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Giornata Mondiale contro l’AIDS

Dalle Dual CAR-T alla combinazione di editing genomico e staminali: sono diversi gli approcci che mirano ad eradicare il virus dall’organismo. Ne parliamo in occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS

Sono lontani i tempi in cui l’AIDS (Acquired Immune Deficiency Sindrome) uccideva milioni di persone in tutto il mondo, senza nessuna possibilità di salvezza. Dagli anni ’80 ad oggi, i progressi della scienza sono stati rapidi e straordinari e hanno permesso di trasformare questa terribile malattia da mortale a cronica, portando a una lunga convivenza con il virus. Come riporta l’Organizzazione Mondiale della Sanità in occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS (World AIDS Day), che ricorre il 1° dicembre di ogni anno, l’HIV però colpisce ancora circa 38 milioni di persone in tutto il mondo e gli scienziati non si accontentano di tenere a bada il virus. Grazie anche all’innovazione delle terapie avanzate, stanno cercando di mettere a punto una cura definitiva, che eradichi l’HIV dall’organismo come mai è stato fatto in precedenza.

ELIMINARE IL SERBATOIO VIRALE

Lo scorso agosto, sulle pagine di Nature Medicine, Todd Allen, professore di medicina presso la Harvard Medical School e capogruppo presso il Ragon Institute del MGH, MIT e Harvard, e Jim Riley, professore di microbiologia presso la Perelman School of Medicine dell'Università della Pennsylvania, hanno descritto una nuova strategia – per ora testata solo in modelli animali – basata su speciali cellule CAR-T che mirano a colpire la riserva di virus che l’attuale terapia antiretrovirale (ART) non è in grado di eliminare. Va premesso infatti che la ART può controllare ma non curare l’infezione da HIV. Questo perché i farmaci non sono in grado di raggiungere le copie di HIV che si nascondono nel genoma delle cellule infette, che costituiscono un serbatoio virale. Il virus può restare silente per lunghi periodi per poi tornare a moltiplicarsi rapidamente all’interno delle cellule alla prima occasione (per esempio se si sospende la terapia), fino a causare l’AIDS. Considerando che le cellule bersaglio “preferite” dell’HIV sono proprio i linfociti T, le cellule del sistema immunitario, i ricercatori hanno deciso di puntare a queste cellule per ideare una strategia di contrattacco.

LE DUAL CAR-T CONTRO L’HIV

I gruppi di ricerca di Allen e Riley hanno quindi ideato la manipolazione genetica delle cellule T con due recettori chimerici (chimeric antigen receptor, CAR) anziché uno solo, in modo da consentire loro da una parte di colpire ed eliminare rapidamente le cellule infettate dall'HIV e, dall’altra, di sopravvivere e riprodursi all’interno dell’organismo, resistendo all'attacco da parte del virus stesso. Entrambi i recettori chimerici sono formati da una proteina CD4 che gli permette di colpire le cellule infettate da HIV e un dominio co-stimolatorio, che segnala alla cellula CAR-T di aumentare le sue funzioni immunitarie. Il dominio co-stimolatorio del primo CAR (detto CD28) aumenta la capacità della cellula Dual CAR-T di uccidere le cellule infette, mentre quello del secondo CAR (detto 4-1BB) stimola la proliferazione e la persistenza cellulare. I ricercatori hanno anche aggiunto alle cellule Dual CAR-T, una proteina (chiamata C34-CXCR4) che impedisce al virus di “aggrapparsi” alla cellula e quindi di infettarla.

I RISULTATI DELLO STUDIO

Quello che ne è emerso è una cellula Dual CAR-T che – in base a quanto osservato negli esperimenti in topi con infezione da HIV – persiste a lungo nell’organismo, è in grado di replicarsi, è capace di uccidere le cellule infette ed è parzialmente resistente all'infezione da HIV. Queste cellule ingegnerizzate hanno portato a una replicazione dell'HIV più lenta e a un minor numero di cellule infettate, rispetto a ciò che è stato osservato negli animali non trattati. Inoltre le quantità di virus nell’organismo erano più basse rispetto ai controlli e vi era una maggior conservazione delle cellule T CD4 + (bersaglio preferito dell'HIV) nel sangue di questi animali. La combinazione tra ART e Dual CAR-T, inoltre, ha portato a una soppressione più veloce del virus e a un serbatoio virale più piccolo rispetto ai topi trattati solo con ART. "Questo studio evidenzia come la manipolazione mirata delle cellule T possa portare a importanti cambiamenti nella loro potenza e durata", ha dichiarato Jim Riley. "Questa scoperta ha implicazioni significative per l'uso delle cellule T ingegnerizzate per combattere sia l'HIV che il cancro".

TERAPIA GENICA CONTRO L’HIV

Un altro approccio portato avanti sempre negli Stati Uniti – e finanziato con 14,6 milioni di dollari per cinque anni dal National Institutes of Health (NIH) – è quello di combinare una terapia genica basata sull'editing genomico contro l'HIV, con tecnologie per trapianto di cellule staminali ematopoietiche. L'obiettivo del progetto - guidato da Paula Cannon, professore al KecK School of Medicine dell’Università of South California (USC), e da Hans-Peter Kiem, direttore della Divisione Cell and Gene Therapy al Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle - è di costruire una terapia che metta insieme in realtà tre aspetti: ingegnerizzare le cellule staminali per combattere l'HIV; stimolare queste cellule a produrre rapidamente cellule immunitarie nuove e ingegnerizzate una volta reintrodotte nel paziente; preparare i pazienti a un trapianto di cellule staminali utilizzando le proprie cellule con poca o nessuna tossicità.

ISPIRARSI AL PAZIENTE DI BERLINO

La strategia si ispira ai tre casi noti in tutto il mondo in cui pazienti con HIV sono guariti in seguito a un trapianto di cellule staminali del sangue, provenienti da donatori portatori di una mutazione che conferisce l'immunità all'HIV. L’assenza del gene CCR5, che codifica per un recettore che il virus utilizza per infettare le cellule immunitarie ed è presente in circa l'1% della popolazione, sembra infatti essere protettivo contro l’infezione. L’idea quindi è di utilizzare l’editing genomico per rimuovere CCR5 dalle cellule staminali del paziente e renderle resistenti all’HIV (trattamento sperimentale già in studio clinico di Fase I presso City of Hope a Duarte, in California ). I ricercatori hanno poi combinato a questo approccio ulteriori cambiamenti genetici, in modo che la progenie di cellule staminali ingegnerizzate rilasci anticorpi e molecole simili che bloccano l'HIV. “Le cellule ingegnerizzate secerneranno molecole protettive in modo che altre cellule, anche se non progettate per essere CCR5-negative, abbiano qualche possibilità di essere difese”, ha spiegato Paula Cannon.

ANCORA TERAPIA CAR-T

Nel frattempo, il gruppo di ricerca di Hans-Peter Kiem sta sviluppando un approccio con le cellule CAR-T per creare cellule staminali i cui “discendenti” possano “eliminare le cellule infettate dall'HIV. Infine, sempre all’interno del progetto i ricercatori stanno sviluppando protocolli meno tossici per il “condizionamento”, che prepara il midollo osseo di un paziente a ricevere un trapianto, con l’utilizzo di coniugati farmaco-anticorpo al posto della classica chemioterapia. E stanno cercando di ideare strategie per ridurre il ritardo con cui le cellule staminali infuse generano nuove cellule immunitarie in numero sufficiente, problema che rende i pazienti suscettibili alle infezioni.

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