Car-nk

Rappresentano una parte importante del nostro sistema immunitario e potrebbero costituire una valida alternativa ai linfociti T nel modello CAR, riducendo gli effetti tossicologici.

Fino ad oggi si è sentito parlare esclusivamente di CAR-T come se i linfociti T fossero le sole ed uniche cellule “potenziabili” con l’espressione del recettore CAR (Chimeric Antigen Receptor). Ma oltre ai linfociti T, che uccidono le cellule prese d’assalto dai virus, e ai linfociti B, deputati alla produzione di anticorpi, il sistema immunitario è composto da altri elementi cellulari, come le Natural Killer (NK). Le cellule NK fanno parte dell’immunità innata e rientrano nel gruppo dei linfociti, anche se non sono né linfociti di classe T né di classe B, esse esercitano un’azione citotossica distruggendo le cellule infettate dai virus.

L’immunoterapia è stata – ed è ancora – protagonista di progressi impensati fino a poche decine di anni fa e le CAR-T ne sono l’esempio più fulgido e di maggior attualità ma, come hanno ben imparato tutti coloro che hanno visto Star Wars, esiste sempre un lato oscuro della Forza. E nel caso delle CAR-T l’altra faccia della medaglia è rappresentata dalla sindrome da rilascio delle citochine e dalla neurotossicità che si configurano come eventi avversi a volte difficili da gestire. Infatti, se le CAR-T hanno riscosso un gran successo nel trattamento di certe forme neoplastiche ematologiche, gli effetti collaterali di questa nuova terapia possono rivelarsi in alcuni casi molto pericolosi e stanno rendendo arduo il suo impiego contro i tumori solidi. Per tale ragione, i ricercatori stanno valutando la possibilità di estendere il razionale delle CAR-T ad altre cellule del sistema immunitario come le cellule NK, nel tentativo di aumentare la sicurezza di questo approccio terapeutico e renderlo, così, ancora più duttile e fruibile.

In un lavoro da poco apparso sulla rivista The American Journal of Cancer Research, un gruppo di studio composto da scienziati cinesi e americani ha pensato di modificare le cellule NK facendo loro esprimere il recettore CAR, in maniera del tutto analoga a quella con cui sono state realizzate le CAR-T. Il procedimento consiste nell’ingegnerizzazione delle cellule, per cui è possibile pensare di scegliere quale tipo cellulare modificare. Le ragioni che stanno inoltre inducendo a credere nelle CAR-NK sono duplici: il primo intento è di contenere gli effetti collaterali suscitati dalle CAR-T, un aspetto su cui gli scienziati stanno lavorando da tempo e che, in determinati casi, è stato risolto con l’inserimento di un “gene suicida” che spegne le CAR-T nel caso di un’azione incontrollata che scateni gravi eventi avversi. In secondo luogo, i maggiori successi fatti registrare dalle CAR-T sono stati ottenuti a partire dai linfociti T del paziente donatore, ma ciò non sempre è possibile perché pazienti già debilitati dalla malattia, e sottoposti a più cicli di trattamento, possono non essere in grado di offrire i loro linfociti T da usare per la produzione delle CAR-T. Ciò si collega automaticamente alla necessità di impiegare le cellule di un altro donatore (allogeniche) ma la cosa pone un serio problema di compatibilità, dando luogo alla sindrome da trapianto contro l’ospite.

L’azione delle cellule NK si esplica monitorando i livelli delle proteine MHC di classe I esposte sulla superficie delle cellule dell’organismo. Alcune cellule cancerose e diversi virus, come quello dell’HIV o il citomegalovirus, riescono a ridurre l’espressione delle MHC di classe I per non incorrere nell’identificazione da parte dei lifociti T citotossici ma, così facendo, non sfuggono alle cellule NK che avviano un meccanismo di distruzione. Questo rende le NK particolarmente idonee a questo genere di immunoterapia perché esse non aggrediscono le cellule sane e non pongono problemi di istocompatibilità, lasciando quindi immaginare una linea di produzione nuova, che a partire dalle cellule di un donatore universale possa fornrire materiale per un’ampia gamma di pazienti, abbattendo i costi e semplificando le procedure di produzione.

Sulla carta le NK si candidano ad essere gli effettori immunitari perfetti per il nuovo fronte dell’immunoterapia. Ma una buona ipotesi non è sufficiente. Occorre la prova dei fatti. Perciò, circa tre anni fa i ricercatori cinesi e americani hanno avviato uno studio clinico di Fase I/II arruolando pazienti affetti da leucemia mieloide acuta refrattaria ai trattamenti sui quali testare la sicurezza ed il tasso di risposta alla somministrazione di una terapia a base di cellule anti-CD33 CAR-NK. Nell’articolo pubblicato sulla rivista The American Journal of Cancer Research sono stati descritti i risultati ottenuti sui primi tre pazienti trattati e, anche se saranno necessari ulteriori e approfonditi studi per valutare l’efficacia di questa nuova forma di terapia, i dati sulla sicurezza sono incoraggianti. Gli studiosi stanno già lavorando all’ottimizzazione dell’antigene bersaglio e ritengono che sarà fondamentale definire con attenzione e scrupolo la categoria di pazienti che più possono beneficiare della terapia con le CAR-NK, ma l’idea di base è buona e potrebbe contribuire a ridurre in maniera sensibile i costi di questo rivoluzionario approccio terapeutico.

La conferma di tutto ciò proviene anche da un paio di altre importanti notizie. La prima è riportata in uno studio apparso sulla rivista Cell Stem Cell nel quale le CAR-NK sono state messe a confronto con le CAR-T in un modello di tumore all’ovaio, mostrando simili effetti sul piano dell’efficacia ma con un minor impatto tossico, a testimonianza della ridotta tossicità delle NK. La seconda è quella dell’accordo stretto tra Glycostem, un’azienda biofarmaceutica olandese, e MolMed S.p.A., una biotech da anni orientata sulla ricerca nel campo della terapia genica, per la produzione di cellule NK geneticamente modificate per riconoscere tre diversi antigeni tumorali.

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