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Uno studio dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù mostra risultati promettenti con CAR-T ottenute da donatore, offrendo nuove possibilità per i bambini senza alternative terapeutiche

Le cellule CAR-T segnano un nuovo traguardo nella terapia oncologica pediatrica. Ancora una volta l’eccellenza è italiana, con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, centro di riferimento per queste terapie avanzate, come protagonista. Un innovativo trattamento con cellule CAR-T allogeniche - derivate da donatori, a differenza delle versioni autologhe ottenute prelevando i linfociti T dal paziente stesso - ha acceso una speranza per i piccoli pazienti colpiti da neuroblastoma, il tumore solido extracranico più comune nei bambini. Una recente pubblicazione su Nature Medicine mostra risultati sono promettenti: di cinque bambini trattati, affetti da neuroblastoma refrattario o recidivante e che non avevano ottenuto benefici dalle terapie precedenti, tre hanno raggiunto la remissione completa e uno ha mostrato miglioramenti significativi.

NEUROBLASTOMA: UN TUMORE DIFFICILE DA COMBATTERE

Il neuroblastoma è un tumore che colpisce i neuroblasti, cellule del sistema nervoso simpatico coinvolte nel controllo delle funzioni autonome dell’organismo. È il tumore solido extracranico più comune nei bambini, con un'incidenza di 1 caso ogni 7.000 nati - pari a circa 120-130 nuove diagnosi all’anno in Italia - e una prevalenza nei primi 5 anni di vita.

Pur rappresentando il 7-10% di tutti i tumori pediatrici, il neuroblastoma è responsabile del 15% dei decessi per cancro infantile. Circa la metà dei pazienti presenta metastasi già alla diagnosi, con tassi di sopravvivenza che variano dal 90% nei casi a basso rischio al 40-50% in quelli ad alto rischio. In particolare, per le forme metastatiche o recidivanti, la possibilità di sopravvivenza senza malattia a due anni non supera il 10-15%. Le terapie standard includono chirurgia, chemioterapia, trapianto di cellule staminali e immunoterapia, ma per le forme più aggressive si stanno esplorando nuove strategie tra cui le CAR-T.

LO STUDIO SULLE CAR-T AUTOLOGHE

Nel 2023, il team del professor Franco Locatelli - responsabile del Centro studi clinici oncoematologici e terapie cellulari dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù - aveva già ottenuto risultati significativi sul neuroblastoma con uno studio sulle cellule CAR-T autologhe, ovvero derivate dai linfociti T prelevati dal paziente stesso. Queste cellule vengono modificate geneticamente in laboratorio in modo che riconoscano e attacchino le cellule tumorali, per poi essere reinfuse nel paziente.

Come illustrato su Osservatorio Terapie Avanzate, i risultati pubblicati su The New England Journal of Medicine avevano dimostrato che il trattamento con CAR-T autologhe rappresentava una valida opzione per i bambini con neuroblastoma refrattario o recidivante. In particolare, i pazienti con una bassa massa tumorale al momento dell’infusione avevano raggiunto una sopravvivenza libera da eventi a tre anni vicina al 60%, un dato sorprendente rispetto alle aspettative per queste forme di tumore.

CAR-T: DA AUTOLOGHE AD ALLOGENICHE

Da ormai cinque anni le CAR-T sono entrate nella pratica clinica per il trattamento di alcuni tumori del sangue, come la leucemia linfoblastica acuta, i linfomi e il mieloma multiplo, e stanno diventando una delle innovazioni terapeutiche più promettenti per alcuni tumori solidi, come il glioblastoma, per malattie autoimmuni, come il lupus eritematoso sistemico.

Le CAR-T autologhe soffrono però di limiti significativi: la produzione è lunga e costosa, richiede personale e infrastrutture specializzate ed è una terapia personalizzata progettata per un singolo paziente (con un costo che si aggira intorno ai 300-350mila euro per trattamento). Inoltre, la qualità dei linfociti T del paziente può essere compromessa da precedenti trattamenti, come la chemioterapia. Le CAR-T allogeniche, invece, vengono sviluppate a partire da cellule di donatori e sono quindi pronte all’uso per un numero maggiore di pazienti disponibili.

Oltre a ridurre i tempi di produzione, queste cellule possono avere un'attività antitumorale più potente poiché non esposte a trattamenti che ne compromettano l’efficacia. “Le cellule CAR-T allogeniche svolgono un'attività antitumorale anche superiore rispetto alle CAR-T autologhe poiché i linfociti da cui sono generate provengono da soggetti mai precedentemente esposti a trattamenti chemioterapici che influiscono anche sullo stato di salute dei linfociti”, ha spiegato il professor Locatelli.

Il rischio principale, tuttavia, è la malattia del trapianto contro l'ospite (GvHD), in cui i linfociti T del donatore attaccano i tessuti del paziente. Inoltre, il sistema immunitario del ricevente può riconoscere e rigettare le cellule infuse, riducendone l’efficacia. Per superare queste problematiche, i ricercatori stanno sviluppando strategie di ingegnerizzazione genetica che rendano le CAR-T meno visibili al sistema immunitario, aumentando la persistenza nell’organismo e riducendo il rischio di rigetto.

I RISULTATI DELLO STUDIO

L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù è uno dei centri di riferimento in Italia per le terapie con cellule CAR-T, con un ruolo pionieristico nello sviluppo di trattamenti per diverse patologie.

Oltre ai risultati del 2023, che abbiamo già citato, con CAR-T autologhe somministrate in bambini con neuroblastoma refrattario o recidivante, nel 2021 sono stati trattati con successo i primi tre bambini italiani affetti da leucemia linfoblastica acuta a precursori B-cellulari refrattaria alle terapie convenzionali, utilizzando cellule CAR-T prodotte con un innovativo processo automatizzato. Successivamente, nel 2023 importanti risultati sono stati ottenuti in tre bambini con gravi malattie autoimmuni – tra cui lupus eritematoso sistemico e dermatomiosite – che hanno ricevuto la terapia con cellule CAR-T, raggiungendo la remissione completa. Infine, il mese scorso è stato annunciato il primo trattamento in Italia di un paziente adulto con una malattia autoimmune (sclerodermia). La somministrazione di cellule CAR-T, prodotte presso l’Officina Farmaceutica dell’IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, è avvenuta nel contesto di uno studio clinico condotto presso il Policlinico Gemelli di Roma.

Ora, i risultati dello studio sulle CAR-T allogeniche per il neuroblastoma sono molto promettenti, sia dal punto della sicurezza che dell’efficacia. Le CAR-T in questione – denominate ALLO_GD2-CART01 – hanno come bersaglio l’antigene tumorale GD2 e sono state somministrate in cinque bambini con neuroblastoma recidivante o refrattario o con linfopenia grave (una condizione caratterizzata da un basso numero di linfociti nel sangue periferico). Quattro di questi pazienti non avevano risposto alle altre terapie, tra cui il trapianto allogenico e il trattamento con cellule CAR-T autologhe. Dei 5 pazienti trattati, 4 hanno risposto alla terapia: 3 con la remissione completa dalla malattia, in un caso mantenuta nel tempo, 1 con miglioramenti significativi (risposta parziale).

“Questi risultati rappresentano una svolta importante perché dimostrano l’efficacia e la sicurezza delle cellule CAR-T allogeniche”, ha affermato Locatelli. “La terapia genica allogenica ha la possibilità di affiancarsi a quella autologa per incrementare la possibilità di offrire il trattamento con cellule CAR-T anche a quei pazienti che per la pregressa storia non potrebbero beneficiarne o che hanno già fallito il trattamento con le cellule CAR-T autologhe”.

La terapia con CAR-T allogeniche, interamente progettata da medici e ricercatori del Bambino Gesù, ha coinvolto l’Officina Farmaceutica e le aree di Oncoematologia, Trapianto Emopoietico, Terapie Cellulari e Trial. L’attività di ricerca sull’uso delle cellule CAR-T contro il neuroblastoma è sviluppata anche grazie al costante sostegno da parte di Fondazione AIRC.

UN NUOVO TRAGUARDO E PUNTO DI PARTENZA

Il trattamento del neuroblastoma con le cellule CAR-T allogeniche messo a punto dal Bambino Gesù è stato inserito nello schema PRIME (PRIority MEdicines) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) che ha lo scopo di ottimizzare ed accelerare lo sviluppo di farmaci che hanno il potenziale di rispondere ad un bisogno clinico non soddisfatto. La designazione viene data a quei farmaci che hanno la potenzialità di fornire un grande vantaggio terapeutico rispetto alle terapie esistenti o essere di beneficio ai pazienti privi di opzioni di trattamento. 

È la prima volta che un prodotto CAR-T contro i tumori solidi sviluppato in ambito accademico ha la designazione PRIME da parte dell’EMA. “Questo nuovo traguardo - ha affermato il presidente del Bambino Gesù, Tiziano Onesti - sottolinea ancora una volta l'importanza fondamentale di continuare a investire nella ricerca clinica. È la via per avanzare sempre di più nella lotta contro patologie che, fino a poco tempo fa, avevano poche possibilità di cura.” 

Con il contributo incondizionato di

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