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Dott. Quattrini (Milano): “Usando le staminali pluripotente indotte vogliamo ricreare il modello di un’unità motoria coinvolta nella patogenesi della SLA e di altre neuropatie periferiche”

Per studiare e comprendere un qualsiasi fenomeno servono i giusti strumenti di osservazione. Ugualmente per indagare a fondo una patologia ricca di sfaccettature biochimiche come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), bisogna disporre del modello di studio adeguato che, purtroppo, non risulta semplice da realizzare. Per fortuna le moderne tecniche di bioingegneria stanno consentendo di compiere grandi balzi avanti nella messa a punto di un modello funzionale e morfologico per questa gravissima patologia neurodegenerativa. Nella speranza che ciò porti presto a disporre di potenziali farmaci. A spiegare come ciò potrà essere possibile sono il dott. Alessandro Polini, dell’Istituto di Nanotecnologia del CNR di Lecce, e il dott. Angelo Quattrini, dell’Unità di ricerca di Neuropatologia Sperimentale dell’Ospedale San Raffaele di Milano.

ORGAN-ON-CHIPS (OOC): L’ULTIMA FRONTIERA DELLA BIOLOGIA CELLULARE 

Autori di una pubblicazione sulla rivista Scientific Reports del Nature Publishing Group, i due ricercatori sono attualmente al lavoro sulla realizzazione di un modello cellulare valido per lo studio della SLA, combinando l’uso delle cellule staminali e le ultime frontiere della bioingegneria per la loro coltivazione. L’utilizzo di colture cellulari umane per la ricerca risale a metà del secolo scorso - si pensi all’incredibile storia delle cellule HeLA - e sono presto divenute fondamentali per lo studio di certe malattie perché, con budget ridotti e tempi relativamente brevi, consentono di raccogliere una serie di informazioni altrimenti ricavabili solo dai modelli in vivo. Pertanto, esse sono indispensabili nelle prime fasi di studio di nuovi potenziali farmaci. Purtroppo, le colture cellulari hanno qualche svantaggio legato soprattutto alla perdita di funzioni specifiche degli organi osservati. Tale limite deve essere superato per poter affrontare una malattia complessa come la SLA.

“La tecnologia degli Organ-On-Chips (OOC) rappresenta l’ultimo stadio evolutivo degli strumenti da decenni usati nell’ambito della biologia cellulare”, spiega il dott. Polini. “Grazie agli OOC è possibile coltivare le cellule non più su una capsula Petri ma su supporti miniaturizzati - delle dimensioni dei vetrini di microscopio - nei quali compartimenti isolati risultano collegati solo da microscopici canali. In questo modo, ogni tipologia di cellula può crescere in un dato spazio ed è possibile decidere a priori come le varie cellule possono interagire e comunicare tra loro. Inoltre, possiamo decidere come studiare questa speciale interazione regolando alcuni parametri fra cui la direzione del liquido in cui le cellule crescono. Oppure introducendo stimoli di natura fisica o chimica. Ad esempio, aggiungendo una molecola di interesse in un dato momento si può emulare un profilo terapeutico che si evolve nel tempo”. In pratica, gli OOC (di cui avevamo già parlato qui) sono strumenti altamente evoluti che i ricercatori aggiornano in base alle necessità dei clinici, modificandoli sulla base delle nuove conoscenze sulla biologia cellulare di una patologia. E possono essere combinati con il ricorso alle cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) per ottenere modelli di malattia estremamente precisi. 

LA SFIDA DELLA SLA 

I risultati della ricerca condotta dal dott. Quattrini, e apparsi recentemente sulla rivista Brain, hanno costituito il punto di partenza della collaborazione tra l’Ospedale San Raffaele di Milano e l’Istituto di Nanotecnologia di Lecce. “La nostra idea è stata quella di ricreare l’unità motoria coinvolta nella patogenesi della SLA e di altre neuropatie periferiche”, precisa il dott. Quattrini. “Tale unità motoria è composta dal motoneurone, dalle cellule del sistema nervoso periferico e dalle cellule muscolari. Dovremo quindi creare tre compartimenti separati e spingere le cellule staminali pluripotenti ricavate dai fibroblasti dei pazienti a differenziarsi nei vari tipi cellulari, creando così un’unita motoria aderente alla realtà, sia dal punto di vista strutturale che funzionale”. Le cellule di Schwann, presenti lungo i nervi, si avvolgono intorno all’assone e formano la mielina che ha funzione di protezione. Quando essa viene a mancare il motoneurone muore e non è più in grado di condurre segnali ai muscoli.

“I fenotipi di malattia nella SLA sono molto diversi e questo produce nei pazienti diverse manifestazioni cliniche che rendono spesso difficoltosa la diagnosi”, prosegue Quattrini. “Attraverso questo innovativo modello di studio desideriamo capire se la proteina TDP-43 passa dalle cellule di Schwann all’assone e al motoneurone”. Nel loro studio i ricercatori milanesi avevano, infatti, notato che la proteina TDP-43 si accumulava nei nervi motori dei pazienti prima dell’avvio del processo di degenerazione assonale tipico della SLA, perciò ora intendono sfruttare le potenzialità degli OOC e delle cellule iPSC per fare luce sul significato di questi accumuli di TDP-43 e capire che ruolo essi abbiano nella patogenesi della SLA. 

ALL’INIZIO DI UN PERCORSO MOLTO PROMETTENTE

“La nostra ricerca è giunta a un momento determinante nel quale mettiamo insieme i dati relativi alla progettazione, realizzazione e validazione degli OOC e quelli sull’ingegnerizzazione delle cellule staminali pluripotenti indotte”, afferma Polini. “È un’operazione che richiede tempo perché queste cellule necessitano di lunghi periodi per il loro differenziamento, ma stiamo lavorando in sinergia con i colleghi del San Raffaele per raggiungere l’obiettivo di un’unità motoria su chip, che includa cellule staminali differenziate in motoneuroni e in precursori di cellule di Schwann”. Si tratta del passaggio più complicato che porterà poi a disporre del modello composto dalle tre diverse tipologie cellulari. Questo dovrà poi essere usato per verificare le ipotesi di ricerca, fra cui il ruolo di TDP-43. Solo successivamente si potranno indagare i fenomeni correlati e magari trovare un target farmacologico per testare molecole candidate a rappresentare veri e propri farmaci contro la SLA.

“Gli OOC vengono già usati in alcuni laboratori specializzati ma la parte veramente innovativa della nostra ricerca è relativa alla possibilità di differenziare le cellule di Schwann che producono la mielina e metterle in comunicazione con la camera dove passa l’assone”, conclude Quattrini. “Sono cellule molto delicate da ottenere ma se ci riusciamo avremo ottenuto un modello utile anche per lo studio delle neuropatie periferiche e della giunzione neuro-muscolare. Questo potrebbe aprire la strada a una medicina di precisione grazie a cui testare farmaci mirati per un certo tipo di patologia e in un certo gruppo di pazienti”.

Entro la fine del 2022 i ricercatori sperano di ottenere l’unità motoria delle cellule sane, poi sarà la volta del modello della SLA. Il sentiero è all’inizio ma la direzione è tracciata.

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