Vasi sanguigni bioingegnerizzati pronti all’uso

Potranno essere usati su pazienti affetti da insufficienza renale o negli interventi di bypass coronarico. Senza rischi tossicologici o reazioni di rigetto.

Avete mai pensato al moschettone? In fondo si tratta solo di un anello di metallo dotato di una leva che ne permette l’apertura. Tuttavia, l’elenco dei suoi possibili utilizzi è talmente lungo che rischierebbe di monopolizzare questa pagina. Più o meno quello che accade con i vasi sanguigni. La loro funzione è vitale e le situazioni patologiche che ne rendono necessaria la sostituzione o la riparazione sono plurime – basti pensare alle patologie cardiovascolari e all’arteriosclerosi – ma vi siete mai chiesti come si “ripara” o con cosa si “sostituisce” un’arteria o una vena?
Nelle operazioni di bypass coronarico si usano tratti di vene o arterie dello stesso paziente (a volte presi dalla gamba o più spesso dal torace) per sostituire un vaso danneggiato. Ma se le condizioni cliniche del paziente non permettessero questo tipo di prelievo?

È sconsigliabile usare frammenti di vena o arteria di altri donatori perché questo solleverebbe pesanti problematiche di istocompatibilità, come nel caso dei trapianti d’organo. E non si possono usare arterie di gomma o di plastica. Non sarebbe forse ideale disporre di vasi sanguigni pronti all’uso da impiantare su tutti i pazienti, senza che ciò ponga il problema della compatibilità tissutale? Questa è la domanda che si sono posti i ricercatori americani che hanno avviato un progetto finanziato dall’NIH (National Institutes of Health) per creare vasi sanguigni umani acellulari (human acellular vessel, HAV) da impiantare in malati affetti da grave insufficienza renale.

In un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine viene accuratamente spiegato il progetto coordinato dalla dott.ssa Heather Prichard, della Humancyte Inc., che si è avvalsa dell’aiuto di un team di ricercatori del Duke University Medical Center di Durham e dell’Università di Yale per – letteralmente – coltivare in laboratorio dei vasi sanguigni bioingegnerizzati da usare nei pazienti sottoposti a dialisi renale.
Che la medicina rigenerativa stia vivendo un momento di fulgido interesse è testimoniato da un corposo fiorire di ricerche, come si evince dall’eco della ricerca israeliana che ha portato alla creazione di un primo cuore artificiale stampato in 3D con le cellule stesse del paziente. Un cuore fa più notizia di un vaso sanguigno di circa 40 cm di lunghezza e 6 mm di diametro. In fondo si può pensare che si tratti solo di un tubo, non di un organo complesso. Ed ecco l’errore. Perché le problematiche che affliggono un organo sono le stesse che, nel corso degli interventi chirurgici, possono riguardare un vaso sanguigno. Medici e chirurghi preferiscono sempre usare materiale autologo, ovvero del paziente, per non incorrere in gravi reazioni di rigetto scatenate dal problema dell’istocompatibilità e l’uso di materiali sintetici, a volte obbligato dalle condizioni di salute del paziente, crea problemi strutturali tra cui il rischio di infezione o di trombosi. Per quanto sofisticati, si tratta comunque sempre di materiali estranei all’organismo. Infine, se si considera l’impatto delle patologie cardiovascolari sulla popolazione a livello mondiale è innegabile che la ricerca di un protocollo per la produzione di vasi bioingegnerizzati a partire dal materiale biologico del paziente corrisponda ad una pressante esigenza medica.

In maniera analoga a quella per la produzione di organoidi, anche in questo caso il punto di partenza è stato uno scaffold, una struttura biodegradabile costituita da una rete di polimeri estremamente leggera, sulla quale sono state seminate le cellule ottenute da un donatore umano. Il tutto è avvenuto all’interno di un bioreattore in 3D, un dispositivo realizzato per favorire il flusso del mezzo di coltura in maniera costante attraverso la struttura tridimensionale, portando i nutrienti, rimuovendo i prodotti di scarto, e fornendo anche le stimolazioni meccaniche necessarie alla crescita delle cellule. Fondamentalmente si tratta di un sistema che intende riproporre in maniera fedele le condizioni di un sistema circolatorio umano. Dopo 8 settimane di incubazione durante le quali le cellule sono cresciute e si sono sviluppate, i ricercatori hanno rimosso la parte cellulare mantenendo solo la struttura in collagene, una proteina fibrosa essenziale per la struttura di un vaso sanguigno. Il risultato finale è un vaso sanguigno acellulare e, pertanto, impiantabile in qualsiasi paziente senza correre il rischio di una reazione immunitaria. Forse qualcuno si sta ancora chiedendo perché tanto entusiasmo. Perché, una volta impiantato, il vaso in collagene acellulare costituisce la struttura su cui le cellule del paziente possono aderire e, crescendo, arrivare a formare un vaso sanguigno vero. Nessun materiale estraneo viene così usato per tutta l’operazione.

Nell’articolo i ricercatori esaminano i risultati ottenuti dai primi 60 pazienti affetti da insufficienza renale allo stadio terminale sottoposti a dialisi nel corso di due studi clinici di Fase I e II condotti negli Stati Uniti e in Polonia ma, al momento attuale, i pazienti su cui questi vasi bioingegnerizzati sono stati usati arrivano a 240 con due studi clinici di Fase III già avviati. I vasi bioingegnerizzati sono stati impiantati con successo nelle braccia dei partecipanti dove sono rimasti per un periodo di tempo variabile da 16 fino a 200 settimane, nel corso del quale i malati sono stati sottoposti a dialisi tre volte alla settimana. Le prime analisi ne hanno confermato la sicurezze e l’efficacia.

Le implicazioni di questa ricerca arrivano agli interventi di bypass coronarico o a quelli di sostituzione di vasi sanguigni danneggiati da lesioni o mancanti a causa di difetti congeniti. Un giorno potremmo disporre di stock di vasi acellulari pronti all’uso la cui produzione potrebbe essere semplice con costi sempre più contenuti. Ma, soprattutto, senza rischi tossicologici per i pazienti e senza creare reazioni di rigetto. I campi di applicazione sono moltissimi, un po' come quelli del moschettone, un accessorio talmente diffuso e utilizzato che diamo tanto per scontato dimenticando quanto complicato sarebbe farne a meno. Esattamente come nel caso di vene e arterie.

 

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