Cell factory

Avviato il progetto Plagencell per creare banche di cellule CAR-T allogeniche ottenute dal sangue del cordone ombelicale e pronte da utilizzare al momento del bisogno

Nel corso del convegno “Terapie avanzate: progetti, alleanze e tecnologie al servizio della medicina moderna” - svoltosi in forma online lo scorso 9 novembre e promosso dalla Fondazione Tettamanti in collaborazione con Bioskills - è stato presentato il progetto multicentrico “Plagencell - A network for cell and gene therapies for devastating diseases”, basato sulla creazione all’interno della Regione Lombardia di una rete di “cell factories”. L’obiettivo è mettere in comune competenze e conoscenze ed agire in sinergia per sviluppare la capacità tecnologica di produrre medicinali per terapie avanzate cellulari e geniche (Advanced Therapeutic Medicinal Products, ATMP) rivolte alla cura di malattie molto gravi. Il progetto, con il finanziamento di 3 milioni di euro, si svilupperà nell’arco di tre anni.

Gli attori del progetto Plagencell sono cinque “cell factories” accademiche operanti in Lombardia e autorizzate dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) alla produzione di terapie geniche e cellulari avanzate: la Fondazione Tettamanti con il laboratorio di terapia cellulare e genica “Stefano Verri” - ASST Monza, il laboratorio di terapie cellulari “G. Lanzani” dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, la “cell factory” della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, la “cell factory” della Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e la “cell factory” dell’Istituto Neurologico Besta di Milano. Partner del progetto è anche l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Il progetto si svilupperà nell’arco di tre anni ed è stato finanziato da un bando istituito dalla Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica (FRRB) della Regione Lombardia per tre milioni di euro.

L’obiettivo del progetto nel suo complesso è di colmare i bisogni clinico-terapeutici non ancora soddisfatti per una serie di patologie e condizioni cliniche di estrema gravità, attraverso la messa a punto e la sperimentazione di terapie geniche e cellulari innovative con un approccio collaborativo e uno sforzo comune delle “cell factories” partecipanti, sempre rispettando gli standard della Good Manufacturing Practices (GMP). Le patologie e le condizioni considerate sono molteplici e data l’ampiezza e la complessità delle aree mediche coinvolte, il progetto è stato organizzato in cinque distinti gruppi di lavoro, di cui quattro dedicati ciascuno a una specifica area medica (oncoematologia, neurologia e malattie neurodegenerative, nefrologia e trapianto d’organo, oncologia) e uno allo sviluppo delle tecnologie attraverso la creazione di una rete di “cell factories” lombarde.

Il primo gruppo di lavoro del progetto Plagencell è dedicato allo sviluppo ed alla sperimentazione di terapie avanzate per le malattie oncoematologiche ed è coordinato dal prof. Andrea Biondi, direttore della Clinica pediatrica dell’Università di Milano Bicocca e direttore scientifico della Fondazione Tettamanti, e dal dott. Giuseppe Gaipa, ricercatore della Fondazione Tettamanti e responsabile del Laboratorio di terapia cellulare e genica “Stefano Verri” - ASST Monza. La prognosi delle neoplasie ematologiche (in particolare le leucemie acute) nel bambino e nell’adulto è significativamente migliorata negli ultimi decenni. In questo successo ha svolto un ruolo determinante il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche, anche grazie al miglioramento delle tecniche di manipolazione cellulare e all’ampliamento della platea dei possibili donatori (dal fratello strettamente abbinato all’aploidentico completo), con tossicità abbastanza ben gestibili. Tuttavia, le ricadute post-trapianto rappresentano ancora un grosso problema, perché in questo caso le possibilità di guarigione sono ancora limitate. Per affrontare questa sfida, il progetto Plagencell per le malattie oncoematologiche svilupperà una serie di approcci differenziati, ma accomunati dall’obiettivo di fondo di migliorare il trattamento della malattia recidivata e refrattaria con le armi dell’immunoterapia.

Uno di questi approcci, in particolare, prevede lo sviluppo di banche di cellule T riprogrammate geneticamente per il trattamento di malattie oncoematologiche: cellule CAR-T (in particolare cellule CARCIK) allogeniche, preparate a partire da cellule di un donatore parzialmente compatibile, ottenute dal sangue del cordone ombelicale e “off the shelf", ovvero pronte da utilizzare al momento del bisogno, in modo da consentire il trattamento immediato di una ricaduta di una neoplasia ematologica (principalmente una leucemia acuta) nel momento in cui si presenta.

Per ampliare la platea di pazienti che possono beneficiare di questo trattamento, i ricercatori intendono sfruttare come fonte delle cellule da trasformare in cellule CARCIK il sangue del cordone ombelicale, poiché è stato dimostrato che tali cellule T sono poco o per nulla immunogeniche e quindi si possono utilizzare anche con una compatibilità HLA minima e con un rischio minimo di malattia acuta da rigetto (Graft Versus Host Disease, GVHD). L’obiettivo finale è, dunque, quello di istituire una banca di cellule CARCIK da sangue del cordone ombelicale per consentire un trattamento rapido dei pazienti che recidivano. Alcune analisi preliminari e simulazioni hanno evidenziato che 30 unità di sangue del cordone ombelicale potrebbero essere sufficienti per trattare il 70% dei pazienti eleggibili al trattamento.

Il primo step del progetto, diretto dal dott. Martino Introna dell’Ospedale “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo prevede lo sviluppo di una tecnologia per automatizzare il più possibile il processo, in modo da renderlo sempre meno operatore-dipendente, e renderlo sempre più a circuito chiuso al fine di ottimizzare i tempi e la sicurezza dell’iter. Il secondo step prevede la valutazione dell’attività terapeutica, della distribuzione nell’organismo e della sicurezza delle cellule CARCIK derivate da sangue del cordone ombelicale in modelli preclinici in vivo, per verificare se tali cellule si comportano come quelle derivate dal sangue periferico dal punto di vista della migrazione e dell’efficacia antitumorale. Si procederà quindi con la preparazione, a Monza e a Bergamo, di una banca di cellule CARCIK derivate da sangue del cordone ombelicale HLA-compatibili rispettando gli standard GMP. Infine, si preparerà un dossier che descrive le procedure di produzione e controllo di qualità del farmaco cellulare, nonché il protocollo dello studio di Fase I/II nel quale dovrebbero essere testate queste cellule. Il dossier sarà quindi inviato ad AIFA, che su questa base potrà autorizzare la partenza dello studio.

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