricerca."
LA NASCITA DI TRE CONSORZI EUROPEI
"Dal 1998, abbiamo iniziato a immaginare un futuro in cui queste cellule potessero essere utilizzate per riparare anche il cervello. Da allora, in tutta Europa, si è lavorato senza sosta su questo fronte”, ha raccontato la prof.ssa Elena Cattaneo. “La Commissione europea ha sostenuto questa visione, finanziando negli ultimi 16 anni consorzi di ricerca dedicati a sviluppare cure per il Parkinson. Tra questi, tre consorzi coordinati dall’Università di Milano – NeuroStemCell, NeuroStemCell-Repair e NeuroStemCell-Reconstruct – hanno collaborato come se fossero parte di un unico grande laboratorio. Abbiamo compiuto progressi incredibili, sviluppando procedure per creare neuroni a partire da cellule staminali embrionali, testandone la sicurezza ed efficacia. Ogni consorzio ha costruito sui risultati del precedente, passando dal concetto di sostituzione a quello di riparazione e ricostruzione. Questi progressi sono stati essenziali per avvicinare i trattamenti con cellule staminali all’applicazione clinica”.
STEM-PD è il primo studio clinico europeo che rappresenta un passo concreto verso l’uso clinico delle cellule staminali embrionali per il trattamento del Parkinson. È un traguardo che non sarebbe stato possibile senza la collaborazione tra partner industriali, piccole imprese e il mondo accademico. L'Università degli Studi di Milano è stata il vero motore di questa incredibile avventura scientifica, e coordinatore dei tre diversi consorzi di ricerca che hanno unito le menti migliori tra le Università di Milano, di Cambridge, il Karolinska Institute, l’Università di Cardiff, l’Ospedale Universitario di Bonn e, in un Consorzio, lo Sloan Kettering Institute for Cancer Research di New York. Il loro obiettivo? Portare le cellule staminali dal laboratorio direttamente ai pazienti.
UN VIAGGIO IN TRE TAPPE
Vediamo più da vicino la storia di questi consorzi di ricerca finanziati dall’Unione Europea (con bandi del 7° programma quadro e Horizon 2020), coordinati dal Laboratorio di Biologia delle Cellule Staminali e Farmacologia delle Malattie Neurodegenerative, Dipartimento di Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano & Istituto Nazionale di Genetica Molecolare, diretto dalla prof.ssa e Senatrice a vita Elena Cattaneo.
NeuroStemCell (2008-2013): questo primo progetto ha posto le basi del lungo percorso mediante lo sviluppo dei protocolli per trasformare cellule staminali embrionali in neuroni dopaminergici, quelli che vengono danneggiati nei pazienti con Parkinson. I test su modelli animali hanno dimostrato che queste cellule funzionano e sono sicure, aprendo la strada a futuri studi clinici.
NeuroStemCell-Repair (2013-2017): rappresenta la fase di consolidamento dei dati. Le cellule trapiantate negli animali non solo sopravvivevano, ma si integravano nel sistema nervoso, aiutando a ripristinare le connessioni neurali danneggiate. Questi risultati hanno portato l’idea un passo più vicino all’applicazione sugli esseri umani.
NeuroStemCell-Reconstruct (2020-2024): è il progetto attuale, che si concluderà a breve. Qui l’obiettivo è stato ottimizzare il prodotto per i trapianti umani, rispettando gli standard di sicurezza e riducendo il rischio di rigetto da parte del sistema immunitario. Si stanno anche esplorando applicazioni per altre malattie, come l’Huntington e i danni cerebrali da ictus.
Questi consorzi non solo hanno fatto avanzare la scienza, ma hanno anche formato nuove generazioni di ricercatori e consolidato l’Europa come leader nel campo delle terapie con cellule staminali. Non si tratta solo di una speranza per il Parkinson, è un approccio che potrebbe cambiare il trattamento di molte altre malattie neurologiche.
ITALIA: UN ESEMPIO PER LA RICERCA IN EUROPA
Come detto, il ruolo dell’Ue nella ricerca non è stato secondario, ma le sfide da affrontare sono ancora molte per rendere il Vecchio Continente davvero competitivo sul fronte della ricerca scientifica. A dirlo è stata Maria Leptin, presidente dello European Research Council (ERC), intervenuta durante l’evento di presentazione del progetto STEM-PD: “Investire nella scienza oggi significa costruire progresso e crescita per il lungo termine. Noi come ERC sosteniamo la ricerca in ogni ambito, esplorando anche quelle domande scientifiche che al momento non hanno applicazioni immediate ma che, nel tempo, possono avere un impatto enorme. Per darvi un’idea dell’impatto della ricerca, più del 44% dei progetti finanziati dall'ERC ha portato ad applicazioni pratiche, inclusi brevetti. Di questi, circa il 50% proviene da aziende, in particolare del settore farmaceutico e biotecnologico. Questo dimostra come la ricerca di frontiera, non solo generi conoscenza, ma possa anche aprire nuovi mercati. L’Europa, però, si trova in un momento cruciale. Un recente rapporto di Mario Draghi sulla competitività europea evidenzia che stiamo perdendo terreno nelle tecnologie avanzate. Per affrontare questa sfida, Draghi sottolinea l’urgenza di aumentare il sostegno alla ricerca di frontiera. Per competere a livello globale, servono istituzioni solide e bilanciate che possano condurre ricerche d’avanguardia. L’Italia ha avviato iniziative importanti, ma tutti i Paesi europei devono seguire questa direzione. Siamo un continente composto da molte nazioni sovrane e indipendenti, non un’unica entità, e questo a volte rende più difficile collaborare."