Durante il “Biomanufacturing in Space Symposium 2020” è stata esaminata la possibilità di fare ricerca in questo settore lavorando in microgravità
L’anno scorso il Center for the Advancement of Science in Space (CASIS), ente che gestisce il Laboratorio Nazionale della Stazione Spaziale Internazionale (ISS National Lab), e il McGowan Institute for Regenerative Medicine dell’Università di Pittsburgh hanno ospitato il “Biomanufacturing in Space Symposium 2020”. Obiettivo dell’incontro - che ha riunito 138 esperti internazionali nei settori dell'ingegneria dei tessuti, della medicina rigenerativa e della ricerca spaziale - è stato quello a prendere in considerazione la biofabbricazione in orbita. La ricerca in microgravità, infatti, avrebbe il potenziale per contribuire al progresso scientifico nell’ambito della medicina rigenerativa. Un articolo pubblicato a fine dicembre su Stem Cell Reports evidenzia le opportunità discusse durante il simposio.
Negli ultimi 20 anni è stato dimostrato, grazie al crescente numero di lanci in orbita e di esperimenti fatti sulla ISS, che la microgravità può essere sfruttata per far progredire la scienza biomedica. Nel frattempo, l’ISS National Lab ha supportato diversi studi nelle aree dell'ingegneria dei tessuti e della medicina rigenerativa, che hanno raggiunto traguardi notevoli. Questa potrebbe essere un’occasione unica per implementare la produzione in orbita, dato che ha alcuni benefici rispetto a quella terrestre e potrebbe portare a scoperte altrimenti impossibili.
PRODURRE STAMINALI A GRAVITÀ QUASI ZERO
Stando alla recente pubblicazione, la biofabbricazione - che utilizza materiali biologici per produrre sostanze e biomateriali adatti all'uso in applicazioni precliniche, cliniche e terapeutiche - può essere più produttiva in condizioni di microgravità. Sfruttare la microgravità ha dato agli scienziati nuove intuizioni su aspetti fondamentali del comportamento cellulare, delle interazioni cellula-cellula, dello sviluppo dei tessuti e della loro rigenerazione. Questo perché conferisce una serie di proprietà molto speciali ai tessuti biologici e ai processi biologici che possono aiutare a produrre cellule o altri prodotti in un modo che non si potrebbe fare sulla Terra. Tre sono le aree chiave identificate: sviluppo di modelli di malattie, biofabbricazione e produzione di cellule staminali e derivati.
STUDIARE LE MALATTIE
La microgravità induce cambiamenti nel corpo umano che si traducono in parametri misurabili, tra questi il decondizionamento cardiovascolare, l’atrofia dei muscoli scheletrici, la perdita di tessuto osseo e le disfunzioni immunitarie. Questi effetti sono caratteristici anche dell'invecchiamento e di alcune malattie croniche umane, ma si manifestano ad un ritmo accelerato: potrebbero richiedere anni per manifestarsi sulla Terra, ma possono svilupparsi in poche settimane in microgravità. Anche se questi cambiamenti sono una preoccupazione per la sicurezza degli astronauti su voli spaziali di lunga durata, essi rappresentano un'opportunità per studiare l'invecchiamento, la progressione di malattie e per testare le terapie su una scala temporale accelerata.
Aumentare le conoscenze su malattie e su possibili approcci terapeutici – sia usando le cellule staminali che gli organoidi – sono attività di grande interesse, dato che il corpo esposto a condizioni di bassa gravità per lunghi periodi di tempo va incontro a cambiamenti fisiologici significativi. I modelli di malattia sviluppati in microgravità possono aiutare a comprendere meglio questi cambiamenti fisiologici e applicare le conoscenze non solo alla ricerca spaziale e agli effetti sugli astronauti, ma anche a malattie comuni come l’osteoporosi.
BIOFABBRICAZIONE
Un altro argomento discusso è stata la biofabbricazione, cioè l’utilizzo dei processi di fabbricazione per produrre tessuti e organi sfruttando tecnologie come la stampa 3D. Uno dei problemi da affrontare quando si fanno crescere delle cellule in tre dimensioni è la densità indotta dalla gravità, che rende difficile alle cellule espandersi e crescere. La gravità (e la sua mancanza) influisce su molti processi biologici e fisici. Con la microgravità gli scienziati sperano di riuscire a stampare forme uniche di organoidi non producibili in altre condizioni, contribuendo a far avanzare la ricerca.
PRODURRE LE STAMINALI
Il terzo punto riguarda la produzione di cellule staminali e la comprensione di come alcune delle loro proprietà siano influenzate dalla microgravità. Tra queste sono incluse le capacità di rinnovarsi e di differenziare, tra le più interessanti quando si parla di staminali. Aumentare le conoscenze sugli effetti del volo in orbita sulle staminali potrebbe rivelarsi determinante nello sviluppo di tecniche per produrre grandi quantità di cellule in microgravità. Questo potrebbe essere di grande interesse per chi utilizza le cellule staminali nella ricerca scientifica, ma anche per chi punta alle applicazioni terapeutiche.
IL PRIMO PASSO VERSO LA RICERCA IN ORBITA
Gli investimenti per portare avanti un progetto di questo tipo sono notevoli ma, come riportato nell’articolo, la produzione in microgravità su larga scala potrebbe conferire vantaggi non replicabili altrove e il maggior ritorno di valore deriverà proprio dai dati raccolti. Questo perché potranno essere utilizzati per migliorare processi, prodotti e strumenti utilizzabili nei laboratori terrestri. Inoltre, è stata sottolineata l’importanza di utilizzare l’intelligenza artificiale, il machine learning e l’automazione per produrre e gestire i dati prodotti.
Negli ultimi anni, la ISS è stata sempre più utilizzata da utenti commerciali, accademici e governativi focalizzati sullo sfruttamento della microgravità per la ricerca e lo sviluppo di prodotti in grado di portare benefici sulla Terra. Un certo numero di agenzie governative si sono impegnate in iniziative di finanziamento pluriennali che utilizzano il laboratorio nazionale della ISS. Senza considerare tutte le aziende che stanno progettando strumenti, satelliti e piattaforme per la ricerca – biomedica, ma non solo - nello spazio. Il simposio è stato quindi un primo passo verso un nuovo possibile scenario della ricerca sulle cellule staminali.