Potrebbe contrastare le cellule senescenti, alla base del processo di invecchiamento e di patologie legate all’età, come fibrosi epatica, l'aterosclerosi, il diabete
Sbagliato pensare che si tratti di una sorta di “Sacro Graal” in grado di donare la vita eterna. Quello che stanno provando a sviluppare i ricercatori che studiano il processo di invecchiamento biologico, chiamato senescenza, è infatti un sistema per farci vivere una vecchiaia più serena e in salute. Così tra lista dei farmaci geroprottettori e senolitici, che hanno proprio questo scopo, si potrebbe inserire anche una terapia CAR-T, mirata però non alle cellule tumorali – come quelle approvate finora – ma alle cellule senescenti, alla base del processo di invecchiamento e di malattie legate all’età, come fibrosi epatica, l'aterosclerosi, il diabete. È questa l’idea di un gruppo di ricerca del Memorial Sloan Kettering (MSK) Cancer Center di New York, negli USA, che ha presentato i primi dati della loro terapia CAR-T “senolitica” in uno studio pubblicato a giugno su Nature.
Le cellule “zombie”
Facciamo un passo indietro: le cellule senescenti sono cellule ormai vecchie, e non più in grado di svolgere le regolari funzioni, che dovrebbero andare incontro a morte programmata (in gergo tecnico apoptosi) ma non ne sono capaci. Restano così nell’organismo e secernono sostanze infiammatorie, come le citochine. Non solo, possono anche “contagiare” le cellule adiacenti, trasformandole a loro volta in senescenti, tanto che vengono chiamate anche cellule “zombie” proprio per la somiglianza con queste figure immaginarie. In questo modo l’infiammazione si propaga in tutto il corpo, generando un ambiente infiammatorio che porta a danni cronici ai tessuti e contribuisce a malattie come la fibrosi epatica e polmonare, l'aterosclerosi, il diabete e l'osteoartrosi. Il sistema immunitario dovrebbe eliminarle, ma quando non riesce ad annientarle tutte, queste si accumulano generando danni.
Arma a doppio taglio
La senescenza ha però anche un importante ruolo fisiologico di soppressione del tumore, che impedisce l'espansione delle cellule pre-maligne e ha un ruolo benefico nelle risposte di guarigione delle ferite. “La senescenza è un’arma a doppio taglio”, ha commentato Scott Lowe, presidente del Cancer biology and genetics program presso lo Sloan Kettering Institute e autore dello studio insieme a Michel Sadelain, direttore del Center for Cell Engineering sempre presso il MSK. “Le cellule in questo stato svolgono un ruolo importante nella guarigione delle ferite e nella deterrenza del cancro. Ma se rimangono troppo a lungo, possono causare un’infiammazione cronica, che a sua volta è causa di molte patologie. Trovare un modo per eliminare in sicurezza queste cellule sarebbe una grande svolta terapeutica nel trattamento di queste malattie”.
La CAR-T senolitica
Per contrastare le cellule senescenti, negli anni sono stati sviluppati i farmaci geroprotettori, che hanno l’obiettivo di prevenirne la formazione, e i farmaci senolitici che hanno invece l’obiettivo di eliminarle. Proprio in questo secondo gruppo rientra la CAR-T senolitica, messa a punto di recente dai ricercatori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, il cui recettore chimerico ha come bersaglio una proteina chiamata recettore dell’urochinasi (uPAR), presente sulla superficie delle cellule senescenti. Lo spunto è partito proprio dalle attuali CAR-T oncologiche autorizzate alla commercializzazione (axi-cel e tisa-cel) che riescono a eliminare selettivamente le cellule dei tumori del sangue – come linfomi e leucemia – proprio perché sono in grado di riconoscere e attaccare una proteina che è presente solo sulla superficie di queste cellule tumorali. Su questa scia il team guidato da Lowe ha provato a identificare un bersaglio che fosse presente solo sulle cellule senescenti. Confrontando le molecole presenti sulla superficie delle diverse cellule, uPAR è stato identificato come target selettivamente presente sulle cellule senescenti e non sulle altre.
I risultati preclinici
I ricercatori hanno quindi progettato la CAR-T senolitica che ha come bersaglio uPAR, per poi testarla su modelli murini di malattie correlate alla senescenza. Il lavoro dimostra che le cellule T modificate hanno aumentato la sopravvivenza di topi con adenocarcinoma polmonare trattati con una combinazione di farmaci che inducono senescenza. Inoltre, hanno eliminato con successo le cellule senescenti pre-maligne in due diversi modelli murini di fibrosi epatica. Sempre in un modello murino di fibrosi epatica, caratterizzato dall'accumulo di cellule senescenti nel fegato, il trattamento con cellule CAR-T dirette contro uPAR ha ridotto significativamente le cicatrici epatiche rispetto agli animali di controllo non trattati. Anche la quantità di enzimi epatici nel sangue è diminuita, indicando un miglioramento della funzionalità del fegato. Risultati simili sono stati osservati anche per la fibrosi indotta da steatoepatite non alcolica (NASH) - una malattia in cui il fegato è soggetto a processi infiammatori, di cicatrizzazione e morte dei tessuti che ne alterano in modo definitivo la funzionalità - per cui molte aziende biofarmaceutiche hanno cercato di trovare una terapia, ma senza successo. “Questi risultati stabiliscono il potenziale terapeutico della CAR-T senolitica per le malattie associate alla senescenza”, hanno riportato in conclusione i ricercatori.
Le altre CAR-T “anti-infiammatorie”
Diversi altri gruppi di ricerca stanno studiando approcci con cellule T ingegnerizzate per il trattamento di malattie infiammatorie. All'Università di Miami, ad esempio, hanno avviato uno studio clinico di Fase I/II per l’utilizzo di cellule T per trattare la miastenia grave. Mentre un team dell'Università del Tennessee ha sviluppato una terapia CAR-T, in fase di studio preclinico, in grado di colpire le cellule B alla base dell’insorgenza del Lupus Eritomatoso Sistemico (LES). Infine, alcuni scienziati del Seattle Children's Research Institute e del Benaroya Research Institute hanno trasformato le cellule T CD4 in cellule con proprietà immunosoppressive, con l'obiettivo di controllare la risposta autoimmune nel diabete di tipo 1.
Prossimi passi
Ora il prossimo passo per il team del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York sarà verificare se la loro CAR-T senolitica può contrastare efficacemente anche altre malattie correlate alla senescenza, tra cui l'aterosclerosi, il diabete e l'osteoartrosi. Per poi passare alla fase clinica sugli esseri umani. “Questo studio dimostra che le cellule T ingegnerizzate e, in generale, le terapie CAR-T possono essere efficaci per contrastare altre patologie oltre che il cancro”, ha aggiunto Sadelain, il cui laboratorio ha aperto la strada alle prime CAR-T oncologiche. “Pensiamo che questo approccio abbia il potenziale per affrontare una serie di malattie correlate alla senescenza per le quali sono necessari nuovi trattamenti”.