In uno studio preclinico su modelli murini condotto dai ricercatori della Johns Hopkins e dell’Università della California è stata testata una terapia basata su CRISPR-Cas13d
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), la malattia di Alzheimer e la malattia di Huntington occupano i primi posti nel capitolo della medicina dedicato alle patologie neurologiche per le quali non sono ancora disponibili trattamenti specifici. L’Huntington è una patologia estremamente rara ma conosciuta per i peculiari sintomi, in special modo quell’insieme di movimenti convulsi e scoordinati che prende il nome di corea. Dal momento della scoperta del gene responsabile della malattia (1993) svariati sono stati i tentativi di individuare una terapia che, purtroppo, ancora non è arrivata. Ma, grazie alle tecniche di editing del genoma il futuro potrebbe riservare nuove sorprese: uno studio, pubblicato recentemente su Nature Neuroscience, evidenzia come il sistema Crispr-Cas13d sarebbe in grado di silenziare i trascritti di mRNA mutanti che sono all’origine della malattia.
Lo studio in cui si dimostra la potenzialità di questa strategia terapeutica è stato condotto da un team di ricerca statunitense, coordinato da Wenzhen Duan - professore di Psichiatria e Scienze Comportamentali presso la Johns Hopkins University School of Medicine - da Gene Yeo - professore di Medicina Cellulare e Molecolare presso l’Università della California - ed è stato svolto su modelli animali della malattia. Occorre, dunque, precisare che si tratta di una ricerca non ancora giunta alle fasi di sperimentazione clinica ma dalla quale sono emersi risultati incoraggianti per poter proseguire su questo filone per la malattia di Huntington e non solo.
UNA MALATTIA, TANTI TENTATIVI DI TRATTAMENTO…
La firma genetica della malattia di Huntington è un’espansione della tripletta CAG a livello del gene che codifica per l’huntingtina, una proteina coinvolta nel traffico delle vescicole verso l’interno delle cellule, nella regolazione di alcuni processi di trascrizione e nella connettività neuronale garantita dalle sinapsi. La mutazione che causa l’espansione della tripletta CAG determina la produzione di una forma tossica della proteina con effetti devastanti sui pazienti: oltre alla corea, coloro che sono affetti dalla malattia sviluppano disturbi psichici e comportamentali e vanno incontro a una forma irreversibile di demenza a seguito dalla perdita dei neuroni in alcune aree del cervello (in particolare caudato e putamen).
Si tratta, dunque, di una patologia neurodegenerativa ad altissimo impatto sulla qualità di vita dei malati e dei loro familiari. Negli scorsi anni sono state portate avanti più linee di ricerca per identificare strategie con cui eliminare i trascritti di mRNA che portano alla sintesi della proteina tossica o per ridurre i livelli della stessa huntingtina. Le terapie su RNA basate sulla tecnica dell’interferenza a RNA (RNAi) o sull’utilizzo di oligonucleotidi antisenso (ASO) sembravano estremamente promettenti ma non sempre si sono rivelate in grado di distinguere tra le forme mutate di huntingitna e quelle sane. Perciò gli studiosi statunitensi hanno deciso di sfruttare un’altra innovativa tecnica per eliminare i trascritti di huntingtina mutati.
UNA VERSIONE “SPECIALE” DI CRISPR
CRISPR è ormai divenuto il simbolo della possibilità di intervenire sul DNA, correggendo gli “errori” e cancellando così le mutazioni che causano gravi patologie. Ciononostante, il suo utilizzo contro condizioni neurodegenerative quali la Huntington o l’atassia di Friedreich non è semplice dal momento che non sempre è possibile ottenere una buona riparazione delle cellule neuronali.
Duan e Yeo hanno così pensato di testare un approccio basato sul sistema Crispr-Cas13d in grado di eliminare solamente i trascritti di RNA che generano l’huntingtina mutata risparmiando quelli codificanti per la forma sana, proteina fondamentale per il corretto sviluppo del cervello. Cas13d-CAGEX - questo il nome del costrutto mirato contro l’espansione delle triplette CAG - è stato caricato all’interno di vettori virali (lentivirus o virus adeno-associati) e testato su cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) ottenute da fibroblasti di pazienti malati. Una volta fatto ciò, i ricercatori hanno verificato l’efficacia del sistema che si è mostrato in grado di produrre una significativa riduzione dei trascritti di mRNA associati all’huntingtina tossica: i test eseguiti hanno mostrato una riduzione compresa tra il 56,2 e l’84,1% a seconda del diverso numero di triplette CAG. Questo risultato ha un enorme valore perché apre la strada all’utilizzo di questa tecnica non solo nelle forme di malattia che si sviluppano in età adulta (l’esordio di solito avviene tra i 30 e i 50 anni) ma anche in quelle giovanili (nelle quali le ripetizioni della tripletta sono più estese).
AL VIA I TEST SU MODELLI IN VIVO
Parallelamente, i ricercatori hanno voluto studiare l’efficacia di questo sistema in un modello murino della malattia. La scelta è ricaduta su un vettore virale adeno-associato, equipaggiato con la proteina Cas13d e con l’RNA guida (sgRNA), e somministrato tramite iniezione intra-striatale: Cas13d-CAGEX è stato in grado di ridurre la quantità di proteina mutata e il livello di atrofia nello striato, migliorando sensibilmente la funzione motoria. Secondo quanto dichiarato dagli stessi studiosi una singola iniezione della terapia nei topi sembra produrre benefici di lunga durata, quantificabili in almeno otto mesi (durata notevole calcolando che un topo vive una media di due anni).
La proteina Cas13d è in grado di effettuare un taglio dell’RNA ad altissima efficienza e con un’estrema specificità: non sono stati osservati eventi collaterali gravi, a conferma del buon profilo di sicurezza dell’approccio scelto). Le implicazioni sono notevoli visto che una tale efficiente strategia di eliminazione della huntingtina mutata lascia, invece, intatta quella sana. Ciononostante non si può cantare vittoria troppo presto dal momento che saranno necessari ulteriori test di sicurezza (da svolgere anche su altri modelli animali) e la messa a punto di una via alternativa di somministrazione della terapia poiché quella attuale richiede un intervento di neurochirurgia piuttosto invasivo.
Al di là dei buoni risultati ottenuti - che dovranno necessariamente essere confermati in studi più ampi - la buona notizia insita in questa ricerca è la possibilità di estendere la tecnologia derivata dall’editing genomico anche ad altre patologie, eliminando in maniera mirata una proteina tossica o riducendo i livelli di RNA ad essa associati. Cosa che potrebbe fare la differenza per un altissimo numero di malattie che sono ancora senza cura.