CAR-T

La nuova strategia prevede una somministrazione locale di CAR-T dopo un intervento chirurgico di rimozione del tumore. Si tratta di uno studio preclinico, i cui risultati sono molto incoraggianti  

Quanti siano stati sottoposti a chirurgia per rimuovere una massa tumorale avranno potuto leggere la dicitura “margini chirurgici” tra le conclusioni del referto operatorio. Si tratta di un parametro essenziale per l’oncologo che, sulla base di esso, stabilisce il proseguo del cammino terapeutico. Infatti, se i margini chirurgici sono positivi significa che è stata rilevata la presenza di cellule tumorali a contatto con la superficie del pezzo operatorio: ciò comporta un rischio di recidiva tumorale, rendendo necessaria la valutazione di una terapia secondaria (ad esempio, radioterapia o chemioterapia adiuvante). Uno studio statunitense, apparso a gennaio sulle pagine della rivista Science Advances, suggerisce la possibilità che un innovativo gel a base di cellule CAR-T possa ridurre in maniera significativa il rischio di recidiva. I risultati dello studio preclinico stanno aprendo le porte ad un trial clinico.

Un gruppo di ricercatori della Perelman School of Medicine, presso l’Università di Philadelphia (Stati Uniti), ha valutato la possibilità di ricorrere alle cellule CAR-T come terapia adiuvante per combattere il rischio di recidive in vari modelli animali di tumore, fra cui l’adenocarcinoma duttale pancreatico e il cancro al seno triplo-negativo, due tumori solidi spesso resistenti ai trattamenti. La particolarità dell’approccio è data dal fatto che le cellule CAR-T non sono state somministrate tramite infusione endovenosa, bensì sono state “applicate” con un gel posto direttamente sulla lesione causata dalla rimozione chirurgica del tumore. Pertanto, lo studio - che è stato svolto su modelli animali e non ancora su pazienti, è bene sottolinearlo - dirige l’attenzione su una somministrazione locale e non sistemica della terapia a base di cellule CAR-T, cosa che permette di ridurre il rischio degli eventi collaterali (sindrome da rilascio delle citochine e neurotossicità) ascritti a questa nuova forma di terapia avanzata.

Per prima cosa i biotecnologi della Penn’s hanno lavorato alla sintesi del “mezzo di trasporto”, cioè del gel destinato ad accogliere le CAR-T, e si sono accertati che il gel di per sé non avesse ripercussioni sulla crescita del tumore. Una volta appurato che, senza le cellule ingegnerizzate, il gel non ha efficacia, essi hanno aggiunto le CAR-T, costruite per prendere a bersaglio la mesotelina, una proteina espressa sulla superficie di differenti tumori solidi tra cui il mesotelioma e il tumore del pancreas.

Nei modelli murini di cancro al seno triplo negativo essi hanno confrontato la sola chirurgia con la somministrazione (dopo chirurgia incompleta, cioè lasciando in sede una parte del tumore) di CAR-T dirette contro l’antigene CD19 in gel e di CAR-T contro la mesotelina (CARM5) sia in gel che per via sistemica. Nei topi trattati solo con la chirurgia, con chirurgia seguita da CAR-T anti-CD19 o da CARM5 per via sistemica il tumore ha continuato a crescere, mentre quando queste ultime sono state somministrate localmente, tramite gel, il tumore è scomparso con un significativo allungamento della sopravvivenza globale degli animali. Segnale evidente che le CARM5 in gel funzionano. Lo stesso risultato è stato osservato nei modelli murini di adenocarcinoma duttale pancreatico nei quali, in 9 topi su 10 trattati con le CARM5 applicate localmente col gel, il tumore è scomparso.

A questo punto i ricercatori si sono concentrati sulla sicurezza del protocollo, indagando sulla possibilità che le CAR-T in gel potessero essere causa di eventi avversi, interferendo con la normale guarigione o il processo di rimarginazione delle ferite. Perciò, hanno messo a punto diversi modelli di studio dai quali è emerso che le CAR-T in gel non sono associate a eventi di tossicità e non provocano infiltrazione linfocitarie a livello polmonare, dimostrando un buon livello di sicurezza.

Come conferma un ulteriore articolo pubblicato lo scorso ottobre su Translational Oncology, la scelta di ricorrere a un micro-gel per veicolare la cellule CAR-T all’interno dei tumori solidi - adottata anche da un gruppo di ricerca australiano - aveva dato buoni risultati in un modello in vitro di cancro dell’ovaio. Tuttavia, un aspetto di grande interesse legato allo studio statunitense consiste nell’usare le CAR-T in combinazione con l’intervento chirurgico per quei tumori, fra cui il cancro al seno, dove il rischio di avere margini chirurgici positivi rimane elevato. Proprio su questo tipo di patologia è attualmente iniziato uno studio clinico di Fase I destinato a valutare la sicurezza delle CAR-T in gel su 12 pazienti affette da cancro al seno triplo negativo.

Un punto di forza del protocollo sviluppato dai ricercatori dell’Università di Philadelphia è la possibilità di realizzare CAR-T dirette anche contro altri antigeni tumorali e, soprattutto, di combinarle con altre strategie anti-tumorali fra cui protocolli immunoterapici o quelli che fanno uso di virus oncolitici. La traslazione in clinica di questa nuova opportunità terapeutica non sarà immediata, dovendo richiedere un’attenta indagine dei processi di produzione delle CAR-T: nello studio condotto alla Perelman School of Medicine sono state usate CAR-T autologhe ma l’obbiettivo ideale è di sfruttare le cellule prodotte da donatore le quali, purtroppo, hanno una minor persistenza nell’organismo, risultando meno efficienti nel contrastare il tumore. 

C’è ancora molta strada da fare ma, se si considera che quasi un paziente su quattro con cancro al pancreas va incontro a recidiva e che molti sono i casi di tumore al seno in cui la chirurgia da sola non è sufficiente, si può comprendere l’esigenza di collocare presto le CAR-T all’interno di percorsi terapeutici dei tumori con basse probabilità di sopravvivenza, per i quali sono necessarie cure mirate ed efficaci.

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