Cuore artificiale

Il battito delle cellule gli permette di nuotare, muovendo la pinna caudale al ritmo del cuore. L’obiettivo è studiare i meccanismi alla base di malattie cardiache e realizzare un cuore artificiale

Non tutti i robot sono fatti di plastica o metallo, quelli del futuro saranno sempre più simili ai cyborg dei racconti di fantascienza. I ricercatori di Harvard ne hanno realizzato uno che ha l’aspetto di un pesce – e nuota come un pesce – ma in realtà è una macchina bioibrida: integra cellule muscolari cardiache, derivate da staminali umane, con componenti sintetici per emulare le caratteristiche dei viventi. Nuota grazie alle proprietà meccano-elettriche del muscolo cardiaco, per mezzo di un ciclo di movimenti di contrazione e rilassamento. Come riporta l’articolo pubblicato su Science, la macchina ha continuato a "vivere" e nuotare per più di 100 giorni. Una tecnologia che potrebbe aiutare a comprendere i meccanismi biologici alla base delle malattie cardiache, fino alla realizzazione di un cuore artificiale.

I ROBOT DEL FUTURO

I nostri organi e tessuti sono macchine biologiche, che si sono perfezionate nel corso di milioni di anni. L’ultima frontiera dell’ingegneria è quella di incorporare queste componenti biologiche in una macchina artificiale, che si muove e reagisce agli stimoli in maniera simile a un essere vivente. Al confine tra uomo e macchina, i sistemi bioibridi hanno un enorme potenziale rispetto alle loro controparti fatte di plastica e metallo. Esistono già, ad esempio, robot che sfruttano fibre muscolari biologiche per muoversi, più elastiche e flessibili delle guarniture meccaniche. Grazie a questi muscoli di ultima generazione, i cyborg del futuro potrebbe essere più agili ed efficienti, più fluidi e naturali nei movimenti: in una parola, più simili agli esseri viventi.

Anche la forza dei loro muscoli aumenterebbe con l’esercizio fisico, la loro pelle sarebbe in grado di rimarginarsi da sola dopo una ferita e potrebbero trasformare gli zuccheri in energia come facciamo noi. Sarebbero anche in grado di reagire agli stimoli in maniera paragonabile a quella di un animale o un essere umano, potrebbero persino imparare dall’esperienza e adattarsi ai cambiamenti del mondo esterno. Ma, soprattutto, i robot bioibridi permetterebbero di studiare a fondo i meccanismi biologici che sottintendono al funzionamento (e alla malattia) di organi e tessuti e di progettare biomateriali, organi artificiali e protesi biocompatibili.

IL PESCE BIOIBRIDO

I ricercatori dell’università di Harvard (Stati Uniti) si sono ispirati alla macchina biologica per eccellenza: il cuore. Hanno derivato le cellule del muscolo cardiaco (o cardiomiociti) da cellule staminali embrionali umane e le hanno incorporate in una struttura sintetica ispirata alla forma del pesce zebra ( o zebrafish, modello animale molto utilizzato nei laboratori di biologia molecolare e cellulare). La struttura è formata da due sottili strati di tessuto muscolare (per un totale di circa 73.000 cardiomiociti) ai lati, da pinna caudale in idrogel e cartone, e da una pinna dorsale in plastica. La lunghezza è di 14 mm e il peso di 25 mg (di cui 0.36 g di massa muscolare).

Il pesce bioibrido nuota sfruttando le proprietà del tessuto muscolare cardiaco: segnalazione meccano-elettrica e automaticità. La segnalazione meccano-elettrica è un meccanismo a feedback che regola il ciclo di contrazione e rilassamento del cuore. Il rilassamento, o distensione del tessuto muscolare, attiva un gruppo di proteine meccanosensibili, che rispondono al cambiamento di pressione interno alla cellula e stimolano l’immediata contrazione del muscolo disteso. Questo principio vale anche per i due strati muscolari ai lati della pinna caudale. Quando uno si contrae, l’altro si distende, in una catena azione-reazione che riproduce il battito del cuore umano e consente a questo zebrafish artificiale di nuotare in maniera continua muovendo la pinna caudale a destra e a sinistra.

NUOTARE A RITMO DEL CUORE

I ricercatori hanno inizialmente controllato dall’esterno il movimento del robot-pesce con un meccanismo chiamato stimolazione optogenetica, cioè hanno innescato la contrazione del muscolo grazie all’emissione di segnali luminosi. Hanno poi creato una versione che non necessita di alcuna stimolazione esterna, poiché sfrutta la seconda proprietà del tessuto muscolare cardiaco: l’automaticità. Con un piccolo numero di cardiomiociti, hanno ricreato un analogo del nodo senoatriale - il pacemaker naturale del cuore - che ha la funzione di dare origine agli impulsi elettrici che si trasmettono al tessuto muscolare causandone la contrazione.

Grazie a questo particolare meccanismo a feedback, la performance del pesce bioibrido ha superato quella di altri sistemi testati in precedenza ed è risultata completamente paragonabile a uno zebrafish vero. La sua velocità di nuoto è stata pari a 15.0 mm/s, 27 volte maggiore di quella di un altro biorobot ispirato a un animale acquatico, una razza artificiale formata da cellule di muscolo cardiaco di ratto. L’altra caratteristica fondamentale è stata la sua longevità: il pesce bioibrido ha mantenuto la sua attività spontanea per 108 giorni, contro i soli 6 giorni della razza. Come un qualsiasi essere vivente, i cui muscoli si rafforzano con l’allenamento, anche il pesce artificiale ha gradualmente migliorato la sua performance nel corso del primo mese di attività, aumentando la velocità e la coordinazione.

VERSO UN CUORE ARTIFICIALE?

Le macchine bioibride sono il mezzo per un fine molto più importante, che è quello di studiare i meccanismi alla base di malattie cardiache, come le aritmie, e di iniziare a costruire le basi per la realizzazione di un cuore artificiale per i trapianti. “Il nostro obiettivo finale è costruire un cuore artificiale per sostituire un cuore malformato in un bambino”, ha affermato Kit Parker, professore di bioingegneria e fisica applicata, direttore del gruppo multidisciplinare di biofisica delle malattie all'Università di Harvard e coordinatore dello studio. “Stiamo identificando i principi biofisici chiave che fanno funzionare il cuore, e li usiamo come criteri di progettazione, replicandoli in un sistema: un pesce vivente che nuota”. In questo sistema, infatti, è più semplice e immediato testare il funzionamento delle cellule cardiache derivate in laboratorio e i ricercatori possono individuare subito le eventuali anomalie.  

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