Micrografia di mesotelioma pleurico

Sebbene ottenuti in fase preclinica, quindi ancora all’inizio del percorso di valutazione, i dati della CAR-T allogenica per contrastare due gravi tumori solidi promettono molto bene 

Lo sconfinato universo dei tumori solidi rappresenta l’ultima frontiera da conquistare per le terapie a base di cellule CAR-T, che rappresentano una tangibile opportunità di guarigione per molti malati. Replicare i successi ottenuti contro le leucemie, il mieloma multiplo e i linfomi a grandi cellule B richiede costante impegno e tanta determinazione perché i tumori solidi innalzano ostacoli difficili da aggirare. I risultati presentati allo scorso convegno della Society for ImmunoTherapy of Cancer (SITC), svoltosi a Washington D.C., lasciano supporre che i progressi contro il mesotelioma e il tumore del pancreas non stenteranno ad arrivare.

In un poster presentato dalla dott.ssa Cecile Schiffer-Manniouiè stato descritto il meccanismo d’azione di una nuova CAR-T, messa a punto dall’azienda francese Cellectis, che prende di mira la mesotelina, una proteina ampiamente espressa dalle cellule del mesotelioma. Questo tumore si manifesta soprattutto nelle cellule della pleura, del peritoneo e del pericardio. Nel nostro Paese provoca ancora circa 2000 decessi all’anno, nonostante da quasi trent’anni sia stata vietata la lavorazione dell’amianto, le cui fibre sono la principale causa del tumore. Una volta inalata, la polvere bianca - composta da sottili fibre di amianto - raggiunge il rivestimento dei polmoni e si accumula, innescando un processo infiammatorio che degenera fino a provocare lesioni cancerose. Tra le vittime illustri del mesotelioma c’è Steve McQueen, l’iconico attore di Hollywood divenuto celebre per i suoi ruoli in Bullitt e Papillon.

Sebbene la mesotelina sia espressa in gran quantità nelle cellule del mesotelioma, non lo è nelle cellule sane. Per questa ragione i ricercatori di Cellectis si sono spesi nello sviluppo di una CAR-T capace di attaccare le cellule dove essa è presente e, dal momento che la mesotelina è stata riscontrata anche nelle cellule del cancro del pancreas, la loro CAR-T potrebbe produrre benefici contro entrambi questi tipi di tumore. Si chiama UCARTMeso ed è una CAR-T allogenica anti-mesotelina prodotta usando la tecnica di editing del genoma nota come TALEN. L’obiettivo del costrutto è un trittico di geni: TRAC, CD52 e TGFBR2. Spegnendo TRAC, si riduce il rischio della malattia da trapianto contro l’ospite (GvHD, Graft versus Host Disease), mentre lo spegnimento di CD52 favorisce l’azione dell’anticorpo alemtuzumab nel regime di pre-condizionamento. Infine, l’assenza di TGFBR2 conferisce resistenza alla CAR-T, riducendo l’impatto di TGF-beta, il quale solitamente agisce come fattore di crescita nel microambiente tumorale.

Le potenzialità insite nella CAR-T sono molte e i risultati degli studi preclinici nei modelli in vitro hanno evidenziato un’elevata specificità nel colpire le cellule malate in cui è presente la mesotelina. L’intensa attività antitumorale è stata confermata anche negli studi sui modelli murini di tumore del pancreas e mesotelioma. Inoltre, lo spegnimento del gene si è rivelato un modo efficiente per potenziare la risposta, specialmente in presenza di un microambiente tumorale immunosoppressivo: ciò lascia immaginare che questa CAR-T di ultima generazione possa produrre risultati concreti contro tumori solidi che oggi danno poco margine di speranza ai pazienti.

Come è spiegato anche nella puntata dedicata alle CAR-T del podcast “Reshape - Un viaggio nella medicina del futuro” le prospettive di sviluppo future per questo tipo di terapia, al confine tra immunoterapia e terapia genica, vanno nella direzione di prodotti allogenici, cioè destinati ad una platea di pazienti estesa e diversificata. Un punto di forza a favore dei ricercatori francesi è dato dalla possibilità di vincere la resistenza imposta dal microambiente tumorale che oggi si configura come una delle maggior difficoltà sulla strada delle CAR-T contro i tumori solidi. Bisognerà attendere i risultati degli studi clinici di Fase I, II e III per capire meglio l’efficacia di questo approccio ma la sfida è stata lanciata.

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