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Uno studio italiano sulle modalità di regolazione delle cellule staminali della pelle è stato recentemente pubblicato su Nature Communications

La proteina FOXM1 è coinvolta nella regolazione delle cellule staminali della pelle e questa informazione potrebbe aprire le porte a nuove applicazioni cliniche per malattie epiteliali come l’epidermolisi bollosa. Sono questi i risultati di una ricerca condotta da un team di ricercatori e ricercatrici dell’Università di Modena e Reggio Emilia (Unimore) presso il Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” e della biotech Holostem Terapie Avanzate, con la collaborazione del Dipartimento di Scienze della Vita e del Centro di Ricerche Genomiche dell’Ateneo, dell’Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica del CNR e dell’Istituto Clinico Humanitas. Il gruppo è guidato dal professor Michele De Luca, che di recente ha vinto un ERC Advanced Grant

Gli innesti cutanei preparati in laboratorio a partire dalle cellule staminali autologhe della pelle possono trattare ustioni e, in futuro, si spera diventino la prassi per il trattamento malattie come l’epidermolisi bollosa, una patologia genetica rara e gravissima studiata da diversi anni da De Luca e dal suo gruppo. Affinché il trapianto di tessuto avvenga con successo, sono molti i parametri da tenere in considerazione e da rispettare, in primis il numero di staminali epiteliali, che deve essere adeguato alle necessità. Le staminali sono fondamentali per il processo di rigenerazione degli epiteli: l’epidermide umana è costituita da molte cellule epiteliali, chiamate cheratinociti, e solo una piccola parte ha le proprietà di una cellula staminale. A partire da queste ultime, isolate ed espanse, si producono gli olocloni, cioè cloni della cellula genitrice con elevate capacità di proliferazione e da anni studiati per diverse applicazioni in terapia cellulare e genica.

In questo nuovo studio, pubblicato a inizio maggio su Nature Communications, il gruppo di ricerca ha visto che gli olocloni continuano a riprodursi grazie all’attività di regolazione della proteina FOXM1. Se la proteina viene prodotta, le cellule mantengono la capacità di autorinnovarsi e di mantenere l’integrità della pelle. Le evidenze raccolte permetteranno un migliore controllo del contenuto in cellule staminali nei lembi di pelle cresciuti in laboratorio, facilitando quindi lo sviluppo di terapie geniche e cellulari combinate per la cura di diverse forme di epidermolisi bollosa e altre malattie genetiche della pelle.

“I tessuti umani preparati in laboratorio possono trattare malattie come l’epidermolisi bollosa giunzionale, una grave patologia genetica della pelle”, afferma Elena Enzo, prima autrice dello studio. “Non si conoscevano però ancora alcuni dettagli molecolari sulle caratteristiche delle cellule staminali. Grazie ad un approccio innovativo per analizzare l’espressione genica delle singole cellule, si sono potute adesso chiarire ulteriormente le differenze tra tipologie cellulari con diverso potenziale di proliferazione, legate proprio dalla proteina FOXM1.” Ancora non è chiaro come FOXM1 regoli la proliferazione delle cellule staminali e quali geni attivi, ma studi precedenti hanno evidenziato che FOXM1 è a sua volta regolato dalla proteina YAP1, anch’essa coinvolta nella regolazione delle cellule staminali.

Questa ricerca si inserisce all’interno di un filone che vede coinvolte da diversi anni le istituzioni scientifiche della medicina rigenerativa di Modena. “Con il noto studio pubblicato su Nature nel 2017 in cui siamo stati in grado di rigenerare l’80% della pelle di un bambino di sette anni affetto da epidermolisi bollosa giunzionale, abbiamo dimostrato che c’è una differenza importante tra i tipi di cellule clonogeniche (o con simile capacità proliferativa) e che gli olocloni sono necessari per permettere una completa rigenerazione”, afferma Michele De Luca. “Con gli studi su p63, YAP1 e FOXM1 possiamo adesso caratterizzare meglio le cellule staminali e aumentare le nostre conoscenze sulla loro regolazione, aprendo le porte a nuove applicazioni cliniche”.

Con il contributo incondizionato di

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