Lo studio clinico STEM-PD apre nuove frontiere nella medicina rigenerativa, testando cellule staminali embrionali per rigenerare neuroni danneggiati dal Parkinson
Per la prima volta in Europa, il progetto STEM-PD porta le cellule staminali embrionali al centro di una sperimentazione clinica per il Parkinson. Questa terapia innovativa punta a rigenerare i neuroni dopaminergici persi con l’obiettivo di trasformare la storia naturale di una malattia che colpisce una decina di milioni di persone nel mondo. Coordinato da esperti di fama mondiale, tra cui Malin Parmar, Roger Barker ed Elena Cattaneo, lo studio ha coinvolto 8 pazienti ed è stato presentato durante l’evento “Stem cell revolutions for neurodegenerative diseases” che si è tenuto all’Università di Milano lo scorso 27 novembre. Se confermati, i risultati potrebbero avviare una rivoluzione non solo nel trattamento del Parkinson ma anche di altre malattie neurodegenerative.
LO STUDIO CLINICO STEM-PD
Dalla ricerca europea sulle cellule staminali embrionali nasce lo studio STEM-PD: la prima sperimentazione sull’uomo per una terapia cellulare contro il Parkinson. Questo traguardo è il risultato di studi avviati nel 2008 grazie a tre consorzi di ricerca finanziati dall’Unione Europea, attraverso i programmi quadro del 7° PQ e Horizon 2020. Il progetto è stato coordinato dal Laboratorio di Biologia delle Cellule Staminali e Farmacologia delle Malattie Neurodegenerative dell’Università degli Studi di Milano - diretto dalla prof.ssa Elena Cattaneo, Senatrice a vita - ed è stato presentato a fine novembre all’ evento dedicato presso l’ateneo milanese con i maggiori esperti mondiali di Parkinson e cellule staminali mondiali.
Lo studio si basa sui risultati del precedente consorzio europeo – denominato TransEuro - che aveva analizzato i trapianti di neuroni dopaminergici da materiale fetale. Questa nuova sperimentazione rappresenta un significativo passo avanti poiché utilizza neuroni che vengono ottenuti da cellule staminali embrionali umane e poi trapiantati direttamente nella regione cerebrale colpita dalla malattia, con l’obiettivo di sostituire i neuroni danneggiati dal Parkinson.
Il trial clinico, condotto in Svezia e nel Regno Unito, ha coinvolto 8 pazienti che hanno ricevuto il trapianto tra febbraio 2023 e ottobre 2024 (OTA aveva riportato la notizia del primo paziente trattato). L’obiettivo di questa prima fase è dimostrare la sicurezza e l'efficacia dell'integrazione dei nuovi neuroni nel trattamento del Parkinson. Se i risultati si confermeranno positivi, questa tecnologia potrebbe aprire nuove prospettive terapeutiche anche per altre malattie neurodegenerative, come l’Huntington, da sempre al centro della ricerca della Prof.ssa Cattaneo.
COME FUNZIONANO LE CELLULE STAMINALI
Come raccontato in un secondo articolo, durante l’evento esperti e pionieri degli studi sulle staminali in campo neurologico hanno illustrato il lungo percorso della ricerca, dagli anni ’70 ad oggi, e quali sono state le scoperte scientifiche che hanno portato agli attuali studi clinici ideati per sviluppare promettenti terapie avanzate per il Parkinson. Tra questi Malin Parmar - professoressa di Neurobiologia dello sviluppo e rigenerativa dell’Università di Lund, e tra le coordinatrici della sperimentazione - che ha spiegato le due proprietà fondamentali delle cellule staminali: la capacità di autorinnovarsi, cioè di generare altre cellule staminali, e quella di differenziarsi, cioè trasformarsi in tipi specifici di cellule mature. Queste caratteristiche le rendono preziose per la medicina rigenerativa ma è importante essere prudenti e non lasciarsi trasportare da facili entusiasmi (potete trovare di seguito il “Vademecum sulle terapie a base di cellule staminali” realizzato da OTA). Ci sono diversi tipi di cellule staminali, dalle embrionali, che sono pluripotenti e possono generare qualsiasi tipo di cellula, a quelle adulte, che sono più specializzate e limitate a specifici organi, come il sangue.
“Nel nostro laboratorio abbiamo sviluppato protocolli per trasformare cellule staminali embrionali in neuroni dopaminergici, quelli che mancano nei pazienti con Parkinson - ha spiegato Parmar - Questo processo richiede 16 giorni, e abbiamo dimostrato che le cellule prodotte non solo sopravvivono una volta trapiantate in modelli animali, ma sono anche funzionali. Abbiamo verificato se questi neuroni derivati da cellule staminali fossero equivalenti a quelli fetali. I risultati sono stati sorprendenti: non solo erano equivalenti, ma in alcuni casi più efficaci. Per garantire sicurezza e qualità, abbiamo prodotto queste cellule seguendo rigorosi protocolli GMP (Good Manufacturing Practices), creando linee cellulari autogenerate e congelando 300 fiale contenenti 500 milioni di cellule ciascuna, pronte per il trapianto. A febbraio 2023 abbiamo effettuato il primo trapianto umano nell’ambito del progetto STEM-PD”.
Se tutto procederà per il meglio, questa strategia potrebbe diventare un trattamento efficace per un’ampia platea di pazienti entro i prossimi 10 anni. È una prospettiva entusiasmante, anche se le previsioni vanno sempre fatte con la giusta cautela, che apre nuove possibilità per trattare condizioni neurologiche complesse.
ALTRI STUDI NEGLI STATI UNITI E IN GIAPPONE
Parallelamente, negli Stati Uniti è in corso uno studio clinico di Fase I, guidato da Lorenz Studer e Viviane Tabar presso lo Sloan Kettering Institute di New York, con un’altra strategia terapeutica basata sulle cellule staminali. Si tratta di bemdaneprocel (BRT-DA01) - sviluppata da BlueRock Therapeutics, filiale statunitense di Bayer - che ha come obiettivo quello di ripopolare il cervello dei pazienti affetti da Parkinson con i precursori dei neuroni dopaminergici derivati da cellule staminali pluripotenti. Questo trial (descritto da OTA qui), è stato avviato nel 2022 e coinvolge 12 pazienti. I risultati preliminari sono promettenti e sono stati pubblicati sulla rivista Neurology.
Un altro studio di Fase I/II è in corso in Giappone sotto la direzione di Jun Takahashi dell'Università di Kyoto. In questo caso il trapianto si basa sull’utilizzo di precursori dei neuroni dopaminergici derivati dalle cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC).
L'OBIETTIVO NON È SOLO GESTIRE I SINTOMI
Gli attuali studi fanno parte di un ambizioso progetto scientifico e clinico che guarda oltre la gestione dei sintomi, puntando a una vera e propria rigenerazione neuronale. La fase attuale - quella delle sperimentazioni cliniche di fase I - è il primo, cruciale passaggio di un viaggio che potrebbe ridisegnare completamente l'approccio terapeutico al Parkinson. Non si tratta più di rallentare il decorso della malattia, ma di ricostruire letteralmente le strutture neurologiche danneggiate, trapiantando neuroni derivati da cellule staminali direttamente nelle aree cerebrali compromesse.
Il percorso è estremamente articolato e richiederà tempo. Dopo questa prima fase di verifica della sicurezza, le successive fasi cliniche si concentreranno sulla dimostrazione dell'efficacia terapeutica. Ma la vera rivoluzione sta nella prospettiva: l'obiettivo non è limitarsi al Parkinson, ma esplorare possibili applicazioni per altre malattie neurologiche come l'epilessia e la malattia di Huntington.
IL RUOLO DEI PAZIENTI
Senza di loro, senza i pazienti, nulla di quello che stiamo scrivendo si sarebbe potuto realizzare. Il primo ad arruolarsi per il trial STEM-PD è stato Andrew Cassy, paziente inglese coinvolto nel trial direttamente dal dott. Roger Barker, professore di Neuroscienze Cliniche presso l’Università di Cambridge e responsabile clinico dello studio clinico condotto a Cambridge. Andrew lavorava nelle telecomunicazioni, e adorava la sua professione. "I farmaci a base di dopamina possono causare discinesia e, a volte, eventi avversi anche più gravi – ha raccontato Andrew a colloquio con il dottor Barker durante la presentazione del progetto - per me, la situazione è peggiorata al punto da costringermi ad andare in pensione anticipata a soli 51 anni. Non riuscivo più a nascondere i tremori, e questo mi ha portato prima a lavorare part-time e poi a lasciare completamente il lavoro”.
Ma Andrew non si è dato per vinto e ha deciso di partecipare a molte sperimentazioni per trovare nuove cure per questa patologia. “Quando ho saputo del trial STEM-PD, ho deciso di partecipare. Il mio medico era stato molto chiaro: le ricerche sul Parkinson non avrebbero portato a una cura immediata, ma questa era un'opportunità per contribuire a qualcosa di più grande. La sua motivazione mi ha spinto a provarci, anche perché avevo già partecipato a un centinaio di studi nel corso degli anni”. All’inizio non era così entusiasta di partecipare. Poi ha cambiato idea: “Perché ho deciso di fidarmi, dei medici e del processo. La ricerca mi ha dato non solo speranza, ma anche un modo per comprendere meglio la mia malattia. Sapere cosa sta succedendo nel mio corpo mi aiuta a sentirmi più in controllo, ed è questo che mi dà forza."
LE STAMINALI EMBRIONALI IN ITALIA: OSPITI "NON GRADITE"
In tutto questo, va rimarcato un aspetto forse poco noto. Nel 2004, con la legge 40, l'Italia pose significativi ostacoli alla ricerca sulle staminali embrionali, quasi cristallizzando un dibattito ideologico in un momento in cui il mondo scientifico stava aprendo nuove, straordinarie prospettive terapeutiche. L'ironia della storia è che, nonostante quei divieti, i ricercatori italiani hanno comunque potuto utilizzare cellule staminali embrionali importate dall'estero, mantenendo così una connessione con le frontiere più avanzate della ricerca biomedica.
Quelle staminali embrionali che hanno - nel nostro Paese, e non solo - un percorso complicato sono ora in sperimentazione clinica per il Parkinson e per altre gravi malattie. Un epilogo che racconta la resilienza della ricerca scientifica, capace di superare barriere ideologiche e aprire strade di speranza.