CAR

Lo studio di un gruppo di ricerca statunitense suggerisce come puntare ai segnali cellulari per la realizzazione di versioni più efficienti di cellule che sfruttano il CAR per combattere i tumori solidi

Alle terapie a base di cellule CAR-T sono affidate le speranze di quanti cercano una terapia efficace per il cancro poiché esse rappresentano il crocevia di tutte le terapie avanzate: sono, di fatto, una terapia genica, ma considerate anche una terapia cellulare, possono adattarsi ai protocolli di editing genomico e, soprattutto, esprimono le potenzialità del sistema immunitario nel rispondere alle proliferazioni neoplastiche. Tuttavia, il soffitto di cristallo che le cellule modificate per esprimere l’antigene CAR devono ancora sfondare è quello dell’oncologia solida e la chiave di questo risultato potrebbe risiedere nella fine comprensione dei processi di segnalazione cellulare. A spiegarlo è un interessante articolo pubblicato a febbraio sulla rivista Nature Biotechnology.

CONCENTRARSI SULLE VIE DI SEGNALAZIONE INTRACELLULARI 

Un gruppo di ricercatori del St. Jude Children’s Research Hospital di Memphis (Stati Uniti) ha descritto come l’aggiunta di una speciale molecola alle cellule Natural Killer (NK) o alle cellule T modificate con i CAR può migliorare la durata e l’efficienza di queste strategie terapeutiche in modelli murini di tumori cerebrali, polmonari e ossei. Quello che, solo in apparenza, sembra scontato è in realtà il frutto di un percorso di ricerca che trova il meglio di sé nella contaminazione: le problematiche ascritte alle CAR-T possono essere di vario genere e uno degli ostacoli più difficili da superare quando si guarda ai tumori solidi è il microambiente tumorale, una zona ostile e difficile dove le CAR-T non riescono ad orientarsi come dovrebbero. I ricercatori del Dipartimento dei Trapianti di Midollo Osseo e Terapie Cellulari del St. Jude hanno incrociato le competenze di diverse discipline, tentando di trovare una soluzione affidandosi alle conoscenze di immunologia e indirizzandosi alla biologia, guardando soprattutto al processo della comunicazione cellulare.

La trasmissione dei segnali da una cellula all’altra è un meccanismo che chiama in causa recettori di superficie, molecole segnale, proteine che interagiscono con altre in una sequenza che può diventare lunga e articolata. In questo modo si regola l’espressione di determinati geni o si aprono canali che fanno entrare o uscire ioni dalle cellule. Descrivere certe catene di segnali non è immediato e, in certe circostanze, può risultare poco chiaro anche per le cellule stesse. Il legame tra le cellule con il CAR e il loro antigene di riferimento non sempre è ad alta efficienza: ecco perché una scarsa qualità del segnale, dovuta a un certo “disordine” di fondo, può concorrere a spiegare l’insuccesso delle CAR-T contro i tumori solidi.

PROTEINE CHE METTONO IN ORDINE 

Nel tentativo di migliorare la formazione del contatto (o “sinapsi”) tra la cellula modificata con il CAR e il suo antigene bersaglio i ricercatori di Memphis si sono focalizzati sui domini PDZ multipli, cioè porzioni di una proteina che tendono a legarsi a uno specifico motivo presente su un’altra proteina di segnalazione. I domini PDZ sono presenti in cellule come i neuroni, le cellule epiteliali e le cellule endoteliali, e hanno un ruolo determinante nel trasmettere il segnale. Ad esempio, alcuni di essi fanno parte di una proteina contenuta nelle cellule dei fotorecettori dei moscerini del genere Drosophila (molto usati come modello in laboratorio). Perciò, qualora qualcuno di essi risulti difettoso o mancante, la visione dell’insetto è irrimediabilmente compromessa.

I ricercatori hanno, dunque, compreso la necessità di mettere in ordine le molecole coinvolte nella trasmissione del segnale, come si mettono in ordine i mattoncini dei Lego per creare delle costruzioni. Essi hanno così rivolto la loro attenzione alle proteine CRTAM e Scribble contenenti domini PDZ coinvolti nella formazione delle “sinapsi” immunitarie: le interazioni promosse da CRTAM e Scribble sono state ampiamente studiate nei linfociti T e nelle cellule Natural Killer da cui i ricercatori sono partiti per i loro studi. In particolare, i ricercatori hanno preso degli aminoacidi dei domini PDZ appartenenti alla proteina CRTAM - coinvolta nel riconoscimento e nella distruzione delle cellule tumorali - e ne hanno fatto una proteina di “ancoraggio”. Tale nuovo CAR contenente parti del dominio PDZ si lega meglio alla proteina Scribble garantendo una migliore trasmissione del segnale.

UN SEGNALE MIGLIORE PER UN MIGLIOR FUNZIONAMENTO 

Con un po’ di fantasia potremmo immaginare che l’approccio degli studiosi del St. Jude abbia portato allo sviluppo di una specie di 5G delle cellule: il CAR è stato “potenziato” permettendo la trasmissione di un segnale ordinato, grazie a un’ottimizzata disposizione delle molecole di segnalazione. Successivamente, essi hanno verificato l’efficacia del loro approccio in modelli cellulari di cellule NK e anche nei modelli murini di adenocarcinoma ai polmoni e osteosarcoma, notando come le loro “CAR-PDZ-NK” riuscissero a sopravvivere più a lungo all’interno dell’organismo mantenendo le proprietà anti-tumorali e allungando la sopravvivenza dei topolini.

Questo risultato ha un elevato valore dal momento che le cellule NK, a differenza dei linfociti T, non suscitano la malattia di rigetto verso l’ospite e sono, pertanto, candidate eccellenti per la creazione di “terapie su misura”. Purtroppo, la loro persistenza all’interno dell’organismo è un punto debole con cui molti gruppi di ricerca si sono dovuti confrontare e a cui la proteina di “ancoraggio” identificata dai ricercatori del St. Jude potrebbe aver trovato soluzione. 

Forti di questo successo con le cellule NK, gli scienziati hanno deciso di mettere alla prova il loro approccio anche nei linfociti T, riscontrando anche in questo caso un notevole miglioramento nella trasmissione del segnale cellulare. Nei modelli murini di glioma diffuso intrinseco del ponte (DIPG), e di tumore delle ossa, ciò si è tradotto in una maggior eliminazione del tumore ad opera delle “CAR-PDZ-T”, con un’accresciuta sopravvivenza degli animali trattati rispetto ai controlli.

UNA STRATEGIA DA CONDIVIDERE

Come affermano gli autori di un’interessante review pubblicata sulla rivista Frontiers in Immunology, molti sono i meccanismi con cui le cellule tumorali riescono a evadere gli attacchi del sistema immunitario ma altrettante sono le strategie allo studio per potenziare le CAR-T e permettere di aggirarli. Ad esempio, solo lo scorso anno un altro gruppo di ricerca del St. Jude Children’s Research Hospital aveva pubblicato sulle pagine della rivista Nature uno studio sulle possibilità di aumentare la durata delle CAR-T all’interno dell’organismo. In questo caso, l’oggetto della ricerca era stata la relazione tra le proteina c-Myc e un altro complesso proteico (cBAF). Tale interazione svolge un ruolo determinante nell’evoluzione delle CAR-T che, una volta venute in contatto con il loro antigene bersaglio, si sviluppano in cellule T effettrici. Ma in un modello murino di tumore alle ossa i ricercatori avevano scoperto che bloccando l’azione di cBAF durante l’attivazione delle cellule CAR-T si ottengono cellule T dotate di marcatori tipici delle cellule della memoria in grado di durare più a lungo. Questo permette una sopravvivenza prolungata e un miglior controllo del tumore. 

L’interazione tra molecole coinvolte nella trasmissione del segnale è un capitolo che merita attenta considerazione e i ricercatori del St. Jude Children’s Research Hospital sono convinti di aver individuato un piccolo gruppo di proteine - i domini PDZ - che potrebbero rappresentare un punto di svolta dal momento che il dominio di ancoraggio può essere aggiunto a qualsiasi CAR o ad altri recettori antigene-specifici. È una strategia da condividere che, dopo le doverose prove di validazione e successivi studi clinici, potrebbe tramutarsi in un ampio numero di prodotti immunoterapici diretti contro tumori per cui mancano ancora cure specifiche.

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