Cancro ovarico - fiocco

La strategia che mira al TAG72, bersaglio presente su più tumori solidi, è stata testata con successo nei test preclinici e ora si avvia agli studi clinici 

È la frontiera a cui tutti – clinici e ricercatori – ambiscono: sviluppare una terapia a base di cellule CAR-T che sia in grado di colpire ed eliminare i tumori solidi. Ad oggi, infatti, sono state approvate solo CAR-T per i tumori del sangue e da anni si sta cercando di andare oltre, non senza difficoltà. Ogni tanto però qualche passo avanti viene fatto. Uno degli ultimi è stato compiuto dai ricercatori del City of Hope Medical Center in California (Stati Uniti) che hanno testato con successo – in uno studio preclinico – l’efficacia di una terapia con cellule CAR-T contro il cancro ovarico. La ricerca è stata pubblicata lo scorso agosto su Nature Communications.

GLI OSTACOLI

Lo sviluppo di una terapia CAR-T per i tumori solidi ha alcuni ostacoli di fronte a sé. Prima di tutto il “viaggio” che queste cellule devono compiere per arrivare alla sede del tumore, localizzata in una zona precisa del corpo. Poi, una volta giunte a destinazione, devono penetrare nel microambiente tumorale (ne abbiamo parlato qui), cioè tutto l’insieme di cellule e apparati extracellulari, come i vasi sanguigni, che si sviluppano attorno al tumore anche in maniera molto fitta, impedendo il passaggio delle cellule CAR-T. Infine, anche riuscendo a passare tale barriera, devono sopravvivere in un ambiente ostile pieno di cellule tumorali - e non solo - che impediscono loro di attaccarsi al tumore e di persistere a lungo. Saul Priceman, direttore delle Scienze e Tecnologie Traslazionali nei Laboratori di Ricerca sulle Terapie con Cellule T presso il City of Hope, e il suo team hanno compiuto progressi significativi nel superare queste sfide.

LA TERAPIA CAR-T DIRETTA AL TAG72

Nel dettaglio, i ricercatori hanno sviluppato un tipo di terapia con cellule T che vengono ingegnerizzate per esprimere un recettore chimerico in grado di riconoscere e legare la glicoproteina 72 associata al tumore (TAG72), un bersaglio presente sulla superficie delle cellule del cancro ovarico. La ricerca ha dimostrato che il trattamento sperimentale eradica le cellule tumorali nei modelli di topo. “Quello che è entusiasmante è che il TAG72 si trova anche su altre cellule tumorali – ha sottolineato Priceman – tra cui tumori pancreatici, colorettali, mammari e cerebrali. Quindi se lo studio clinico sull'ovaio avrà successo, potremo valutare l'espansione di questa terapia anche ad altri pazienti”. 

LO STUDIO DI FASE I

Non solo, una versione leggermente diversa della terapia CAR-T testata nello studio preclinico si trova al momento in uno studio clinico di Fase I che mira a verificare la sicurezza e l’attività della nuova strategia. Il trial, condotto sempre presso il City of Hope da Lorna Rodriguez-Rodriguez della Divisione di Oncologia Ginecologica, Dipartimento di Chirurgia della struttura, è progettato per coinvolgere 33 donne adulte con cancro ovarico epiteliale avanzato che hanno già ricevuto chemioterapia a base di platino ed è al momento in fase di reclutamento.

IL RUOLO DELL'INTERLEUCHINA-12 

Nella versione di cellule CAR-T testate sui modelli animali, Priceman e il suo team hanno anche scoperto che aggiungendo alla membrane delle cellule T l'interleuchina-12 (IL-12), una proteina che invia segnali al sistema immunitario, il trattamento diventa più efficace contro le cellule tumorali. La IL-12 ha infatti permesso alle cellule T potenziate non solo di eliminare le cellule tumorali ma anche di lasciare il sito dove si trovava il tumore per poi entrare nel flusso sanguigno e attaccare altre cellule tumorali nel corpo.

SOMMINISTRAZIONE IN LOCO

Una delle strategie che si sta provando a utilizzare per superare le potenziali tossicità off-target delle CAR-T (ovvero la loro azione in altre sedi dove non si trova il tumore), e migliorarne anche l'attività, è la somministrazione locale o regionale rispetto a quella endovenosa/sistemica utilizzata finora per questo tipo di terapia. La ricerca preclinica del City of Hope ha anche confermato la bontà di questa prassi, dimostrando che nonostante la somministrazione in loco le cellule CAR-T erano in grado di colpire anche le cellule tumorali situate altrove. “Questa terapia è stata per anni in fase di sviluppo al City of Hope – ha concluso Priceman – quindi siamo entusiasti di vederla finalmente applicata ai pazienti affetti da cancro avanzato che hanno bisogno di più trattamenti”.

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