I ricercatori dell’Università della California stanno studiando il ruolo di queste cellule nel limitare i danni al midollo spinale tipici di patologie autoimmuni come la sclerosi multipla
“La follia è come la gravità, basta una piccola spinta”. Queste parole di un’icona del cinema degli ultimi anni sono efficaci nel riassumere ciò che accade al nostro sistema immunitario quando perde la capacità di distinguere gli organi che deve proteggere dai nemici da respingere. Di fronte alla perdita della tolleranza immunologica si scatenano molte e varie patologie autoimmuni dalla tiroidite di Hashimoto, al lupus eritematoso sistemico fino alla sclerosi multipla: in ognuna di esse la formazione di autoanticorpi (o di linfociti T autoreattivi) è alla base del danno ai tessuti. Per questo è necessario fare chiarezza sul ruolo delle cellule T regolatorie (Treg), dotate della capacità di regolare l’attacco immunitario.
Le Treg sono l’argomento di punta di un articolo dedicato alla sclerosi multipla: pubblicato sulle pagine della rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), il lavoro condotto dai ricercatori dell’Università della California ha sottolineato il valore delle Treg esprimenti il gene FOXP3 (Forkhead bOX P3) nel mantenimento della tolleranza immunologica. Infatti, questo gene codifica per un fattore di trascrizione indispensabile per il buon funzionamento delle Treg stesse, la sua mancanza nei modelli animali determina lo sviluppo di patologie autoimmuni. In precedenza, utilizzando strumenti di modifica del genoma quali CRISPR, altri scienziati avevano provato ad aumentare la quantità di Treg facendo leva proprio su FOXP3, considerato un pò la “batteria” in grado di far funzionare meglio questa speciale sottopopolazione di cellule immunitarie. Tuttavia, per quanto il ruolo di geni come FOXP3 sia stato compreso, il meccanismo cellulare con cui le Treg agiscono non è stato ancora ben descritto. Fotografare nel dettaglio il modello di interazione delle Treg con i linfociti T effettori e le cellule presentanti l’antigene (APC, Antigen-Presenting Cells) potrebbe svelare alcuni passaggi chiave del meccanismo di immunomodulazione e, di conseguenza, dare lo spunto per elaborare nuove strategie terapeutiche contro le malattie autoimmuni.
I ricercatori dell’Università della California si sono concentrati tanto sulle Treg quanto sul ruolo esercitato dai linfociti T helper di tipo 17 (Th17) - un’altra sottopopolazione di cellule immunitarie che, diversamente dalle Treg, favorisce la progressione delle malattie autoimmuni. Ricorrendo a sofisticate tecniche di osservazione microscopica essi hanno indagato le interazioni tra le Treg, le APC e i Th17 all’interno di un modello murino di encefalite autoimmune (il cosiddetto MOG-EAE), usato per studiare le patologie infiammatori autoimmuni del sistema nervoso centrale. MOG-EAE costituisce, infatti, un modello ideale per alzare il velo sul meccanismo di demielinizzazione e infiammazione associato alla sclerosi multipla. In particolare, i ricercatori hanno ideato e costruito un modello per studiare le interazioni tra le varie popolazioni cellulari all’inizio della malattia, nel momento coincidente col picco e nelle fasi croniche della sclerosi multipla - dal momento che essa si presenta con periodi di esplosione dei sintomi - seguiti da altri in cui la malattia è in remissione.
Uno dei primi risultati del loro lavoro è stato identificare due schemi diversi di movimento e interazione tra le Treg - che in questo scontro potremmo considerare i “buoni” - e i Th17 - i “cattivi”: le Treg sono estremamente attive ma hanno un sistema di motilità ristretto nello spazio. “Abbiamo osservato come le Treg possiedano una ‘motilità di scansione ripetitiva’ unica, grazie a cui riducono l’attività di segnalazione legata allo ione calcio nelle cellule Th17 patogene e contribuiscono a risolvere la neuroinfiammazione, limitando la riattivazione delle cellule Th17 nel midollo spinale”, spiega Shivashankar Othy, primo autore dello studio insieme a Amit Jairaman, entrambi ricercatori dell’Università della California. Infatti, la migrazione nel midollo spinale di un gran numero di Th17 correla con l’insorgenza e la progressione della malattia, mentre le Treg assumono uno schema di movimento diverso e del tutto peculiare, spesso associato alle APC. In particolare, la soppressione della segnalazione del calcio si è rivelata fondamentale per ridurre l’attività dei Th17. Secondo quanto osservato dai ricercatori statunitensi, la concentrazione di calcio necessaria per interrompere l’attività infiammatoria di questa pericolosa classe di linfociti T autoreattivi è maggiore rispetto a quella necessaria per fermare i linfociti T naïf. Ma ecco che la presenza delle Treg nel midollo spinale può ridurre la via di segnalazione legata allo ione calcio e, così facendo, limitare il danno neuroinfiammatorio prodotto dai Th17.
Le modalità di interazione tra i Th17 e le Treg e le loro intrinseche caratteristiche di motilità, nonché il ruolo svolto nei processi di segnalazione cellulare, rappresentano informazioni preziose per approfondire la fisiologia di una malattia complessa come la sclerosi multipla e costituiscono la solida base per lo sviluppo di strategie di immunoterapia valide contro questa malattia.