Avviato in Italia uno studio clinico per comprendere - e quindi prevenire - le conseguenze che, in certi casi, portano i pazienti in terapia intensiva
Nel mondo delle corse automobilistiche c’è chi ritiene sia migliore una vettura veloce seppur poco affidabile, piuttosto che una più robusta ma incapace di buone prestazioni: nel primo caso, infatti, le potenzialità per vincere ci sono già ed è più facile fare gli aggiustamenti necessari ad acquisire affidabilità piuttosto che rivoluzionare un progetto alla ricerca dell’efficienza. È curioso come i paralleli tra terapie, fra cui le CAR-T, e le auto da corsa vengano con facilità: dopotutto, si tratta di prototipi avanzati di cui la ricerca non smette mai di occuparsi. E non solo sotto il profilo dell’efficacia ma anche della sicurezza, come dimostra lo studio Tox-Cart dedicato alla valutazione degli effetti collaterali delle terapie a base di cellule CAR-T considerate, non a caso, il fiore all’occhiello della moderna ricerca in campo emato-onocologico.
Un intero capitolo del volume “Le terapie CAR-T, dal laboratorio al paziente”, curato da Osservatorio Terapie Avanzate, era incentrato proprio sulla sicurezza delle CAR-T le quali, essendo basate sull’ingegnerizzazione dei linfociti T - componenti chiave del sistema immunitario - possono provocare l’insorgenza di effetti collaterali in certi casi anche gravi. Il pregio e, al contempo, il motivo di complessità delle CAR-T è dato proprio dalla possibilità di suscitare una potente risposta immunitaria, orientandola contro le cellule del tumore. Ciononostante, intervenire sul delicato equilibrio che regola la risposta immunitaria non è affatto banale e lo sanno bene ematologi, anestesisti e infermieri che hanno affrontato la cosiddetta sindrome da rilascio delle citochine (CRS, Cytokine Release Syndrome) o quegli eventi di tossicità neurologica (ICANS, Immune Effector Cells Associated Neurotoxicity Syndrome) tali da richiedere il ricovero del paziente in terapia intensiva.
Perché in certi casi si verificano tali eventi e in altri no? Partendo dal presupposto che tutti i farmaci approvati non sono esenti da effetti collaterali - la valutazione dei quali rientra nel bilancio tra benefici e rischi che devono stilare gli enti regolatori prima di autorizzarne l’immissione in commercio - molti medici e ricercatori stanno cercando di approfondire i meccanismi patogenetici legati a episodi come la sindrome da rilascio delle citochine, descritta in una percentuale che va dal 58% al 93% dei pazienti sottoposti a terapia con CAR-T. Fortunatamente, sono disponibili farmaci (tocolizumab è il più importante di essi) che, se somministrati in maniera pronta, possono contribuire ad arginare l’evoluzione e la gravità di questi fenomeni. È questa una delle ragioni per cui l’erogazione di trattamenti avanzati, come le CAR-T, deve avvenire in centri ad elevata specializzazione, dotati di terapie intensive dedicate e nel contesto di un team multidisciplinare, composto da ematologi, infermieri, biologi, farmacisti, neurologi, infettivologi, cardiologi e anestesisti specializzati nel gestire le complicanze derivate da CAR-T.
In numerosi laboratori di ricerca sono allo studio nuove forme di CAR-T, equipaggiate con speciali “interruttori” in grado di arrestare l’azione delle cellule ingegnerizzate oppure dotate di antigeni specifici capaci di interagire in maniera sempre più mirata con il tumore. Tuttavia, questo non basta e occorre accompagnare l’evoluzione della ricerca con un’attenta valutazione degli effetti collaterali di una nuova terapia. Non solamente per migliorare quella stessa terapia ma anche per ottimizzare la presa in carico dei malati.
È quanto si propongono di fare medici e infermieri coinvolti nello studio Tox-Cart, un protocollo osservazionale prospettico, avviato presso l’Azienda Ospedaliera Nazionale SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria. Si tratta di un programma di valutazione di durata biennale, destinato a monitorare eventuali complicanze o complicazioni insorte in seguito alla somministrazione nei malati di terapie a base di cellule CAR-T. Il perno della loro indagine sarà costituito dai cosiddetti PRO, cioè gli esiti riportati dal paziente (PRO) che costituiscono un metodo per misurare lo stato di salute direttamente dal paziente senza l’interpretazione del medico: attraverso specifiche scale di valutazione e questionari mirati essi restituiscono una fotografia della qualità della vita correlata alla salute scattata dal malato stesso.
Per protocollo, i pazienti destinati a ricevere le CAR-T vengono sottoposti a ripetute visite di controllo, attraverso l’esecuzione di esami medici e strumentali specifici volti non solo ad appurare il loro stato di salute e il decorso della malattia dopo erogazione della terapia, ma anche gli intervalli di durata dell’efficacia delle cellule manipolate: in pratica, si cerca di capire se le CAR-T funzionano. Una enorme mole di dati destinata a valutare in maniera concreta tanto l’efficacia quanto la sicurezza di questa rivoluzionaria forma di trattamento.
Sebbene non sia possibile sapere con certezza quanto a lungo le cellule modificate continueranno a funzionare - gli studi sono in corso ma, ovviamente devono trascorrere anni dall’infusione per raccogliere dati sufficienti - i dati provenienti dalla medicina in Real World appaiono incoraggianti. A questa pagina va aggiunta però quella altrettanto rilevante della valutazione degli effetti collaterali: studi come Tox-Cart serviranno a riempirla e a far luce su aspetti ancora poco noti di questa terapia salvavita, contribuendo a migliorarla fino a farne un prototipo sempre più vincente e affidabile.