Dott.ssa Valentina Saccone e Dott.sa Martina Sandonà

Agire sulle vescicole extracellulari che comunicano con le staminali per indurre la rigenerazione dei muscoli. Ce ne parla la dott.ssa Martina Sandonà della Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma

Un recente studio pubblicato su EMBO Reports descrive un innovativo approccio terapeutico che potrà avere implicazioni notevoli per la distrofia muscolare di Duchenne (DMD) e per la medicina rigenerativa in generale. Il gruppo di ricerca della Fondazione Santa Lucia IRCCS, dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e del Sanford Burnham Prebys Medical Discovery Institute di La Jolla, California, ha dimostrato che un intervento farmacologico volto a correggere il contenuto delle vescicole extracellulari rilasciate all'interno del tessuto muscolare distrofico può ripristinare la capacità di rigenerazione dei muscoli e prevenire le fibrosi muscolari.

“Diversi anni fa, nel laboratorio del professor Pier Lorenzo Puri - autore dello studio e Full Professor al Sanford-Burnham-Prebys Medical Discovery Institute, precedentemente Direttore del Laboratorio di Epigenetica e Farmacologia Rigenerativa della Fondazione Santa Lucia IRCCS - abbiamo scoperto che il trattamento con gli inibitori dell’istone deacetilasi (HDACi) era in grado di contrastare il declino del muscolo distrofico”, racconta la dott.ssa Martina Sandonà, ricercatrice della Fondazione Santa Lucia IRCCS e prima autrice dello studio. “Abbiamo poi anche scoperto che le cellule target di questo trattamento sono cellule muscolari chiamate FAPs (progenitori fibro-adipogenici) che si trovano nello spazio tra le fibre muscolari e che hanno la funzione di aiutare le cellule staminali muscolari a rigenerare le miofibre in seguito a traumi muscolari.” Nel caso della distrofia muscolare di Duchenne - malattia genetica rara in cui tutti i muscoli del corpo vanno incontro ad un processo degenerativo irreversibile durante il quale il tessuto muscolare viene progressivamente sostituito da tessuto fibrotico e adiposo - le FAPs non riescono più ad indirizzare le cellule staminali muscolari verso il processo rigenerativo, bensì iniziano a generare grasso e fibrosi. “Il trattamento con HDACi ripristina le funzioni normali delle FAPs nei muscoli distrofici, permettendo alle cellule staminali muscolari di rigenerare i muscoli. Questo è il punto da cui siamo partiti”, continua Sandonà.

La domanda a questo punto è diventata: le FAPs comunicano con le cellule staminali del muscolo, ma come? I ricercatori hanno indagato queste modalità di comunicazione e si sono concentrati sulle vescicole extracellulari secrete dalle FAPs, in particolar modo sugli esosomi. Sono proprio questi ultimi che mediano la comunicazione tra le FAPs e le cellule staminali del muscolo: l’obiettivo dello studio era quello di capire se il trattamento con HDACi fosse in grado di modificare questi esosomi e il messaggio che trasportano, modificando così anche la risposta cellulare. “Abbiamo preso questi esosomi dalle FAPs trattati con gli inibitori dell’istone deacetilasi e siamo andati a studiarne il contenuto”, spiega Sandonà. “Abbiamo visto che il trattamento era in grado di cambiare il messaggio trasferito, che passava quindi da un messaggio degenerativo - pro-fibrotico che porta alla degenerazione muscolare - a un messaggio positivo e pro-rigenerativo”.

Da qui l’idea che gli esosomi provenienti da cellule trattate possano in futuro essere utilizzati per avere un effetto farmacologico, evitando però gli effetti collaterali generalmente associati ai farmaci. Durante l’esperimento sono stati prelevati gli esosomi da cellule FAPs trattate con HDACi e iniettati nei muscoli di topi modello per la distrofia. Quello che è stato osservato è un miglioramento del muscolo ed è stato così confermato che gli esosomi sono in grado di mediare l’effetto benefico del farmaco stesso. Anche se ancora non è chiaro come l’esosoma trasmetta le informazioni alla cellula, quello che è chiaro è che ha una “bandierina” che viene riconosciuta dalla cellula ricevente, che la ingloba e permette il rilascio del contenuto e la trasmissione delle istruzioni.

“L’interesse per gli esosomi deriva dal fatto che trasportano informazioni genetiche e che sono dei trasportatori endogeni molto piccoli. L’obiettivo era proprio quello di trovare un mediatore che riuscisse a contenere tutto un messaggio specifico e, siccome gli esosomi contengono proteine, DNA, RNA, abbiamo pensato che potessero essere i trasportatori ideali per un messaggio intero, come se fosse un libretto di istruzioni per la cellula staminale, e non per un solo componente”, commenta la ricercatrice. “Inoltre, capire come queste cellule comunicano e il ruolo degli esosomi ci permetterà in futuro di pensare a ingegnerizzarli per renderli un vero e proprio farmaco. Le prospettive future, infatti, riguardano l’elaborazione di una possibile nuova strategia terapeutica basata sugli esosomi e sulla loro modificazione farmacologica. Noi ci occupiamo di distrofie muscolari, ed in particolare della Duchenne, ma questa è una conoscenza che si potrà estendere a diverse patologie”.

Questo studio apre uno spiraglio di speranza per il futuro per la comunità dei pazienti Duchenne: più strumenti sono a disposizione di ricercatori e medici, e maggiori sono le possibilità di poter trovare una soluzione. “Non è un caso che io abbia deciso di studiare questo nella mia vita: mia madre lavorava per Parent Project aps - l’associazione di pazienti e genitori con figli affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker in Italia - e sono rimasta folgorata dalle ricerche svolte nel laboratorio del prof. Puri durante una conferenza dell’associazione. Per me, e per tutto il gruppo, l’aspetto emotivo vale tantissimo e il nostro scopo è arrivare al traguardo per pazienti e famiglie”, racconta Martina Sandonà.

Per rendere concreta la possibilità di usare gli esosomi come approccio terapeutico, circa due anni fa il gruppo di ricerca ha deciso di fondare la startup Exofix. “La start up, che è ancora in fase iniziale, ha l’obiettivo di comprendere il meccanismo di funzionamento di un esosoma farmacologicamente modulato che ha un’attività sulla cellula staminale, in modo tale da creare degli strumenti innovativi utilizzabili anche per altre patologie”, conclude la dottoressa. “Questo potrebbe fornire delle vantaggiose strategie terapeutiche ‘cell-free’ e portare l’utilizzo degli esosomi nella medicina rigenerativa”.

Lo studio, coordinato dal prof. Puri e dalla dott.ssa Valentina Saccone, PhD in Genetica Medica, ricercatrice alla Fondazione Santa Lucia IRCCS e docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, sta gettando le basi per questo innovativo nuovo filone di ricerca.

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