Lo studio di un gruppo di ricerca italiano dell’Istituto Europeo di Oncologia potrebbe aumentare la resistenza e l’efficacia delle CAR-T, specialmente contro le neoplasie solide
Non tutti i grassi vengono per nuocere. Lo insegnano chiaramente i ricercatori del Dipartimento di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano con una recente pubblicazione apparsa sulla rivista Cell Metabolism nella quale descrivono le proprietà dell’acido linoleico in relazione al miglioramento delle terapie a base di cellule CAR-T. Ma in che modo un acido grasso essenziale - indicato anche per il controllo dei livelli di colesterolo nel sangue - può arrecare un vantaggio ai linfociti T modificati con l’antigene CAR per aggredire le cellule tumorali? La risposta ha a che vedere con il microambiente tumorale, ancora oggi il principale ostacolo all’azione delle CAR-T nei tumori solidi.
Come si è già avuto modo di vedere, le neoplasie solide riescono a erigere intorno a loro una autentica fortificazione naturale che le scherma dall’attacco dei linfociti T e delle altre componenti del sistema immunitario: in alcuni casi disturbando i segnali con cui le cellule comunicano tra di loro, in altri barricandosi dietro a catene di zuccheri che le nascondono alle CAR-T. Il microambiente tumorale si presenta, pertanto, come una giungla dove non è facile trovare disponibilità di nutrienti e dove l’esaurimento delle risorse può limitare la sopravvivenza. In tale intricato groviglio le CAR-T faticano a orientarsi, diminuendo nel tempo la loro efficacia. Tuttavia, diversi studi hanno contribuito a evidenziare il ruolo di certi lipidi capaci di influenzare la proliferazione, l’attivazione e la differenziazione delle cellule T: in buona sostanza, alcuni lipidi potrebbero dare alle CAR-T la carica giusta per superare le ostilità del microambiente tumorale e continuare a svolger la loro funzione.
Desiderosi di individuare proprio quei grassi che contribuiscono a mantenere la funzionalità dei linfociti T ingegnerizzati, i ricercatori - guidati dalla prof.ssa Teresa Manzo, a capo dell’Unità di Immunometabolism and Cancer Immunotherapy dell’IEO - hanno cominciato a studiare le alterazioni del metabolismo lipidico, notando come altri, invece, danneggino le cellule T CD8, diminuendo la loro capacità di attivarsi contro il tumore. “Se ci sono tipi di lipidi cattivi che riducono la funzione anti-tumore, ce ne possono essere altri buoni che la potenziano”, spiega la prof.ssa Manzo. “Nel corso dello studio abbiamo, in effetti, identificato un lipide buono, l’acido linoleico, e abbiamo dimostrato, prima in cellule in coltura e poi nel modello animale, la sua capacità di regolare le funzioni antitumore delle cellule T CD8. Questa scoperta potrebbe avere un riflesso immediato per le terapie CAR-T: le cellule T CD8 possono essere riprogrammate con acido linoleico durante l’ingegnerizzazione, prima di essere reinfuse nel paziente”. La spiegazione dei dettagli della scoperta è un po’ complicata ma, al termine di lunga serie di test di laboratorio, i ricercatori hanno confermato come l’acido linoleico promuova la funzionalità mitocondriale portando a un miglioramento del controllo del tumore.
Naturalmente gli esiti di questo studio dovranno essere sottoposti a validazione all’interno di studi clinici più ampi ma, qualora giungessero le tanto attese conferme, i ricercatori avrebbero trovato un metodo per “rinforzare” le cellule CAR-T conferendo loro la capacità di superare gli ostacoli e le trappole del microambiente tumorale. “Il nostro studio dimostra quindi che l’acido linoleico può essere usato come interruttore molecolare per potenziare l’azione anticancro dei linfociti T ingegnerizzati e mantenere tale azione persistente nel tempo, tramite il potenziamento della loro fitness metabolica”, prosegue Manzo. “Abbiamo così ottenuto una nuova strategia di cura cellulare, più efficace e applicabile a diverse forme di cancro. Una grande speranza per le forme di malattia oggi senza opzioni di cura”.
L’acido linoleico sembra, dunque, in grado di accrescere la fitness metabolica dei linfociti T, rendendoli in grado di rispondere meglio a maggiori richieste di energia e alle condizioni di stress. Infatti, nella progettazione delle cellule CAR-T è importante trovare il modo di preservare la plasticità metabolica essenziale per garantire l’adattamento delle cellule a scenari ostili come quello del microambiente tumorale. La strategia descritta non solo conferma il ruolo dei lipidi sulla fisiologia dei linfociti T ma identifica alcuni aspetti chiave per superare tali difficoltà e aumentare così l’efficienza delle CAR-T. “I vantaggi sono risultati da subito evidenti”, aggiunge Carina Nava, prima autrice dell’articolo. “È un metodo economicamente sostenibile e comporta l’uso di composti lipidici per nulla tossici, che possono essere semplicemente aggiunti ai protocolli di produzione delle CAR-T. L’uso dei lipidi aumenta peraltro la proliferazione delle cellule ingegnerizzate e quindi può semplificare i processi di manifattura ed espansione”.
I ricercatori hanno già depositato il brevetto per il metodo descritto - testato ex vivo con CAR-T per il trattamento del linfoma non-Hodgkin, del neuroblastoma, del glioma di alto grado, di alcuni sarcomi e per la leucemia e il linfoma diffuso a grandi cellule B - e stanno ora cercando nuove collaborazioni per tradurlo in clinica e applicarlo alla cura dei tumori solidi. Non sarà un percorso semplice e nemmeno rapido, ma potrebbe rappresentare un’importante svolta nella progettazione delle CAR-T che permetterà di sfondare le difese dell’oncologia solida.