È ai blocchi di partenza all’Ospedale Bambino Gesù di Roma una nuova sperimentazione clinica diretta contro le forme di malattia recidivanti e resistenti alle terapie
Alle terapie a base di cellule CAR-T medici e pazienti di tutto il mondo stanno guardando come a una solida realtà, costituita da un’opzione di cura per le leucemie e i linfomi a cellule B che, fino a qualche anno fa, non lasciavano speranze a chi ne era malato. Ma i linfociti T non sono le uniche componenti del sistema immunitario a poter essere “ingegnerizzate” e lo dimostra l’avvio, presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, della prima sperimentazione clinica in Europa con cellule CAR-Natural Killer contro la leucemia mieloide acuta (LMA). L’obiettivo è bissare il successo delle CAR-T anche contro quest’altra aggressiva forma di leucemia.
La leucemia mieloide acuta è un raro tumore ematologico che ogni anno in Italia, secondo i dati forniti dalla Fondazione Veronesi, colpisce fino a 70 bambini nella fascia d’età tra 0 e 18 anni (inoltre, si riscontra con facilità negli individui intorno ai 70 anni richiedendo trattamenti intensivi). Un punto di forza della malattia è costituito dal fatto di non essere ancora stata completamente caratterizzata sul piano molecolare e su quello genetico. Pertanto esiste la necessità di esplorare a fondo i meccanismi che portano allo sviluppo di tutte le forme di malattia e specialmente quelle forme recidivanti e refrattarie ai trattamenti convenzionali che sono associate alle prognosi peggiori. Allo scopo di poter meglio percorrere questa strada è da poca sorta una nuova Rete nazionale di istituti specializzati in campo onco-ematologico coordinata dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e sostenuta con oltre 3 milioni di euro dalla Fondazione Umberto Veronesi. Si chiama “PALM” (Pediatric Acute Leukemia of Myeloid origin) e punta ad ottimizzare il trattamento dei molti bambini colpiti da LMA.
Al centro di questa Rete c’è il polo di cura e ricerca romano mentre i nodi che contribuiranno alla realizzazione del progetto saranno il Laboratorio di diagnostica centralizzata della Clinica Onco-Ematologica di Padova, il Dipartimento di oncologia sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano e il Department of Leukaemia dell’MD Anderson Cancer Center di Houston. Si tratta quindi di una collaborazione internazionale, da svolgere in un progetto quinquennale che punta a identificare nuove alterazioni molecolari predittive di outcome, a far luce sui meccanismi responsabili della resistenza alle cure o delle ricadute di malattia e a mettere in atto sperimentazioni cliniche basate sull’uso delle cellule CAR-Natural Killer per i pazienti con LMA recidiva e/o refrattaria.
Dell’impiego di cellule Natural Killer “ingegnerizzate” contro i tumori si era iniziato a ragionare da un po' di tempo, poiché le CAR-NK non generano reazioni immunitarie incontrollate, quali la tempesta di citochine, e neppure sono associate alla malattia da trapianto contro l’ospite (GvHD). Caratteristiche che le rende idonee al trattamento di persone diverse e non solamente della persona da cui sono state ottenute. Inoltre, da un singolo prelievo di cellule è possibile generare un numero di cellule CAR sufficiente per curare molti pazienti, offrendo a ricercatori e clinici la possibilità di creare delle vere e proprie banche di cellule CAR-NK, immediatamente disponibili per l’infusione. Uno studio preclinico condotto all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù sulle cellule CAR-NK è stato concluso con successo e la fase successiva di ricerca, da svolgersi su una coorte di pazienti sia pediatrici che adulti, vedrà la luce alla fine del 2023.
“Sono particolarmente felice per l’inizio di questo progetto che possiede tutte le caratteristiche per contribuire significativamente a migliorare ulteriormente gli approcci diagnostici e terapeutici nell’ambito delle LMA del bambino e dell’adolescente”, commenta Franco Locatelli, Professore Ordinario di Pediatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Responsabile dell’Area di Onco-Ematologia Pediatrica e Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. “La collaborazione tra AIEOP (Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica) e Fondazione Veronesi rappresenta un modello prototipale di come virtuose sinergie d’interazione tra mondo scientifico ed Enti che hanno l’obiettivo di supportare la ricerca biomedica possano tradursi in iniziative di straordinaria rilevanza per la cura di malattie oncologiche e, in questa prospettiva, tutti noi ricercatori coinvolti profonderemo le nostre migliori energie per onorare l’investimento fiduciario messo in atto dalla Fondazione Veronesi”.
Di fatto, l’indagine delle alterazioni molecolari che caratterizzano la LMA rimane uno degli obiettivi centrali per oncologi e ricercatori che si affidano alle nuove metodiche di sequenziamento del genoma (Next Generation Sequencing, NGS), disponibili presso gli istituti della Rete, per stilare la carta d’identità del tumore. È noto che determinate alterazioni a livello molecolare sono correlate a una buona o cattiva prognosi e, inoltre, esse possono trasformarsi in indicatori di sensibilità alle cure, facilitando la scoperta di bersagli tumorali da colpire con terapie mirate. “Negli ultimi anni sono stati fatti grandi passi avanti nel campo dell’oncologia pediatrica, ma rimangono ancora molti problemi da risolvere per migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita dei giovani pazienti”, afferma Chiara Tonelli, Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Umberto Veronesi, Professore Emerito di Genetica presso l’Università degli Studi di Milano e Presidente Federazione Italiana Scienze della Vita (FISV). “Riteniamo che l’attività di ricerca portata avanti dalla Rete permetterà non solo di aumentare le percentuali di guarigione dei piccoli pazienti malati di leucemia mieloide acuta, ma che potrà essere applicata anche ai pazienti adulti malati di leucemia”.
In questo modo, l’impiego di tecniche di sequenziamento di nuova generazione e di analisi su singole cellule (single cell analysis) aiuterà i ricercatori della Rete a comprendere meglio i meccanismi alla base della resistenza ai trattamenti o delle ricadute di malattia. Le cellule malate di un singolo tumore non sono tutte uguali, alcune (definite sottocloni) hanno caratteristiche diverse rispetto al tipo predominante. Anche se poche - e per questo più difficili da intercettare - esse possono influire sulla direzione che prenderà la malattia nel tempo. Indagare sull’eterogeneità delle popolazioni cellulari leucemiche è, dunque, una delle chiavi per chiarire il comportamento del tumore e per orientare le scelte terapeutiche. Scelte che in un prossimo futuro potrebbero comprendere l’utilizzo delle terapie a base di cellule CAR-NK le quali, nella sperimentazione condotta dai ricercatori del Bambino Gesù su modelli animali, hanno prodotto un’elevata efficacia antitumorale e una tossicità significativamente minore rispetto alle cellule CAR-T, confermando la sicurezza di questo approccio.