insufficienza cardiaca

Al via uno studio clinico di Fase I/II per testare l’efficacia di una terapia a base di cellule staminali mesenchimali allogeniche per riparare il muscolo cardiaco

Alcune parti del nostro corpo hanno la capacità di rigenerarsi abbastanza facilmente: una ferita sulla pelle si rimargina più o meno rapidamente, le fibre muscolari danneggiate si “auto-riparano” e il fegato può ricrescere dopo un’infezione o un intervento chirurgico. Ma non il cuore: quando il tessuto cardiaco subisce un danno, il corpo non è in grado di ripararlo. Se il danno è esteso, potrebbe non riuscire più a soddisfare le esigenze dell’organismo. Riparare il muscolo più importante del nostro corpo è la sfida intrapresa oggi dalla medicina rigenerativa. Un contributo alla causa viene dall’azienda BioCardia che, a fine 2022, ha annunciato l’autorizzazione da parte dell’Food and Drug Administration (FDA) statunitense per uno studio clinico di Fase I/II per testare la terapia CardiALLO, a base di cellule staminali mesenchimali allogeniche (ossia fornite da donatori), su pazienti con insufficienza cardiaca ischemica.

INSUFFICIENZA CARDIACA

L’insufficienza cardiaca è ancora una delle principali cause di morbilità e mortalità nel mondo. Colpisce circa 40 milioni di persone e, secondo le stime più recenti, la sua prevalenza nella popolazione potrebbe aumentare del 46% nei prossimi dieci anni. Tra le più comuni cause di insufficienza cardiaca vi è l’ischemia e il restringimento, o l’ostruzione, delle arterie coronariche che portano il sangue e i nutrienti al cuore. Nei casi di ischemia miocardica acuta, la quantità di sangue ossigenata che raggiunge il cuore diminuisce di colpo, provocando uno stato di sofferenza, che se protratto può portare alla morte per necrosi dei cardiomiociti e degenerare in un infarto.

Le cellule del muscolo cardiaco non sono in grado di rigenerarsi, o comunque non in tempi rapidi: in un cuore danneggiato si forma un tessuto cicatriziale e l’organo non pompa più il sangue con la stessa forza di prima. Con il tempo potrebbe danneggiarsi di nuovo e richiedere un trapianto, un’opzione realmente disponibile solo per pochi, poiché l’intervento è rischioso e il numero di potenziali beneficiari supera quello dei donatori. Le terapie avanzate possono offrire una nuova via per trattare l’insufficienza cardiaca, ad esempio con la terapia genica o con le cellule CAR-T.

LE STAMINALI PER RIGENERARE IL CUORE

Alle strategie citate sopra, si aggiungono anche le cellule staminali, una delle strade più battute dalla medicina rigenerativa cardiovascolare negli ultimi anni. Queste cellule sono infatti ancora “immature”, non differenziate, e possono quindi dare origine alla maggior parte dei tipi cellulari, compresi i cardiomiociti.

I nuovi cardiomiociti potrebbero sostituire quelli danneggiati a causa di un’ischemia o di un infarto e ripristinare la funzionalità del cuore. La strada però è ancora tutta in salita: dopo quasi 20 anni di studi clinici, nessuna terapia è stata ancora autorizzata sul mercato. Anzi, il progetto di riparare il cuore con le cellule staminali ha subito più di una battuta d’arresto, a causa di risultati non riproducibili e di esperimenti condotti in maniera poco rigorosa. I nodi da sciogliere sono ancora tanti, a partire dal tipo di cellule staminali e se usare quelle del paziente stesso (autologhe) o di un donatore sano (allogeniche)

LA NUOVA TERAPIA “OFF THE SHELF”

BioCardia, azienda californiana specializzata in terapie cellulari per malattie cardiovascolari e polmonari, aveva già avviato nel 2017 un trial clinico di Fase III per un trattamento a base di cellule staminali autologhe (CardiAMP), estratte dal midollo osseo dei pazienti stessi. La biotech ha ora annunciato un nuovo studio di Fase I/II autorizzato dalla FDA per testare, su un piccolo numero di pazienti con insufficienza cardiaca ischemica, una terapia “off-the-shelf” con cellule staminali mesenchimali allogeniche. La differenza con le staminali autologhe è che queste sarebbero “pronte all’uso”, ovvero subito disponibili in una banca di donatori, permettendo così di estendere la platea dei potenziali beneficiari del trattamento. Diversi pazienti, infatti, non hanno potuto partecipare al trial di Fase III, perché la loro composizione cellulare era stata giudicata non idonea.

Lo sviluppo di una terapia allogenica nasce quindi dall’esigenza di avere una soluzione completa nell’ambito delle terapie cellulari, poiché il trattamento con cellule staminali autologhe potrebbe funzionare solo sui due terzi dei pazienti. La terapia sperimentale d CardiALLO, si basa su cellule estratte dal midollo osseo di un donatore sano “universale”. Queste vengono coltivate in laboratorio e congelate, a questo punto possono essere spedite, scongelate ed iniettate direttamente nel muscolo cardiaco danneggiato del paziente.

Nello specifico, CardiALLO è a base di cellule staminali mesenchimali (MSC): protagoniste della terapia rigenerativa cardiovascolare già da decenni, poiché danno origine a diversi tessuti, come quello adiposo, muscolo-scheletrico o osseo. Ma soprattutto, le MSC possono formare sia i cardiomiociti, sia le cellule vascolari che ricoprono le vene e le arterie del cuore. Le cellule selezionate da BioCardia hanno anche una seconda caratteristica: possiedono il recettore per la neurochinina-1 (NK1R+). Questo recettore è normalmente presente nel muscolo cardiaco ed è un sito di legame per la Sostanza P (SP), un neuropeptide mediatore della risposta immunitaria e di varie funzioni cardiovascolari.

Per somministrare le staminali direttamente nel muscolo danneggiato, BioCardia ha progettato uno speciale catetere con un ago a forma di elica, che viene infilato nelle camere del cuore e si incastra nelle pareti ruotando su sé stesso in senso orario guidato dal battito cardiaco (il meccanismo ricorda quello di un cavatappi).

I PROSSIMI PASSI

Le previsioni dell’azienda sono di riuscire a somministrare la terapia ai primi pazienti entro la fine del 2023. Inoltre, all’inizio di quest’anno, BioCardia ha annunciato una collaborazione con la biotech CellProthera per sviluppare una nuova terapia cellulare con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti che hanno subito un infarto acuto del miocardio e non hanno altra opzione se non quella di ricorrere a un trapianto di cuore.

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