L’obiettivo è correggere la mutazione nel gene che causa la fibrosi cistica e altre patologie polmonari, veicolando nelle cellule l’RNA messaggero che codifica per il sistema CRISPR
Oggi abbiamo la fortuna di poter modificare singole lettere nell’alfabeto del genoma per correggere gli errori alla base delle malattie genetiche. Dobbiamo però ancora imparare a veicolare questi “bisturi molecolari” negli organi bersaglio con un metodo sicuro e ripetibile nel tempo. I vettori virali sono i più usati per il trasporto dei geni, ma hanno ancora diversi limiti di sicurezza ed efficacia che spingono il mondo della ricerca a proporre nuove alternative. Gli ingegneri del Massachusetts Institute of Technology (MIT) hanno messo a punto delle nanoparticelle lipidiche per veicolare il sistema di editing Crispr-Cas9 sotto forma di RNA messaggero nei polmoni, per cui non esistono ancora strategie di trasporto efficaci. I risultati sono stati pubblicati a fine marzo su Nature Biotechnology.
I LIMITI DEI VETTORI VIRALI
Lo strumento più recente e famoso di editing genomico si chiama Crispr-Cas9 ed è composto da un enzima (Cas9), che modifica il DNA, e da un filamento di RNA, che come una bussola lo guida fino al punto desiderato. Spesso nell’organismo viene veicolato il gene di Cas9, incapsulato all’interno di vettori virali resi innocui, come i virus adeno-associati (AAV). Ma il trasporto efficiente e sicuro del sistema CRISPR è ancora uno degli ostacoli maggiori al suo utilizzo.
L’uso degli AAV, infatti, ha una serie di limitazioni perché, pur essendo incapaci di replicare autonomamente, possono indurre una risposta immunitaria. Già alla seconda somministrazione, il sistema immunitario impara a “combattere” il vettore con i suoi proiettili intelligenti - gli anticorpi - distruggendo anche il gene di interesse. Oltre a limitare l’efficacia della terapia, che non può essere ripetuta nel tempo, la reazione infiammatoria può causare effetti collaterali gravi. Diversi gruppi di ricerca stanno studiando metodi per ridurre la tossicità e aumentare l’efficacia degli AAV in uso nella terapia genica.
L’ALTERNATIVA: NANOPARTICELLE E RNA
Sono sempre più numerosi i ricercatori che stanno invece puntando su nuove strategie, per sostituire, laddove possibile, i vettori virali con metodi più sicuri e forse anche più efficaci. Una di queste, ad esempio, impiega l’RNA messaggero (mRNA), la molecola addetta a veicolare le istruzioni per la sintesi delle proteine fuori dal nucleo e protagonista della strategia vaccinale contro COVID-19. Gli mRNA sintetici possono essere usati come agenti terapeutici per trasmettere informazioni specifiche dentro la cellula: possono istruire le cellule a produrre la proteina spike di SARS-CoV-2 o a sostituire un enzima difettoso, in maniera transitoria e senza modificare la sequenza del genoma.
L’mRNA, soprattutto, non ha bisogno di vettori virali: i vaccini contro il COVID-19 di Pfizer e Moderna, ad esempio, sono formulati con nanoparticelle lipidiche, goccioline di grasso che veicolano le molecole di RNA attraverso la membrana cellulare e le proteggono dalla degradazione. Di nanoparticelle per il trasporto di CRISPR (basato però sul DNA) se ne è già parlato ad esempio per far penetrare il sistema di editing genomico all’interno dei tumori solidi.
Questa piattaforma ad oggi è l’alternativa clinicamente più avanzata ai vettori virali, ma i risultati riguardano principalmente il fegato (dove le particelle tendono ad accumularsi) e il muscolo.
LA STRADA PER I POLMONI
I ricercatori del MIT hanno invece concentrato i loro esperimenti sui polmoni, che possono essere sede di varie patologie genetiche, come la fibrosi cistica. In Italia, i pazienti affetti da questa patologia sono più di 5000: un neonato ogni 2500 nasce con la mutazione nel gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator) che causa la malattia poiché porta alla produzione di un muco eccessivamente denso che chiude i bronchi e ostruisce il pancreas.
Il gruppo coordinato da Daniel Anderson, professore al dipartimento di ingegneria chimica del MIT, nel 2019 aveva realizzato un tipo di nanoparticelle formate da polimeri, e non da grassi, per il trasporto nei polmoni: potevano infatti essere vaporizzate e assunte direttamente per inalazione. Gli studi su questa formulazione sono ancora in corso, ma gli stessi ricercatori hanno intanto progettato un nuovo tipo di particella, sempre per i polmoni, stavolta basata su molecole di grasso.
Queste particelle contengono una “testa” carica positivamente per legare l’mRNA, che ha carica opposta, e una lunga “coda” lipidica per passare attraverso la membrana cellulare. I ricercatori hanno testato diverse combinazioni di 10 code lipidiche con 72 teste cariche, e alla fine hanno selezionato quella che aveva la maggiore capacità di raggiungere i polmoni.
GLI STUDI SUI TOPI
Questa nuova piattaforma ha permesso di trasferire un mRNA codificante per Cas9 nei topi da laboratorio. La “forbice molecolare” era progettata per tagliare via un segnale di stop inserito nel genoma dei topi a monte di un gene per una proteina fluorescente. In altre parole, l’azione di Cas9 ha rimosso il blocco ed è stato prodotto un segnale fluorescente, che i ricercatori hanno potuto misurare al microscopio.
Gli esperimenti hanno infatti dimostrato che con una singola dose di mRNA, il 40% delle cellule epiteliali polmonari risultano fluorescenti. La percentuale sale a più del 50% con due dosi e addirittura al 60% dopo la terza dose. Le cellule che incorporano Cas9 sono per il 15% cellule bronchiolari secretorie e cellule ciliate – entrambe hanno un ruolo in diverse malattie genetiche polmonari, tra cui proprio la fibrosi cistica.
SICUREZZA ED EFFICACIA
Le nanoparticelle hanno vita breve e si degradano spontaneamente dopo pochi giorni, al contrario dei vettori virali che persistono più a lungo. Uno dei problemi legati al loro utilizzo, infatti, è che l’esposizione prolungata dei tessuti a Crispr-Cas9 può portare ad alterazioni genetiche off-target (su cellule diverse da quelle bersaglio) o all’instaurarsi di un’infiammazione persistente. Le nanoparticelle avrebbero quindi un profilo di sicurezza migliore e sarebbero anche più versatili rispetto ai vettori virali, la cui capacità di trasferire geni di grandi dimensioni è limitata dalla capienza del loro genoma. Le nanoparticelle, soprattutto, possono essere somministrate più volte in sicurezza, fino a raggiungere l’effetto terapeutico.
I ricercatori le hanno somministrate ai topi per via intratracheale, una tecnica invasiva già usata per altre medicine destinate a raggiungere i polmoni. Ma l’obiettivo resta quello di realizzare particelle respirabili per la somministrazione inalatoria: al momento la loro struttura non è così stabile da poter essere nebulizzate, ma i prossimi studi si concentreranno in questa direzione.